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QUANDO IL GIUDICE SI NEGA AL BUON SENSO
La sentenza del Tribunale dell'Aquila,che impone la rimozione del crocifisso dalle aule, è un plateale gesto di incultura e una mancanza di sensibilità. Cresce intanto la divaricazione tra società civile e magistratura
01 novembre 2003 | Luigi Caricato
Stupore e rincrescimento. Ha colto tutti impreparati la sentenza di Mario Montanaro, magistrato presso il Tribunale dellâAquila. Lo stupore e lo sdegno â a seguito dellâincauta e quanto mai discutibile decisione di far rimuovere il crocifisso dalle aule di una periferica scuola abruzzese â sono stati espressi unanimi, per convinzione o convenienza, da ogni schieramento politico.
Per il cardinale Ersilio Tonini, tra lâaltro il primo ecclesiastico a intervenire pubblicamente, âsi offende la maggioranza del popolo italiano, e anche lo spirito della Costituzioneâ.
âGiustizia talebanaâ era invece il titolo di un editoriale dello storico (e non credente) Giordano Bruno Guerri, sulle pagine del quotidiano âIl Giornaleâ.
Proteste e critiche, a volte aspre, sono state così lo sfondo amaro e a tinte infuocate della settimana appena trascorsa. Lâinfelice decisione del magistrato abruzzese lo rende quantomeno sgradevole agli occhi dellâopinione pubblica, ma non è certo il caso di stupirsi, visto che tra magistratura e cittadini oramai la falla, che separa e divide questi due mondi così distanti tra loro, si è dilatata purtroppo da tempo e oltre ogni misura. Mi sorprende però che allâinterno della magistratura non ci si interroghi a sufficienza sul perché molte tra le più recenti sentenze vengano avvertite dalla gente comune, e non solo, come distanti dalla società , completamente avulse, slegate da contesto in cui si vive.
A una prima sensazione, sembra che le toghe vogliano quasi, in qualche modo, estendere il proprio raggio dâazione, la propria ideologia di riferimento (al di là degli aspetti propriamente politici, intendiamoci), anche alle sfere più intime e segrete della società , fino a oltraggiare lâindividuo nella sua libertà dâespressione, imponendone così forzatamente altre dinamiche, diverse da quelle che la società vuole per sé, o che si attende. Sembra dunque â ma spero di sbagliarmi â che i magistrati vogliano in un certo senso imporre un mutamento di corso alla società , proponendo, attraverso tuttavia le sentenze e non con ragionamenti e scambi dialettici, la propria visione del mondo, le proprie personali convinzioni. Così accade su questioni legate alla bioetica, alla sfera familiare, ma anche riguardo alla decisione, talvolta non inconsueta, di ammorbidire sentenze di condanna per alcuni assassini lasciati liberi dopo pochi anni o mesi di prigione.
Sembra, ma questa è soltanto la mia sensazione probabilmente, che non si intenda più rispettare lâindividuo e neppure i radicati costumi che una società si ritrova dopo secoli o millenni di storia.
Ripeto, è soltanto il mio punto di vista. Tuttavia ritengo che la divaricazione esistente tra società e magistratura sia un fenomeno reale e non certo il frutto di passeggere fantasie. Forse è necessario avviare un ripensamento dei ruoli, prospettando così una armonizzazione tra società civile e magistratura. Non ritengo affatto plausibile, infatti, che gli indirizzi di una comunità debbano essere dettati da un magistrato, figura che come tale esprime solo una veste di funzionario, di semplice amministratore della giustizia, e non invece i panni di un maestro, di un saggio, di un portatore di pensiero. La toga il magistrato se la guadagna solo a seguito del superamento di un concorso, ma lâacquisizione di un potere decisionale non equivale certo a un lasciapassare che consenta di poter decidere su tutto attraverso le proprie sentenze. La toga â senza il supporto di un lento e complesso percorso di crescita personale, con lâacquisizione di un bagaglio di cultura e di esperienze â è solo un indumento come altri. Non serve il nozionismo libresco a irrobustirla e a renderla prestigiosa e possente.
La sentenza di Montanaro è per questo motivo da ritenersi deludente. Invade un ambito che non gli compete. Eâ il Parlamento, semmai â attraverso le leggi â che può nellâeventualità intervenire su una materia così delicata; ma il Parlamento, in ogni caso, dovrà comunque tener conto anche delle oggettive e legittime aspirazioni di una società â seppure secolarizzata e poco attenta al sacro â senza per questo arrivare a spegnere i consolidati riferimenti a una civiltà , ormai millenaria, che non merita certo di essere messa a repentaglio con una facile e fin troppo sbrigativa disinvoltura.
La sentenza di Montanaro delude perché non è in grado di interpretare la società . Mette a nudo, abbandonata lâautorità che discende dalla toga, la mancanza di buon senso e la scarsa sensibilità verso un simbolo che non ha la stessa forza espressiva di una figurina Panini con la riproduzione di Totti, Del Piero o Vieri.
Perché dunque, se veramente animato da dubbi, il giudice abruzzese non ha adottato una misura più ragionevole ed equilibrata? Sarebbe stato sufficiente consentire lâesposizione di riferimenti islamici, per esempio; ma anche di altre confessioni religiose, accanto al crocifisso.
Ma questo rappresentante della giustizia ha mai studiato la storia? Lo sa che quel âcadaverinoâ â comâè stato banalmente definito da un impertinente provocatore â che sta fisso sulla croce è qualcosa di più che un banale simbolo? Che si creda o no in Dio, in quel Dio che si è fatto carne, la realtà non muta. Che si bestemmi o no, che si pronuncino offese o vilipendi, con i âporco dioâ o senza, il crocifisso è patrimonio morale prima ancora che religioso dellâumanità .
C'è ancora qualcuno che possa dimostrare di aver studiato la storia delle religioni? Lo sa per esempio, Mario Montanaro, che Gesù di Nazaret, è una figura cardine per tutte le confessioni religiose, sia per quelle del Libro, di area mediterranea, compreso lâIslam, sia per quelle di area orientale?
Non lo sa? E allora studi, si documenti, ma soprattutto rispetti, attraverso le sentenze, la società in cui lui stesso si trova a operare.
La tolleranza è un valore, non la si banalizzi dunque con decisioni affrettate e superficiali.
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