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MONSIGNOR ERSILIO TONINI: "MIA MADRE MI DICEVA: 'RAGAZZO, PREPARATI'. ERO POVERO, MA AVEVO IL GUSTO DELL’INVISIBILE E COLTIVAVO L’ANIMA"

Un diluvio di immagini e di parole ci stordisce e ci allontana dalla nostra vera identità. La domanda di speranza cresce, ma molti si perdono per strada. Eppure oggi siamo condannati all’etica; non più a chiederci, come avviene nel mondo economico, è utile o non è utile, ma è giusto o non è giusto

18 dicembre 2004 | Luigi Caricato

Ho incontrato monsignor Ersilio Tonini nel novembre o dicembre 1992. Nella sagrestia del Bramante, presso i padri domenicani di Santa Maria delle Grazie a Milano. Allora mi impressionarono alcune sue lucide analisi sulla contemporaneità, valutazioni attualissime ancora oggi. Scrissi come estasiato un pezzo per il settimanale “Voce del Sud”, con grande soddisfazione per gli insegnamenti di un sacerdote ch’è in grado di comunicare soprattutto perché ha qualcosa da comunicare. Oggi sono trascorsi poco più di dieci anni da quell’incontro, la situazione generale è mutata, peggiorando sensibilmente. Ma è sempre la medesima forza che ci muove dal di dentro, occorre risvegliarla in noi e negli altri, in chi ci sta vicino. Perché allora non riascoltare quella voce? Natale è oramai prossimo e riproporre oggi il tema della speranza, in tempi così bui – indipendentemente dalla propria confessione religiosa o dal credo laicista a cui si è legati – non è certo fuori luogo, anzi...



I tempi attuali non ci lasciano molto tranquilli. Resta una domanda fondamentale: può ancora sopravvivere la speranza?
Quel che oggi sta accadendo è un insieme di segni indecifrabili. Si tende a uscire dal diluvio di immagini e di parole che riescono perfino a stordirci, a trascinare il cervello dalla parte di chi ha interesse a sedurci. Allora la domanda fondamentale è la stessa da sempre: c’è posto per la speranza?

C’è posto?
Alcuni dicono di no, anzi sono in tanti a dire di no. Persino nell’ambito della trinità laica libertà-uguaglianza-fratellanza non c’è più speranza. Ma la domanda fondamentale resta sempre la medesima: c’è speranza. E’ una domanda che viene su dalle cellule segrete del nostro essere, è una domanda che assume adesso proporzioni mondiali.

Anche la Chiesa ha da risolvere un dramma per nulla trascurabile: dover annunciare una speranza e non essere nel medesimo tempo in grado di annunciarla...
La Chiesa è nata come speranza, speranza che viene da Dio, ben fondata, che conta su una potenza che rimane intatta anche quando l’uomo si fa impotente. Sapere di portare questo messaggio, e trovarsi quasi impotenti ad offrirlo, ecco, sta qui la crisi.

Tutto ciò è stato anche il grido di Karl Barth, forse inascoltato. L’uomo ora è chiamato a riflettere sulla propria natura...
Sì, la situazione attuale porta a interrogare l’uomo sulle proprie radici. Oggi noi dobbiamo decidere chi dobbiamo essere, se l’uomo debba rimanere ancora il fine della creazione, l’interprete dell’universo.

Il posto dell’uomo nell’universo è oltretutto cambiato...
La trasmigrazione dei popoli porterà l’Europa a essere una miscela di popoli, di razze e di religioni. Una condizione che se non è preparata rischia di diventare esplosiva.

Si sta aprendo una visione nuova del mondo e dell’uomo?
Le nuove generazioni sono sfidate nella sostanza, perché oggi l’uomo ha la possibilità – sventrata ormai la cassaforte del Dna – di eliminare sì le malattie per sempre, ma anche di creare nuovi tipi umani. E’ una sfida immensa.

E i mezzi di comunicazione, intanto, sono oggi al centro di uno stravolgimento notevole...
I mezzi di comunicazione richiedono molte spese per sostenere la concorrenza, molti soldi per ottenere i quali bisogna puntare sulla pubblicità. Quest’ultima punta allora all’audience. Pertanto, se una trasmissione banale, inconsistente, crea audience, acquisisce subito diritto di cittadinanza. Poiché nel futuro, ma già adesso, è in gioco il destino dell’uomo, l’immagine dell’uomo, il valore costitutivo dell’uomo, non c’è dubbio che il giornalismo si trovi oggi di fronte a una sfida.

Intanto la Tv del nulla sta degradando le anime...
La Tv conta sulla voglia di impressionare soltanto, di ingigantire, di smuovere l’anima, di bloccarla, di contorcerla con la pura distrazione. E’ ingannevole, è disumana, certa Tv; è tempo perduto, è tempo che scoraggia, che degrada. Ma la Tv può offrire opportunità incredibili, se lo si vuole. In ogni caso, la capacità di fare buona Tv dipende dalla ricchezza della vita di una società.

A cosa occorre puntare, vista la realtà d’oggi?
Occorre pensare ai giovani, a giovani che non sfuggano alle battaglie della vita, a giovani preparati a non lasciarsene imprigionare dentro. Occorre che si gustino le cose inutili che non danno niente, occorre coltivare la pura gratuità. Scegliere l’anima e il gusto della scoperta del proprio mondo interiore, il gusto dell’invisibile, la scoperta e il vivere dell’invisibile. Ecco, dico queste cose perché da bambino ho avuto la fortuna di avere una madre che mi diceva: “ragazzo preparati, preparati...”. Ero povero, ma non c’era da invidiare i ricchi, perché potevo, coltivando l’anima, potevo dare molto di più, gustare molto di più.

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