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UBRIACHI DI ONNIPOTENZA

Ovvero, quando lo scempio ambientale avviene per mano delle amministrazioni pubbliche e i cittadini reagiscono con alto senso civico riunendosi in comitati e muovendo onorabili battaglie

22 novembre 2003 | Luigi Caricato

Sì, ubriachi di onnipotenza. E’ la debolezza in cui abitualmente incorrono alcuni amministratori pubblici, quando, esaltati dal potere conferito loro dalle elezioni, ritengono di poter rappresentare gli interessi della collettività senza mai mettersi in discussione, senza mai verificare la effettiva corrispondenza a un sentire comune. E’ il caso di chi eccede confidando in maniera smisurata sulle proprie competenze, facendo espressamente perno sui propri poteri istituzionali e credendo perciò di aver sempre ragione, magari pensando di trovarsi ancora proiettati nel passato, quando tutto era possibile, con un cittadino sempre prono e pronto ad accettare quanto imposto dall’alto. Oggi però la situazione è mutata, forse. Probabilmente non in tutto il Paese, ma l’aria che tira è comunque diversa rispetto a un tempo. Non tutti i politici se ne rendono però conto, e così esagerano con atteggiamenti imperativi, talvolta anche risibilmente anacronistici. Certo, in alcuni ambienti l’atteggiamento dominante resta ancora quello dell’adulazione. Ciò ovviamente comporta un senso di esaltazione da parte di chi ama bearsi della posizione di potere che riveste. Ultima e recentissima scena a cui ho assistito, una conferenza stampa. Giunto in ritardo un assessore, come al solito accade, l’incontro con i giornalisti era già iniziato, ma all’arrivo del politico è stato davvero spettacolare l’alzarsi in piedi in segno di deferente omaggio al potente.

Qualcosa cambia. Proprio così, gli atteggiamenti dei cittadini sono ora diversi. Risultano più combattivi, meno accondiscendenti rispetto al passato. Ho preso visione, su più fronti, di una forma di opposizione ferma e decisa, ben articolata anche, contro le posizioni assunte da alcune amministrazioni locali. Di esempi ne avrei tanti da elencare, ma ne cito solo uno, di cui peraltro dispongo di una serie di informazioni dettagliate e anche incalzanti. Mi fermo dunque nel ristretto ambito della Provincia di Lecce, dove persistono una serie di episodi che hanno dell’incredibile e che puntano, come traguardo finale, alla devastazione del territorio per mano delle amministrazioni pubbliche.
Con “Teatro Naturale” già a suo tempo sono stati messi in luce alcuni aspetti relativi a una questione ambientale piuttosto controversa e dibattuta. Ora invece scopro che non si tratta più di un caso isolato. Mi sorprende moltissimo, in particolare, che le battaglie civili in quest’area posta all’estremità più a sud della Puglia siano tante, e cariche anche di motivazioni ideali.
Le rimostranze dei cittadini per essere più efficaci sono state avanzate attraverso l’istituzione e il ricorso a specifici Comitati. Sarebbe interessante che tutti si potessero unire per far fronte comune. A me, lo confesso, piace uno spirito così battagliero, soprattutto perché viene espresso in un’area che ha spesso subito oltraggi in silenzio, senza che vi sia mai stata la forza di reagire alla barbarie che ha dominato incontrastata nei decenni passati.

Le reazioni. Leggo un documento tratto dal sito dell’ente Provincia di Lecce con sorpresa e smarrimento. In riferimento alle scelte adottate dall’ente provinciale in materia di ambiente, il presidente Lorenzo Ria definisce “violenta ed offensiva” una recente presa di posizione di Mario Fiorella, responsabile salentino di Legambiente. Disapprovandone l’approccio fortemente critico, Ria esibisce a suo favore “i valori fondamentali su cui poggia l’eccezionale lavoro” che ha svolto nel corso dei suoi due mandati, ora in prossimità di scadenza. Ed ecco il credo ambientalista di Ria: “tutelare e valorizzare l’ambiente; riqualificare la qualità della vita nelle città e nei Centri urbani; realizzare infrastrutture e servizi capaci, insieme, di produrre sviluppo e interesse diffuso e qualificato per il Salento”. Intanto però da un comunicato stampa dello scorso agosto, a firma dell’ennesimo Comitato di cittadini, nella fattispecie da quello denominato “Serra del Fico”, si legge: “Abbiamo creato tutte le condizioni per salvare i 250 alberi di ulivo secolari e i 3 Km di muretto a secco”. Poi il testo prosegue con un elenco particolareggiato di precisazioni e appunti. Ma non si tratta dell’unico Comitato attivo nel Salento. Nel medesimo territorio si muovono infatti altre battaglie, segno evidente di come i cittadini siano veramente stufi di assistere ai continui oltraggi perpetrati ai danni dell’ambiente. Se ne renderanno conto, infine, gli amministratori locali?

Contraddizioni: il parco verde e la tratta degli ulivi. Il “Corriere del Mezzogiorno” del 6 agosto scorso titolava trionfante: “Salento, un unico parco verde. Accordo tra Provincia e Università per la valorizzazione del paesaggio tipico provinciale”. Ne prendiamo atto. Salvatore Capone, vicepresidente dell’ente citato, ebbe inoltre a dichiarare: “Il nostro territorio si estende su 1.800 metri quadri di cui ben 865 coperti da ulivi e vigneti. Ecco, il Salento ha bisogno di verifiche e monitoraggi continui”. Ed è vera, ma quanto è tristemente vera questa ammissione! Purtroppo il paesaggio che si vorrebbe tutelare viene tuttavia depredato non solo a fini speculativi dai privati, ma perfino dagli stessi enti pubblici, per realizzare inutili strade o “cattedrali nel deserto”. Così, accanto alla nota tratta degli ulivi, espiantati per essere rivenduti al Nord, vi è pure chi decide di sradicarli per offrirli al sacrificio del pubblico interesse. Un solo esempio: la città di Copertino, sempre in provincia di Lecce. C’è una immensa e inutile rotonda, all’ingresso della cittadina, quale spartitraffico tra le varie intersecazioni stradali. Immensa, perché all’incirca copre un ettaro di superficie; inutile, perché non viene percorsa da una quantità d’auto, e soprattutto di tir, tale da motivarne, alcuni anni fa, la realizzazione dell’opera. Ebbene, in quell’ettaro di superficie indebitamente sottratta all’agricoltura e alla tutela del paesaggio, vi erano alberi secolari di olivi della varietà Cellina di Nardò e Ogliarola di Lecce. Quello della perdita di olivi secolari non è dunque un fenomeno riconducibile soltanto alla vendita illegale delle piante, è anche un malcostume legato a un segno di profonda inciviltà che coinvolge pure le stesse Istituzioni.

Non solo il Salento. La disattenzione verso l’ambiente non riguarda solo il Salento, sia ben chiaro. Per questo motivo sarebbe interessante ricevere ulteriori e utili tracce per muovere altre forme di opposizione, avviando magari battaglie già perse in partenza, ma utili senz’altro ad accrescere una sensibilità verso l’ambiente che, va detto, al momento non è ancora percepita da tutti come un valore.
Per curiosare intorno a quanto è stato riportato, segnalo i seguenti riferimenti, circa il comitato “Serra del Fico”( link esterno ) e riguardo anche ai precedenti testi apparsi su “Teatro Naturale” (il servizio: link esterno; l’editoriale: link esterno; e infine la lettera: link esterno).


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