Articoli 03/12/2011

L'US Davis Olive Center è una propaggine di Mondavi?

Sebbene Dan Flynn affermi che il Centro è economicamente autosufficiente, è parte del Robert Mondavi Institute for Wine and Food Science, finanziato per anni da Robert Mondavi


Dan Flynn ha raccontato che la nascita del US Olive Center è avvenuta grazie a un finanziamento dell'Università di Davis per 25mila dollari all'anno per tre anni.

Un finanziamento dovuto al fatto che la stessa Università era stufa di pagare danni per 50-60mila dollari all'anno per le persone che cadevano, facendosi male, lungo il viale alberato l'olivi dell'Università.

L'UC Olive Center ha ovviato a questo problema iniziando una produzione d'olio e di prodotti per la bellezza. Grazie a questo, alla libreria del centro e a finanziamenti di Università e privati oggi il centro dispone di 1,7 milioni di dollari all'anno.

L'Olive Center fa parte del Robert Mondavi Institute for Wine and Food Science, una struttura finanziata con 100 milioni di dollari da Robert Mondavi che contriuiva significativamente anche al suo mantenimento con una donazione annuale di 35 milioni di dollari.

L'azienda Mondavi fa a sua volta parte del Costellation Brands, gruppo che fa parte ormai stabilmente delle maggiori aziende americane, quotato allo S&P500 e con un fatturato annuo di 4 miliardi di dollari.

Secondo la tradizione americana è assolutramente normale che aziende private finanziano, anche sostanzialmente, le università e pertanto questo non viene ritenuto scandaloso.

Quanto però queste università possono essere considerate oggettive e disinteressate quando lanciano attraverso la grande stampa rapporti che possono influire sul mercato?

 

 

In “L'US Davis Olive Center è una propaggine di Mondavi?” (December 2, 2011), Graziano Alderighi suggests that private companies in the U.S. are corrupting the research of American universities, and points to the UC Davis Olive Center as proof. Sounds like a good story, but it is not supported by the facts:

The article overstates the Olive Centerʼs budget. The article says that the Olive Center budget is $1.7 million annually, but the actual figure is $300,000. The Olive Centerʼs budget is funded by olive products sold at the campus bookstore, educational enrollment fees, and research grants. The centerʼs largest grants have come from the United States Department of Agriculture. Donations from the California olive industry amount to less than ten percent of the Olive Centerʼs annual budget.

The article overstates Robert Mondaviʼs contribution. The article states that Robert Mondavi contributed $100 million to UC Davis for development of the Robert Mondavi Institute (which houses the Olive Center). Actually, Mr. Mondavi contributed $25 million, an extraordinarily generous amount, but one-fourth the size asserted by the writer. The article further states that Mr. Mondaviʼs company provides $35 million annually to maintain the institute, but there is no such contribution.

The article makes a bizarre accusation. The article asserts that the Mondavi Wineryʼs ownership by Constellation Brands is somehow related to the Olive Center studies that found serious problems in imported olive oil quality. The article questions whether one can trust the Olive Centerʼs findings given that Constellation is among the largest U.S. companies. It is a bizarre accusation -- Constellation Brands is a wine, beer and spirits company, not an olive oil company, and Constellation has not made donations to the Olive Center.

It is fair to question whether private contributions influence university research, but it is irresponsible to base this question on sloppy reporting.

Dan Flynn, Executive Director

UC Davis Olive Center

di Graziano Alderighi

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Commenti 2

Redazione Teatro Naturale
Redazione Teatro Naturale
04 dicembre 2011 ore 14:03

Buongiorno Sig. Calcara,
cercherò di essere più chiaro.
L'Olive Center è nato grazie a un finanziamento dell'UC Davis a sua volta lautamente finanziata da Robert Mondavi.
Il finanziamento di start up dell'Olive Center è stato molto piccolo ma oggi è una realtà che fattura 1,7 milioni di dollari all'anno. Una parte di questi fondi derivano dalla vendita di propri prodotti (oli, libri ecc), una parte, la più sostanziosa, da finaziamenti universitari e privati.
E' il caso del finaziamento per la redazione del famoso rapporto del 2010 sulla qualità degli oli negli Usa che è stato dato da associazioni di produttori californiani e australiani.
Tutto questo negli Usa è perfettamente normale e regolare ma agli occhi di un europeo e di un italiano in particolare rappresenta un'anomalia. Uno studio che ha un evidente impatto di marketing e commerciale, come lo è stato il rapporto del 2010 dell'Olive Center, per noi è tendenzialmente inattendibile perchè i finaziatori sono in conflitto di interesse con l'oggetto dello studio e i ricercatori possono essere condizionati, nello redigere i risultati, dalla fonte del finanziamento.
Negli Usa è viceversa normale che un'Università possa redigere una ricerca sostenuta da privati, per poi scoprire che un'altra Università arriva, con finanziamenti dell'avversa parte, a risultati contrastanti, per non dire opposti.
E' anche questa la ragione per cui, più volte, abbiamo messo in luce come dal mondo scientifico anglosassone arrivino ricerche tanto diverse da essere inconciliabili, lasciando tanto chi si occupa di comunicazione e divulgazione, tanto i lettori assolutamente spaesati e basiti.
E' quindi una diversa mentalità su cui possiamo dissentire ma che ritengo assolutamente inutile combattere perchè radicata nella cultura statunitense.
Che fare allora?
Due le strade possibili: o ignorare tali ricerche oppure rispondere con la stessa moneta, finanziando un centro studi che possa fornire risultati in contrasto con quelli presentati o presentabili dall'Olive Center.
Alle volte occorre affrontare la situazione con un po' di sano realismo, cercando di capire il substrato sociale della controparte e adattandovisi. Cercare di cambiare il background culturale di un altro paese è una sfida improba, da Don Chisciotte.
Se così è nato, cresciuto, opera e si finanzia l'Olive Center occorre per prima cosa prenderne atto (quanti lo sapevano in Italia?) e quindi pensare a una strategia che si fondi però sulle radici culturali e sociali statunitensi.
Buona domenica
Graziano Alderighi

calcedonio calcara
calcedonio calcara
04 dicembre 2011 ore 13:09

Gentile Alderighi
l'argomento da Lei sollevato è di notevole importanza poichè il centro universitario di Davis costituisce un riferimento almeno intellettuale per il mondo dell'olio americano. In passato abbiamo osservato campagne di denigrazione della produzione olearia extra-USA sostenute da indagini di tale università e benchè essa si proponga di valorizzare in maniera apparentemente indipendente il mondo dell'olio è ovvio che pesanti ingerenze dell'industria olivicola americana potrebbero influenzare tale indipendenza. Mi permetta però di aggiungere che il modo con cui viene da Lei affrontato il problema sia poco preciso e che l'articolo specie nell'incipit manchi di chiarezza. La invito pertanto ad integrare in maniera più chiara esauriente e precisa le Sue affermazioni a vantaggio della comprensione di tutti.
Cordiali saluti
C.Calcara