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IL SILENZIOSO E INOSSERVATO NAUFRAGIO DELLA CULTURA ITALIANA
Si sta perdendo irrimediabilmente terreno. E' come assistere a un arretramento continuo e inarrestabile. Leggiamo sempre meno i quotidiani. Riguardo ai libri neanche a parlarne. Sebbene i giovani manifestino alcuni segnali di ripresa, una visione ottimistica della realtà non è ancora possibile immaginarla
14 gennaio 2006 | Ada Fichera
La cultura. Argomento spinoso, oggetto di perenni dibattiti, e, siamo onesti, âprodottoâ spesso, e purtroppo, poco commerciabile.
à proprio così. Pensate ai libri, alle riviste, alle trasmissioni TV... Tutto ciò che è âculturaâ, nel pieno senso letterale del termine, difficilmente è âspendibileâ sul mercato.
à triste dirlo, ma è una peculiarità dellâItalia di oggi!
Il nostro Paese legge sempre meno i quotidiani (lo testimoniano i dati del Rapporto Annuale 2005 del Censis). Il fenomeno è evidente soprattutto nella fascia adulta della popolazione, dove lâabitudine di leggere il giornale ha statisticamente subito una flessione di circa il 3%.
Riguardo ai libri, sebbene i giovani manifestino âsegnali di ripresaâ, non si può certo dire che siamo un popolo di lettori!
à paradossale questo scenario.
LâItalia, culla di radiosi periodi letterari, patria di scrittori e di artisti, di cui però sâaccorge solo quando questi vengono a mancare.
LâItalia, luogo in cui, ovunque si posi lo sguardo, si vede storia e si riscontra antica cultura.
Oggi, il sapere abita però solo in alcuni limitrofi e ristretti âluoghiâ; pochi prediligono la cultura al pettegolezzo, pochissimi si dedicano ad informarsi e a documentarsi.
Forse la speranza è da riporre proprio nelle nuove generazioni, anche se è un percorso tortuoso ed ancora molto lungo.
Ormai non si sa più cosa inventarsi per attirare la massa in un museo o in una biblioteca.
à di pochi giorni fa, la notizia di una possibile diminuzione di stress, dopo una visita di una galleria dâarte o di un museo. Magari, pensando alla salute, lâaffluenza ai luoghi culturali vedrà un aumentoâ¦
Scherzi a parte, manca anche una vera e propria âmacchina promotriceâ della cultura intesa in senso lato.
Lo dimostrano gli ultimi aggiornamenti sui tagli inerenti al budget per la cultura nel nostro paese e lo ha scritto anche lâAnsa, evidenziando che: âLâattualità riporta alla polemica per i tagli stabiliti dalla finanziaria 2006, con decurtazioni dirette e indirette, attraverso le riduzioni economiche agli enti locali, che andranno a colpire spettacolo, musei, soprintendenze, archivi, biblioteche, fondazioni, enti di cultura. La povertà del settore però viene da lontano; anche se lâItalia è da secoli allâavanguardia sulle politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali, tanto che lâUnesco le ha affidato la funzione di âcasco bluâ della cultura per coordinare gli interventi internazionali a difesa del patrimonio artistico dellâumanità in tutti i casi provocati da guerre o calamità naturaliâ.
Dal Colosseo a Pompei, dalla cupola di San Pietro alla Torre di Pisa, dai templi della Val Di Noto alle sterminate quadrerie degli Uffizi, lâItalia, molto più di qualsiasi altro paese del mondo, è da sempre un âmuseo a cielo apertoâ (come è stata di recente definita), âpozzo senza fondoâ di reperti archeologici e di monumenti, forziere di capolavori di tutte le epoche. Per gestire i quali però si spende poco.
Domanda ovvia e scontata è allora: perchè il budget per la cultura nella patria di Michelangelo, la più presente nella lista Unesco dei âluoghi-patrimonio dellâUmanità â, è decisamente più basso rispetto a quello di altri paesi europei?
Probabilmente perché siamo in un paese dove si preferisce lo scandalistico al dotto, il volgare allâartistico, e, nella migliore delle ipotesi, il colto straniero al colto italiano.
Si deve forse trovare una formula differente per interessare, un filtro innovativo per far trapelare valori e tradizioni, pur coscienti che non può esistere un popolo in cui tutti divengano letterati. Infatti, il punto non è solo quello inerente al disinteresse generale per lâarte, per la letteratura, per il teatro, ma è la tendenza a svalutare e a minimizzare quanto è utile e colto.
Serve una politica che, salvando il paese da tale naufragio, scommetta anche su progetti innovativi finalizzati a promuovere lâamore per la conoscenza, il quale va coltivato e certo non nasce improvvisamente da un giorno allâaltro.
Osare un poâ di più dunque, ma negli ambiti giusti, con ambizione ed intelligenza. Era il lontano Settecento quando uno dei pilastri della filosofia, Immanuel Kant, avanzò il suo monito dellâosare per sapere. Tuttavia è ben da sottolineare il âper sapereâ, mentre in Italia sembra che ci si stia orientando verso un osare finalizzato al raggiungimento della riva opposta del fiume, di quella delle chiacchiere inutili e dellâesibizionismo.
Chissà se pian piano arriverà unâepoca più rosea, dove in un prolifico cambiamento si renderà giustizia ad un settore da troppo tempo trascurato e sottovalutato, ma che è invece tratto costituente ed interpretativo di una società e di un popolo.
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