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BOMBE PRONTE A ESPLODERE. OSSERVATE I GIOVANI. VITE NORMALI, DIRETE. POI, INVECE, LE INASPETTATE SORPRESE

E' come se ciascuno di essi indossasse una t-shirt con su scritto "non scuotermi, sono fragile". Gli scatti di violenza, i comportamenti dissennati, il silenzio, il rifiuto del dialogo. Resta una drammatica domanda: cosa fare?

25 giugno 2005 | Ada Fichera

C’è un tempo in cui tutto, senza “mezzi termini”, può apparire o bianco o nero; c’è un tempo in cui, anche i tratti meno definiti e visibili, risaltano invece all’occhio assolutamente chiari ed evidenti; e c’è ancora un tempo in cui ogni singolo ed anche banale evento ci coinvolge totalmente trascinandoci con sé nel turbine del suo scorrimento.

È la gioventù, ovvero quella fase della vita di ogni uomo ricordata spesso come la più bella ed accattivante. Non per tutti però è così. Ci sono purtroppo molti casi in cui si vive la gioventù con difficoltà, lottando contro ostacoli, dovendo fare i conti con problematiche oscure che si abbattono su un’esistenza che potrebbe essere quanto più gioiosa e spensierata.
Di questo ed altro si è parlato, di recente, durante un convegno ad Abano Terme, in provincia di Padova, dal titolo “La sofferenza agitata dell’adolescente”.

Da questo e da altri nuovi aggiornamenti, è emerso che i giovani sono sempre più violenti.
Terribile notizia, se pensiamo che il futuro di questa nostra società passa di certo attraverso tali dati.
Qui, a proposito di giovani e loro problematiche, mi torna in mente un recente articolo pubblicato sulla prima pagina del quotidiano "Avvenire", il cui inizio, in riferimento alle giovani generazioni, diceva: “la bomba su cui viaggia l’Italia…!”.
Adolescenti e giovani sono sì sempre più violenti, ma esiste, ovviamente, una genesi di questi comportamenti, la quale si nasconde in modo insospettabile dietro una rilevante fragilità. È per questo che, infatti, assumono atteggiamenti di violenza, non solo nei confronti di altri, ma anche contro se stessi.
La violenza è una sorta di corazza indossata dai giovani quando devono difendersi o quando vogliono nascondere ciò che realmente provano. Una triste e pericolosa maschera che copre di cruda drammaticità il volto cupo di adolescenti privi di speranza e di voglia di reagire.
Scrive Grazia Deledda: “…E il pianto dell’adolescente è il pianto stesso del dolore che, come il canto dell'amore, si rifugia nella notte per chiedere a sé stesso il segreto del suo mistero”.

Un mistero che caratterizza una logica illogica e chiusa, la quale attua un meccanismo ancor più dannoso di essa stessa.
Giovani che non si lasciano infiammare dalla voglia di sapere, di crescere, di riuscire, ma che conoscono solo il fuoco dell’irruenza e della violenza.
Giovani rifugiati nel loro silenzio, che non dialogano, che non si fermano a riflettere, ma colgono l’attimo o l’occasione per agire, per attaccare l’altro o spesso se se stessi.
Giovani che non sanno ascoltare o, peggio, non hanno la fortuna di essere ascoltati; ragazzi soli nella loro disperazione, abbandonati dalla famiglia che, persi spesso i suoi connotati, sta ancora cercando la sua essenza e la sua identità, emarginati da una società troppo impegnata ad inseguire l’ultima moda, l’ultima “trovata” tecnologica o a prendersi cura della nuova trasmissione-tv e di chissà quale altro “problema” fra i più banali che esistano.
Abbattere questo muro dell’indifferenza, sarebbe già un primo passo…
E dire che, in alternativa alla violenza, esistono tante strade migliori per uscire dalla propria tristezza e per oltrepassare la frontiera della fragilità rafforzando se stessi. La compagnia, il dialogo e l’ascolto sono i primi di queste.

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