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GLI ITALIANI E LA CULTURA, UN RAPPORTO UN PO' PROBLEMATICO E INDEFINITO

Da un lato sorprende che in molti si avvicinino a una serie di festival ed eventi culturali animati da un inedito interesse e da uno slancio che non conosce ostacoli. Dall’altro lato stride la recente denuncia da parte di due noti quotidiani circa la “scomparsa" degli intellettuali e il conseguente silenzio del pensiero

24 settembre 2005 | Ada Fichera

Un ritorno alla cultura? Non proprio, direi più che altro un riavvicinamento a questa, grazie ad un nuovo e più consono modo di proporla. Nonostante ciò, attenti, però, a non illudervi troppo presto, non manca il “colpo di scena” che tende sempre ad opacizzare e ad oscurare quanto di positivo emergerebbe.

Che gli italiani leggano poco rispetto agli altri europei si sa, che spesso sono sordi ai “richiami culturali” di conferenze, convegni, momenti di lettura e di riflessione, lo sapevamo anche, ma il fatto che non fossero esclusivamente loro i colpevoli di tutto ciò, forse, lo ignoravamo.
Notizie recenti, venute in luce attraverso articoli, comunicati, sondaggi e ricerche hanno rivelato molte novità in proposito.
Su una scena alquanto ambivalente, l’odierna realtà culturale appare come una medaglia, la quale, vista da un lato, mostra il suo lato migliore, ma girata dall’altro, rende visibile il suo rovescio.

Se settembre è il “mese dei festival”, i quali fra l’altro richiamano migliaia di persone, non è a caso che proprio in questo periodo, si torna dibattere del rapporto tra gli italiani e la cultura.
Dal 2 al 4 settembre il “Festival della mente” a Sarzana, dal 7 all’11 settembre il “Festival della Letteratura” a Mantova e dal 16 al 18 settembre il “Festival della Filosofia” a Modena, Carpi e Sassuolo, hanno coinvolto tantissimi giovani e non solo.

Lo scorso 14 settembre sono stati pubblicati i risultati di uno studio svolto, per conto della commissione organizzatrice del “Festival della Filosofia”, dalla Swg, un’istituto con sede a Trieste che progetta e realizza ricerche istituzionali, di mercato, studi sul cambiamento sociale e indagini d’opinione. La ricerca, riferendo su “i pendolari della cultura”, ha testimoniato che, non sono gli italiani a disinteressarsi della cultura e di quanto riguarda quest’ultima, ma spesso sono state le modalità con cui essa è stata proposta che non sono riuscite ad attirare le masse bensì solo pochi gruppi ristretti di “specialisti”.

Sono circa 9 milioni gli italiani che hanno partecipato, nel corso dell’ultimo anno, a festival o eventi culturali.
I “pendolari della cultura” sono disposti a percorrere anche centinaia di chilometri, viaggiano quasi sempre con il partner o in gruppo e avvertono, in modo rilevante, il richiamo di manifestazioni, mostre, concerti, kermesse cinematografiche e letterarie.
“Incrociando”, per così dire, tali dati con quelli inerenti ad un altro aspetto della suddetta ricerca a sfondo culturale e soprattutto sociologico, un risultato che comunque ci ha incuriosito è quello che testimonia che gli “appassionati di saggezza” sono anche grandi consumatori di televisione e fanno un uso sempre maggiore di canali satellitari. Prova, questa, di un interesse multiforme e di un’apertura ad un sapere “a tutto tondo”.

L’indagine, su “Il consumo culturale e la tv”, è stata condotta attraverso 400 interviste telefoniche effettuate dal primo al 2 settembre e tramite una rilevazione on line su mille persone condotta tra il 5 e il 7 settembre.
"In primo luogo - spiega l’indagine Swg - si vede che crescono l’attenzione e la propensione verso canali telematici; i più giovani, inoltre, sono già pronti ad una maggior proposta attraverso tale mezzo; infine vi è una rilevante insoddisfazione per la quantità di offerta culturale che attualmente passa per la tv tradizionale mentre abbastanza ben valutati nella loro offerta sono i canali tematici. Infine, quanto di culturale viene trasmesso è giudicato in modo largamente positivo. L'insieme di questi fattori - conclude l’indagine - segnala che il pubblico si attende un'offerta più ricca e articolata".

Come dicevamo inizialmente, se, però, da un certo punto di vista, queste sono notizie confortanti, da un altro, in questi mesi, alcune affermazioni di voci autorevoli destano la nostra preoccupazione.
Ricostruiamo in breve la vicenda.
Il 23 giugno scorso, sul "Corriere della Sera", Giulio Ferroni, critico, saggista, collaboratore di diverse testate e docente di Letteratura Italiana all’Università “La Sapienza” di Roma, avanza una denuncia forte e preoccupante: "In Italia, ci sono conflitti tra neo-conservatori distruttori del modello occidentale e no global anarchicheggianti (…), per questo non vedo né qui né in altre nazioni un pensiero filosofico-politico, (…) oggi contano solo i partiti e le tv. Gli ultimi critici e intellettuali sono stati Fortini e Sciascia".
Ed ancora: "Ci sono gli elefanti, chiusi nel tecnicismo, e le farfalle, che svolazzano nella indeterminatezza".

Una presa di posizione molto polemica e a sua volta dibattuta nei giorni in cui l’articolo balza sulle pagine dell’autorevole quotidiano, ma che tuttavia non lascia un’impronta altrettanto forte in seguito.
Del resto, come ha affermato Ferroni, "il sapere e l’apprendimento vanno verso la distruzione perché comportano sforzo, passione e pazienza", e di queste, e qui, forse, Ferroni potrebbe avere ragione, oggi ce n’è davvero poche.
Passa un mese, e l’argomento viene riaperto, il 31 luglio, dal quotidiano "L’Osservatore Romano", attraverso un elzeviro di Mario Gabriele Giordano, dal titolo “La scomparsa dell’intellettuale”: "Dal crollo delle ideologie è venuta un’immediata e importante conseguenza, la scomparsa dell’intellettuale…e il silenzio su questa scomparsa è da attribuire al fatto che, a parlarne, dovevano essere proprio i diretti interessati, gli intellettuali".
Andando avanti, l’autore del pezzo dichiara che la figura dell’intellettuale è come quella del letterato e del chierico, prima o poi sono destinate ad esaurirsi.
Pensate che sia vero?

In conclusione, lasciamo a voi le risposte e la libertà di scorgere la vostra presenza, a piacere, tra “i pendolari della cultura” o tra coloro che avanzano la certezza di un sapere ormai distrutto…!

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