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IL MONDO RURALE? E' IMPREPARATO AD AFFRONTARE I MECCANISMI DELLA COMUNICAZIONE
In molti purtroppo ritengono inessenziale la cultura estranea alle proprie personali competenze. Grave errore. E' per questa ragione che gli agricoltori sono da sempre l'eterna ultima ruota del carro. E neppure se ne avvedono. L'ottusità è tale da disarmare i bene intenzionati
15 ottobre 2005 | Luigi Caricato
Siamo alle solite. Non se ne può più. In questo pazzo e disperato mondo accade di tutto e perfino lâesatto contrario. Câè chi, da una parte, fatica per creare un contesto di vita migliore e câè chi, dallâaltra, si oppone rifiutando fermamente i cambiamenti, preferendo rimanere chiuso nel ferreo immobilismo di sempre. Cambiare dâaltronde costa fatica, impegna dal profondo la persona, e la scuote pure, ne sconvolge la vita. Perché allora cambiare lo stato delle cose? E allora, quella parte che vuole invece mutare il corso della vita si vede a volte contrastata da chi non accetta di rimettersi in gioco. Non câè da stupirsi, di fronte a tale realtà . Eâ una situazione abituale e ricorrente, cui occorre non dico adagiarsi, accettandola in modo remissivo, ma quanto meno comprendere. Purtroppo ci sono uomini che faticano a voltare pagina nella vita. Tra questi, gli agricoltori sono in primis i più restii a farlo, per tradizione consolidata nei millenni. Talvolta, anche alcuni professionisti, quindi gente che ha studiato, preferisce defilarsi, non credendo nella possibilità di cambiare la realtà attraverso la cultura altra, non prettamente specialistica. E c'è chi lamenta perfino lo sconfinamento verso saperi che non appartengano direttamente e propriamente all'agricoltura, come se questa debba per forza di cose limitare il proprio sguardo ai propri ambiti e non guardare invece altrove, e far parte a pieno diritto della società con tutte le sue complesse voci e anime. Che strano dunque il mondo che ruota intorno all'agricoltura. Non sono strani soltanto gli agricoltori. Accipicchia.
I cambiamenti fanno paura. La cultura, il pensiero, rappresentano il male da evitare. Proprio così: guai a parlare di pensiero, nel mondo agricolo. Sì, perché lâagricoltore non pensa, si lascia solo trascinare dai pensieri altrui. Lâunico sforzo cerebrale di cui è capace, consiste semplicemente nellâagitarsi un poâ e dar spazio e libero sfogo alle lamentazioni. Lâagricoltore e il pensiero sono due mondi opposti che non intendono assolutamente incontrarsi. Perché si rifiutano a vicenda.
Gli agricoltori sono forse stupidi? Assolutamente no, lâintelligenza Dio lâha fornita, bene o male, a tutti, indistintamente. Alcuni la coltivano, altri no, certo; ma questa resta in ogni caso patrimonio comune a tutti gli uomini, a parte le infelici eccezioni ovviamente. Il pensiero però è altra cosa dallâintelligenza. La capacità di elaborare un pensiero riflesso, è cosa purtroppo â occorre ammetterlo - che non appartiene agli agricoltori. Non nel senso che gli appartenenti al mondo rurale non ne sono capaci. No, questo assolutamente no. Sono intelligenti e perfettamente in grado di esprimere pensieri. Hanno perfino emozioni, non sono esseri diversi, non sono dei minorati. Il fatto è che il mondo agricolo esprime la propria estraneità da tutto ciò che rimanda a un pensiero e a un sapere da elaborare e formulare. Eâ un dato di fatto.
Lâestraneità sociale. Gli agricoltori non contano nulla sul piano sociale, è unâamara verità , certo, non facile da accettare, ma occorre riconoscerne lâevidenza. Non hanno spazio sui media, non hanno alcuna voce in capitolo. Tutti hanno spazio e voce tranne gli agricoltori. Perfino âLinea Verdeâ, la trasmissione spazzatura che la Rai dedica al mondo rurale, non daâ spazio allâagricoltura. Poi, è vero, si vedono immagini di campi; si vedono perfino degli agricoltori intervistati da Paolo Brosio o intrattenuti da un certo chef Gianfranco Vissani. Ma cosa volete che sia questo spazio? Eâ forse spazio per il pensiero? Noooooo, è puro folclore. Gli agricoltori vengono presi bellamente per il culo. E lo spazio per le problematiche agricole non lo si trova da nessuna parte. Che ridere. Dovâè il pensiero?
La cocciutaggine, lâottusità . Non câè mezzo di comunicazione che dia dignitoso spazio allâagricoltura. Perfino gli arcinoti periodici di settore - la cosiddetta stampa specializzata! In che cosa poi? â affrontano il mondo rurale con un respiro ampio. Questi giornali agricoli i limitano a trattare solo argomenti tecnici, non correndo con ciò il rischio di uscire fuori dal seminato. Non sia mai, il coraggio appartiene dâaltra parte a pochi. Per questo abbiamo agricoltori che puntualmente sono trattati da stracci vecchi. Nessuno li considera, nessuno li educa: sono rozzi dentro prima ancora che fuori. Cambiano i tempi, cambia la società , ma i villici sono sempre uguali. Che amara verità ! Eâ la cocciutaggine, è lâottusità di questo mondo che è allarmante. Nessuno si fa carico di far qualcosa, di agire. Nessuno si rende conto che gli unici passi in avanti del mondo agricolo sono dovuti a imprenditori esterni al mondo agricolo. Ma questa situazione, questo stato delle cose, giova molto, e a tanti, a coloro che nel frattempo ne hanno abusato fino allâinverosimile e tanto speculato. Ecco perché il mondo agricolo non si risolleverà mai. Perché non è capace di fare cultura, di produrre non soltanto materia prima, ma cultura. Fare pensiero, elaborare pensiero: esprimere una posizione, dire, fare, parlare, prender posizione, rifiutare di essere rappresentati.
Noi ci crediamo, nonostante tutto; si, dâaccordo, ma fino a quando si può resistere? Non è facile resistere, a furia di insistere si logorano i meccanismi. E alla fine uno dice basta, basta. Lasciamoli sprofondare nella terra questi agricoltori. Che senso ha stare al fianco di qualcuno che non accetta di fare cultura? Che senso ha insistere con chi rifiuta il pensiero? Che senso ha stare al fianco di chi rifiuta il proprio bene? Lâattuale declino sociale ed etico del mondo rurale sta proprio nel rifiuto di questo mondo di occuparsi di cose estranee al proprio lavoro, e perciò apparentemente inutili. Con âTeatro Naturaleâ siamo stati gli unici ad agire a favore degli agricoltori (ma anche di tutto il cordone ombelicale che questa categoria di persone si porta dietro: i tecnici, per esempio), eppure la sensazione è che questi soggetti si sottraggano al proprio ruolo. La sensazione è che rifiutino il pensiero, in parte perché non lo credono realmente efficace, in parte perché sono svogliati e ottusi, e nessuno può convincerli di mutare corso al proprio stato di cose. Solo il danaro, degli aiuti di Stato o comunitari, risolleva loro il morale. E poi? Poi come sempre ci si ritrova con unâagricoltura assistita che non conta niente, di cui è bene vergognarsi.
Eâ la cultura, attraverso il pensiero, che può muovere il mondo. Eppure gli agricoltori, e tutti coloro che ruotano intorno allâagricoltura, non lo hanno ancora capito. Lo scenario che si presenta ai nostri occhi è squallido e miserevole. Ci si accontenta di poco e si rifiuta ciò che invece richiede progettualità . Si lascia fare agli altri: ai politici, ai sindacalisti! Che strano mondo però quello degli agricoltori, e di chi ne fa le veci. Non sono in grado di gestire la comunicazione, facendola propria, e si fanno così depredare dei propri spazi affidandoli a Brosio e Vissani. Che fine ingloriosa per lâagricoltura! Ridotta ad avanspettacolo, appare tanto ridicola quanto inutile.
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