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E' TRISTE SPROFONDAR NELL'ABISSO DEL MALE

E' violenza dappertutto. Dentro e fuori di noi. Negli stadi, come nei focolari domestici. Abusi in famiglia, liti che sfociano in drammatiche aggressioni. Siamo davanti a una società che si esprime con la violenza e non sa dialogare. Conosce il linguaggio dell’aggressività e lo fa proprio senza comprenderne l'assurdità

23 aprile 2005 | Ada Fichera

Episodi di inciviltà, di scandalosa ed ignobile violenza, di assurda e preoccupante disumanità.
Purtroppo casi di questo tipo si ripetono con cadenza sempre maggiore, e non solo in Italia.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad atti vandalici e ad episodi di violenza negli stadi .
Non è solo l’atto in sé a destare ansia per le generali sorti dello sport, ma preoccupa anche e soprattutto il prendere tristemente coscienza del fatto che la nostra è una società che spesso si esprime con la violenza..
Manifestare il proprio disappunto per una decisione arbitrale o dichiarare un proprio parere contrario, chiarire l’accaduto…; ormai, tutto questo si verifica spesso tramite la violenza.
È una società che non conosce quasi più il dialogo, ma che parla il linguaggio dell’aggressività.
È divenuta intollerabile la situazione negli stadi, dove la partita di calcio, momento di divertimento e di relax per il pubblico, si trasforma puntualmente in una guerra a causa di scontri fra tifoserie e forze dell’ordine.
Giusto e senza ombra di errore, il possibile provvedimento avanzato dal Ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, che ha detto: “Se le circostanze mi costringessero a scegliere tra l'incolumità degli operatori di polizia e la presenza del pubblico alle manifestazioni calcistiche, non esiterei un istante a far chiudere gli stadi più a rischio”.
“Mentre l'Italia offre al mondo dimostrazioni di civiltà in occasione dei funerali del Pontefice”, prosegue il Ministro, “negli stadi torna a scatenarsi la violenza più becera. In occasione delle partite di calcio Lazio-Livorno, Palermo-Messina, Perugia-Ternana e Cavese-Juve Stabia si sono viste all'interno e all'esterno degli stadi barbarie di ogni genere che hanno duramente impegnato le forze dell’ordine”.
E le parole di Pisanu sono precedenti agli squallidi episodi registrati durante Inter-Milan, quarti di finale di Champions League, di mercoledì 13 aprile scorso, quando fumogeni, bottiglie e quant’altro sono stati lanciati in campo e scagliati contro i giocatori ed il personale in campo.
Per andare poi oltre i recinti dei campi di calcio, purtroppo siamo venuti a conoscenza, di recente, di altri assurdi episodi di ordinaria violenza.
Il 14 aprile, l’Ansa batteva questa notizia: un uomo di 60 anni è stato arrestato a Fasano (Brindisi) con l’accusa di aver violentato per dieci anni la figlia non ancora quattordicenne. Secondo gli investigatori l'uomo avrebbe abusato quasi quotidianamente della bambina a partire dal 1992 fino al 2001. L’uomo è stato rinchiuso nel carcere di Brindisi.
Altro caso si era registrato il 13 aprile, quando Carlo, quattordicenne, era intervenuto in una lite per fare da paciere ed era stato accoltellato, a Napoli, in un istituto dei Salesiani. A ferirlo era stato un ragazzo di 13 anni, Giuseppe, che subito dopo l'accaduto era stato bloccato dalla polizia. Secondo la ricostruzione dei testimoni, Carlo - che non sarebbe in gravi condizioni - non aveva partecipato alla lite tra Giuseppe e un altro ragazzino mentre giocavano a pallone nel cortile. All'origine del diverbio, solo futili motivi legati al gioco.
È disumano che il modo utilizzato da gran parte della popolazione per risolvere i problemi è la violenza.
Innanzitutto è palese che non si può andare avanti in tal modo, non si può vivere pensando che sia pure giustificabile un comportamento che di giustificabile ha ben poco.
Tra l’altro, sembra che pure quando le cose vadano bene, l’aggressività non stenta a scatenarsi.
L’8 aprile scorso è stato reso noto un singolare studio, svolto all'università di Cardiff, il quale affronta il problema della violenza negli stadi. Lo sport nazionale del Galles, com’è noto, non è il calcio, ma il rugby. I ricercatori analizzando la frequenza degli incidenti dopo-partita, provocati da comportamenti violenti dei tifosi, hanno scoperto che non è la sconfitta a far scattare la molla dell'aggressività fisica, bensì la vittoria. La maggior parte degli episodi di violenza e quindi il maggior numero di ricoverati nel reparto emergenze di Cardiff, si sono avuti proprio nei giorni in cui la nazionale gallese di rugby, affrontando un’altra nazione, aveva vinto. Comunemente si è più inclini a pensare che la sconfitta generi comportamenti violenti di riscatto, invece, forse per via delle massicce dosi di alcool assunte per “festeggiare”, sta di fatto che i ricercatori gallesi hanno dovuto constatare come anche vincere può “far male”. E dire che lo sport dovrebbe insegnare a vivere!

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