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CRESCERE TRA LE PAGINE DEI LIBRI E SCOPRIRE UN MONDO NUOVO

Gli italiani e la lettura? Si tratta di un rapporto difficile e quanto mai singolare. Il fascino del libro non può essere negato; non è soltanto un contenitore di parole, ma un universo di emozioni tutto da scoprire, un mondo che custodisce storie e vicende che hanno la capacità di far volare l'immaginazione. Nell'universo di carta tante vite a confronto

14 maggio 2005 | Ada Fichera

Il libro: un piccolo oggetto apparentemente insignificante, ma in realtà contenitore di un mondo.
Quando apriamo un libro non abbiamo davanti ai nostri occhi un semplice contenitore di parole, ma un mondo che custodisce un gran numero di storie, di vicende che hanno la capacità di fare volare l’immaginazione di quanti, libro alla mano, si siedono per cominciare ad evadere dalla quotidiana ordinarietà e per immedesimarsi in quella serie di parole, immagini e idee, le quali possono assumere un’identità ed una connotazione diversa a seconda di chi decida di immergersi in quell’universo di carta fatto di vite a confronto, di colpi di scena, di emozioni.
Realista o surrealista, aprire un libro è spalancare le finestre di un mondo che permette al lettore di compiere un viaggio unico in cui quell’insieme di pagine aprono alla conoscenza di esperienze esclusive che annullano il vuoto e la noia.
Detto questo però, ci chiediamo: ma perché allora spesso apprendiamo che gli italiani leggono poco?
È il quesito che è stato al centro di molti dibattiti in questi giorni, durante i quali l’argomento “libri”ha avuto largo spazio su quotidiani e televisioni data la concomitanza con la “Fiera del libro” svoltasi di recente a Torino.
In un’altalena tra risparmio da un lato ed evasione culturale dall’altro, la situazione in Italia sembra non solo non essere una delle migliori, ma soprattutto singolare se si indagano le varie fasce d’età e le motivazioni in proposito inerenti ai lettori e dunque agli acquirenti delle librerie del nostro paese.
Attraverso un dettagliato servizio sul settimanale “L’Espresso” veniamo a conoscenza dello stato effettivo del mercato librario italiano. Spiega Alberto Magnani, direttore commerciale e dello sviluppo del Gruppo Ricerca Demoskopea e responsabile della Panel Librerie: “La situazione non è delle più rosee, perché in Italia non si legge molto, ma a parte questo la nostra indagine ha rilevato particolari interessanti. Innanzitutto una tendenza al risparmio, all’acquisto del libro in formato ristampa o tascabile, un aspetto importante che evidenzia la condizione economica degli italiani in questo periodo”.
È solo una difficoltà economica dunque a far ridurre l’interesse e la voglia di lettura degli italiani?
Anche “La Repubblica” di domenica 8 maggio, in un servizio inerente sempre alla “Fiera del libro”, denuncia che i lettori italiani sono in classifica gli ultimi in Europa e a leggere, così come a frequentare i festival letterari sono sempre le stesse persone.
Il linguista Tullio De Mauro ha dichiarato: “I festival letterari assomigliano un po’ ai famosi aerei che Mussolini spostava da un posto all’altro per far credere che ce ne fossero tanti. Sono frequentati, insomma, dalle stesse persone”.
I dati elaborati dall’ “ufficio studi dell’Associazione italiana Editori” comunicano che un italiano su due legge annualmente un libro, però quasi la metà di questi lettori sporadici dichiara di non leggerne più di tre in dodici mesi; e soltanto il 12,3 % ne leggerebbe uno al mese.
Davvero poco esaltanti questi risultati e pensate che questi registrano già una leggera, seppure impalpabile, crescita rispetto al 2003…!
Nel 2004, una crescita dell’8 % si è registrata per le vendite di testi di un genere preciso: la narrativa italiana.
Grande infatti il successo di Margaret Mazzantini con il suo “Non ti muovere”, insieme a Giorgio Faletti con “Io uccido” e “Niente di vero tranne gli occhi” che hanno venduto oltre un milione di copie tra il 2003 ed il 2004.
È andata bene anche ad Andrea Camilleri che con i due romanzi “La prima indagine di Montalbano” e “La Pazienza del ragno” si è assestato ai vertici delle classifiche per tutto il 2004.
Ottime vendite anche per la saggistica, che vede in cima alle vendite Oriana Fallaci con “La forza della ragione”.
Sono questi pochi dei tanti dati che ci fanno capire come le opere italiane sono comunque riuscite a tenere testa alla narrativa straniera, che quest’anno ha posto in campo una grande concorrenza, basti pensare al “Codice Da Vinci” di Dan Brown, che ha venduto circa 800 mila copie.
Nonostante tutto, gli italiani procedono lentamente e a piccoli passi, come dicevamo rispetto agli altri Europei e questo sembra ormai diventato un fattore cronico o una “patologia” purtroppo ben radicata e difficile da annientare.
Per i veri amanti della lettura è davvero difficile capire come si possa rinunciare così facilmente a quelle pagine capaci di generare sogni, di svelare quei mondi che danno vita ad un dialogo capace di raccontare il passato e di aprire orizzonti per il futuro.
Come ha ricordato Antonio Spadaro in un bellissimo editoriale su “L’Avvenire” di venerdì 6 maggio, Romano Guardini, filosofo, teologo e letterato autorevole, ha scritto nel suo “Elogio del libro”: “L’amore per il libro è proprio di colui che se ne sta seduto alla sera nella sua stanza. Egli così può assistere a un miracolo improvvisamente, i libri presenti nella stanza diventano come esseri viventi, singolarmente viventi, cioè oggetti piccoli, eppure pieni di mondo”.
Eppure, in Italia ci sono stati, come scrive Antonio Socci su “Il Giornale”, 40 mila libri che, nel 2004, hanno venduto in libreria da zero a tre copie. Dunque c’è un 72% dei titoli pubblicati ogni anno in Italia che non vende più di tre copie e addirittura la metà, ovvero ventimila, non vende proprio nessuna copia.
Al di là del disinteresse, dell’esigenza di economia, di un generale, diciamolo anche, menefreghismo culturale che caratterizza di frequente purtroppo la nostra Italia, resta però da chiedersi inoltre: Perché? Cioè, esistono comunque delle motivazioni più recondite? Manca forse un dialogo tra case editrici e aspettative del pubblico? Qualcuno si chiede cosa si aspetta il lettore? O c’è un muro tra l’opera letteraria in sé ed il suo eventuale fruitore?
Sono alcuni interrogativi che ci poniamo, che forse non hanno nemmeno ragione di esistere, ma potrebbero in caso contrario divenire chiave di lettura di una triste e a volte tragica situazione socio-culturale.
Sul fronte dei quotidiani, la condizione attuale sembra vedere i primi spiragli di luce, dopo essere affondata da tempo in un vertiginoso calo delle vendite. Almeno così documenta una recente ricerca dell’Osservatorio permanente giovani-editori.
Il 5 maggio scorso, Andrea Ceccherini, Presidente dell’Osservatorio suddetto, ha dichiarato al “Corriere della Sera”: “…per la prima volta in 25 anni si inverte il trend negativo della lettura dei quotidiani da parte dei giovani”.
I giovani, quindi, sono tornati a leggere i quotidiani, di cui apprezzano anche la voglia di alcuni giornali di cambiamento e di apertura ad una realtà che avanza e che muta sempre più rapidamente.
L’Osservatorio ha anticipato al Corriere queste poche notizie, che saranno approfondite quando il 13 ed il 14 maggio saranno ufficialmente presentati tutti i dati della ricerca “Crescere tra le righe”, commissionata all’Eurisko dallo stesso Osservatorio, durante il convegno annuale a Bagnaia.
A tal punto ci auguriamo che il fascino che ha influenzato i giovani lettori, che sta caratterizzando la risalita del regno dell’editoria dei giornali e delle relative vendite, “contagi” una volta per tutte anche il regno dei libri.

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