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COS'E' CHE TURBA L'ATMOSFERA FAMILIARE? PERCHE' TANTE INQUIETUDINI?

Omicidi in famiglia e suicidi di minori. Cosa si cela dietro questa inquietante realtà che avanza e distrugge molti giovani? E' follia, disagio, insoddisfazione? Le giustificazioni avvengono con frasi lucide ed enigmatiche. All'interno della famiglia cade il senso della sicurezza e del rifugio, il calore degli affetti sta diventando gelo. Il silenzio non aiuta

21 maggio 2005 | Ada Fichera

Follia? Disagio? Insoddisfazione? Non si sa bene come definire certi episodi, e per la verità non si sa nemmeno a quale categoria appartengano.
Nelle ultime settimane siamo venuti a conoscenza del verificarsi di fatti davvero angosciosi, tragici ed al tempo stesso privi di ogni spiegazione logica.
Certo è forse assurdo parlare di razionalità, quando in realtà la ragione non ha in questi “né arte né parte”.

A Viggiù, in provincia di Varese, un giovane di 27 anni, Gaetano Restivo, ha ucciso con quattro colpi di fucile i suoi fratelli, Gianni e Antonio, rispettivamente di 24 e 13 anni.
Un ragazzo normale, che frequentava l’università, che adorava la famiglia; almeno così dicono parenti e conoscenti.
“Non so perché l’ho fatto”, ha detto in un primo momento agli inquirenti, poi ha seguitato “…l’ho fatto perché ho paura del mondo”.
Frasi lucide, fredde, enigmatiche. Chi lo ha visto dopo aver commesso l’omicidio, ha testimoniato che aveva uno sguardo assente.
Autore di una strage familiare, ha reso inquietante e minaccioso quello che dovrebbe essere il porto sicuro a cui approdare, il rifugio dove trovare la quiete e il calore degli affetti.

L’emergenza suscitata dal caso è infatti quella che vede al centro dati allarmanti, pubblicati lo scorso 6 maggio su “L’Avvenire”: nel 2003, sono state 201 le vittime dei delitti compiuti all’interno dei nuclei familiari; nel 2004, i morti per mano di un parente sono stati 200; numerosi anche i feriti e gli invalidi.
Secondo l’Eures (Centro di ricerche economiche e sociali), l’incidenza sul totale di delitti è pari al 27,7 %.

Leggendo certe notizie, sembra quasi svaniscano l’amore, gli affetti, il desiderio di crescere insieme, di condividere la quotidianità, di essere pronti ad aiutare chi ci sta accanto.
Raptus omicida, depressione, gelosia tra fratelli, invidie. Quale tra queste ragioni può condurre un giovane a commettere un simile gesto e a macchiarsi di una colpa così terribile?
E soprattutto, cosa ha dissolto quei legami che fino a quel momento avevano rappresentato il saldo anello di unione all’interno del focolare domestico?

Inverosimile e impensabile il fatto che la minaccia possa venire da chi vive sotto lo stesso tetto ogni giorno, incredibile il pensiero che la morte si celi dentro le mura di casa propria, che covi in colui o in colei che ha lo stesso sangue.
Ma a colpire non è solo l’omicidio consumatosi nel Varesotto, c’è un altro “fenomeno” che ha preso piede negli ultimi tempi: i suicidi di minori, che a primo impatto sembrano dovuti a “bullismo”.
Sì, avete presente il capogruppo che sottomette gli altri ragazzini fino a sfinirli per piegarli al suo volere?
È quello che è successo e che succede purtroppo ancora oggi. Credevate che fosse un fenomeno d’altri tempi? Sbagliato.
Una lugubre serie di suicidi sembra essersi originata proprio da alcuni episodi di “bullismo”.
A questa lista dal triste risvolto appartengono i suicidi di Marco, 13 anni, e Damiano, 15 anni, che si sono uccisi a Ragusa a distanza di pochi mesi. Stesso periodo ed anche stessa scuola di appartenenza, e a quanto pare pure stessa dinamica che li ha condotti ad un gesto connotato da tale disperazione e angoscia: induzione, episodi di bullismo da parte di altri ragazzi e feroci scherni.
Una realtà tremenda, che per quanto indagata, rimarrà sempre con quell’alone di mistero, con un’immensa rabbia ed un inconsolabile dolore per le famiglie.

Non sono questi, solo casi sparsi, isolati, in un’Italia che forse sempre meno sa capire e aiutare i suoi “figli”, ma fenomeni che seguono una scia e che, ahimè, lasciano una loro scia.
È un grido silenzioso, una denunzia muta di vite strozzate, di coloro che in un’apparente “normalità” nascondono la disperazione, coltivando le radici della tragedia.
Forse sono giovani che sentono questo mondo e questa società come lontana, forse anche come inutile, e di certo come privo di futuro e di buone prospettive.
Sono magari ragazzi soli, senza una famiglia alle spalle. E non famiglia nel senso fisico di più componenti che abitano sotto lo stesso tetto, ma famiglia nel suo senso più completo e profondo di persone che vivono condividendo ogni giorno le proprie esperienze, trovando il proprio supporto l’uno nell’altro, aiutandosi e facendosi forza nelle difficoltà.
Probabilmente, oltre ad alcune varie motivazioni che spingono un giovane a togliersi la vita o a distruggersela uccidendo un parente, manca proprio la famiglia e dunque con essa la comprensione, l’affetto, la solidarietà, la piccola gioia quotidiana.

Infine, forse anzichè pensare ai di certo importanti, ma non primari, problemi economici e politici, a corsi d’inglese, doposcuola, abiti firmati, in Italia ci si dovrebbe soffermare un po’ di più su quanto turba e su quanto manca realmente alle nuove generazioni, e forse non ascolteremmo almeno così di frequente certe storie di giovani che bruciano un’intera esistenza, che buttano via così facilmente il dono più bello e più grande che è la vita.

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