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LA VIOLENZA DOMESTICA UCCIDE O INVALIDA LE DONNE PIU' DI MALATTIE E INCIDENTI

E' un fenomeno preoccupante che va affrontato con doverosa fermezza e sollecitudine. A mietere vittime non sono il cancro, gli incidenti stradali e la guerra. A sottrarre la vita alle donne, o comunque a causarne l’invalidità permanente, è soprattutto la violenza subita da un uomo: marito, fidanzato, partner o padre che sia

05 novembre 2005 | Ada Fichera

Credete che le prime cause di morte siano il cancro o le malattie cardio-vascolari? Sbagliato. O meglio non è così se parliamo delle donne.
Due interessanti servizi dello scorso 28 ottobre del "Corriere della Sera" e del settimanale "L’Espresso", ci rivelano che prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra, ad uccidere le donne nel mondo, o a causarne l’invalidità permanente, è la violenza subita da un uomo: marito, fidanzato, partner o padre che sia.
La violenza domestica è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni.

È quanto è emerso da un’indagine del Consiglio d’Europa, resa pubblica in occasione della presentazione dell’Osservatorio criminologico e multidisciplinare sulla violenza di genere, il quale lavora per dare assistenza alle vittime di violenza in Italia.
Una violenza dentro le mura di casa, che è spesso la più terribile perché, così come è la più drammatica, è anche la più silenziosa.

Una violenza che passa talvolta inosservata, proprio perché proviene da un familiare. I casi più frequenti sono quelli di donne picchiate dal marito: ad uno schiaffo spesso perdonato come una momentanea debolezza o un eccesso di nervosismo, ne seguono altri e poi altri ancora, fino ad arrivare ad episodi gravi con conseguenze devastanti e, a volte, letali.

Avere la guerra in casa e non avere le armi per combatterla. Donne indifese, impossibilitate a reagire perché ricattate o perché troppo magnanime. Vittime del loro silenzio, del loro amore, della loro voglia di perdonare o semplicemente dell’incapacità a incriminare ufficialmente un familiare.

Eppure, oggi, la violenza familiare può uccidere quasi come una guerra fra nazioni.
Qualche esempio? Il conflitto Urss-Afghanistan, nell’arco di dieci anni, ha mietuto 14 mila vittime; in Russia, in un anno, sono morte 13 mila donne, il 75% delle quali uccise dal marito.
Il fenomeno della violenza sulle donne non è circoscritto ad alcune realtà disagiate, come quelle dei Paesi in via di sviluppo, ma è presente anche in occidente, dove prevale una cultura dalle radici patriarcali.

Anche negli Stati Uniti e in Svezia i dati sulla violenza femminile sono molto alti, visto che lì ogni quattro minuti una donna viene violentata. Pensate, lì dove l’emancipazione femminile ha raggiunto i massimi livelli, ogni dieci giorni una donna viene uccisa!

La Sezione Italiana di Amnesty International, nel mese di maggio, ha dichiarato che, dal 2001 ad oggi, il numero delle donne uccise dai loro partner o ex partner, a seguito di violenza, è in continua crescita: nel 2004, 72 donne sono state assassinate e altre 7 hanno ottenuto ordinanze di protezione. Secondo un rapporto della stessa Amnesty International, presentato il 12 maggio scorso, chi ha subito violenza domestica spesso non denunzia il crimine di cui è stata vittima. Ma il motivo è anche un altro, oltre a quelli che abbiamo menzionato prima: spesso la vittima deve affrontare grandi ostacoli nella richiesta di aiuto, protezione e giustizia. I dati ufficiali rivelano che oltre il 95% delle donne che subiscono maltrattamenti non sporge denuncia e chi lo fa, viene accolta con indifferenza o è sottoposta a interrogatori così privi di tatto da essere scoraggiata ad andare avanti.

Nonostante la crescita delle violenze denunciate dalle donne, sia gli operatori che le forze dell’ordine hanno di recente rilevato una grande difficoltà da parte del sesso femminile a denunciare i propri carnefici.
La spiegazione di questo fenomeno, come hanno confermato vari criminologi, sta anche nel fatto che a volte queste donne non hanno la consapevolezza di essere vittima.

Paura, protezione, auto-difesa, timore di non essere credute, senso di vergogna o di colpa, molte volte, le spingono a permanere in una realtà che, quotidianamente, poco a poco, le distrugge sia fisicamente sia psicologicamente.
È chiaro che stiamo parlando di violenze domestiche, la situazione sarebbe ulteriormente peggiore se prendessimo in considerazione le donne di molte zone del mondo torturate in stato di detenzione, violentate da soldati come “trofei di guerra”, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, schiavizzate come lavoratrici domestiche o in matrimoni forzati.

“La violenza sulle donne è una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo” ha affermato Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International.
La violenza sulle donne ha molte sfaccettature e lascia segni profondi, indelebili.

Come cambia la vita di chi ha subito violenze?
Per le vittime emergono soprattutto mutamenti di atteggiamento in chiave relazionale molte, in occasione di un’inchiesta dell’Istat, hanno dichiarato di essere diventate più diffidenti e più fredde, mentre altre mostrano di avere difficoltà a instaurare relazioni, di essere più aggressive, di avere difficoltà ad avere rapporti sessuali, di essere cambiate.

Poi, vi sono i mutamenti comportamentali, come la percezione di paura nei confronti dello spazio pubblico: il non sentirsi più tranquille quando si esce, l’evitare strade isolate, alcune addirittura di non uscire più di sera.
Fra i cambiamenti rispetto alla propria vita: lasciare il partner, andare via di casa, cambiare lavoro.

Infine, sono rintracciabili le conseguenze intese come diminuzione di benessere psico-fisico: attacchi di ansia, problemi di depressione o legati al sonno, paura del buio e prolungato stato di shock.
Di fronte ad un tale quadro sociale, il primo passo è forse il bisogno di uscire dall’incubo del silenzio, “violare” il mondo dei violenti fatto di idee fisse, di illusioni, di arroganza, di vigliaccheria, distruggere il loro universo di gesti miserabili.

Non possiamo cambiare il mondo, possiamo però certamente provare in vari modi a reagire ai comportamenti violenti che, al di là del fatto che siano subiti da donne, sono senz’altro illeciti ed immorali in generale per gli esseri umani. E forse anche un approfondimento o un articolo, richiamando l’attenzione sul caso, nel loro piccolo possono farlo…

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