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VERSO IL FUTURO, MA CON L'INCERTEZZA SUL PRESENTE

Ci sentiamo felici e tristi. Da una parte il carovita, con la difficoltà ad arrivare a fine mese. Dall'altra un assestamento con la tendenza a vivere "altrimenti", in un mix tra sobrietà e rischio. Più che il pessimismo pauperista sull'oggi, pesa lo scarso incentivo a sfidarsi per il futuro. Nell'acquisto della casa intanto i ceti medi trovano un rifugio

18 dicembre 2004 | Ada Fichera

Poche settimane ci separano, ormai, dalla notte in cui migliaia di bottiglie di champagne o di spumante saranno stappate per festeggiare il nuovo anno, tuttavia, sebbene i progetti per il futuro ed i propositi, che ogni anno avanziamo confidando nei successivi dodici mesi, si fanno numerosi ed in queste ore che da essi ci separano “affollano” i nostri pensieri, non possiamo di certo fare a meno di guardare, anche solo per breve tempo, a ciò che è solo un recentissimo passato ed in certi casi, ancora un presente.

Non entriamo nel merito riguardo alla difficile quanto delicata situazione internazionale, al terrorismo, ai problemi politici ed elettorali, semplicemente guarderemo ai molteplici aspetti che hanno caratterizzato l’anno che va a concludersi e soprattutto a quegli aspetti o a quei problemi che hanno influito sulla società italiana mutandone talvolta il suo agire e le sue abitudini.

Fra questi, che lasciano la loro traccia a lungo, e non per essere ripetitivi o per narrare sempre la solita difficoltà, è il problema economico. Per tutto il 2004 ed in particolar modo nella seconda metà dell’anno, il “caro prezzi” è stato perenne costante di giornali, Tg e quant’altro, in quanto compagno onnipresente dell’italiano che quotidianamente si è trovato a fare i conti per arrivare a fine mese.

Non si parla dell’italiano che ha avuto delle difficoltà per concedersi qualche “capriccio” ogni tanto, un viaggio, una serata in più, ma dell’italiano che tali disagi li ha trovati per acquistare l’essenziale, cioè alimentari, abbigliamento, beni di prima necessità, ecc…
Come dimenticare, poi, l’estate infuocata dal rialzo del petrolio, che ancor oggi fa sentire le sue conseguenze…!

Il 3 dicembre scorso, il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha pubblicato il Rapporto Annuale 2004, rapporto che vuole dare una chiara visione della situazione sociale del paese.
La prima lettura che ci giunge dal Censis è quella che riguarda la decisione di non aprire il Rapporto con l'abituale ricapitolazione degli eventi succedutisi negli ultimi dodici mesi (federalismo e nuovo ordinamento giudiziario, riforma pensionistica e riforma fiscale, appuntamenti elettorali europei e incubi da terrorismo diffuso, rapimenti o assassini iracheni, retorica sulla Carta costituzionale europea e lutti vissuti collettivamente). Il Censis non ritiene utile aggiungere la propria voce su tali eventi, anche perché ne dà un parere severo: non lasciano traccia reale, non fanno tessuto sociale, non fanno continuum storico.
La seconda lettura tende a focalizzare l’attenzione sul richiamo forte dei processi "di ieri e dell'altro ieri", i processi cioè che il Censis ha evidenziato negli anni: il sommerso, la forza della piccola impresa, la proliferazione del lavoro individuale, il peso determinante del localismo economico, il crescente carattere di medietà dei comportamenti di consumo, la tendenza a vivere "altrimenti" che nello sviluppo o nel declino, la ricerca di una più alta qualità della vita, la predilezione per l'insediamento nei piccoli comuni. Tutti processi che oggi permettono un periodo di assestamento visto come riaggancio alle lunghe derive di evoluzione, ivi compresa una forte tendenza ad una qualità dei comportamenti orientati ad una sorta di mix fra sobrietà e rischio.

Proprio la voglia di "vivere altrimenti" è tra gli aspetti più importanti, ma anche più interessanti, attualmente e per il prossimo futuro, per il benessere e la felicità della propria famiglia.
Il 49,4% degli italiani ha indicato la disponibilità di servizi di welfare fondamentali (ospedali, pensioni ecc.), il 20,3% un contesto urbano più vivibile, meno caotico, l'11,5% la disponibilità di beni e servizi a prezzi bassi. Il saldo tra ottimisti e pessimisti, sull'evoluzione della propria vita nei prossimi anni, era pari al 48% nel 2001, nel 2004 è sceso al 31%; se si considera che il 62% degli italiani ha migliorato la propria posizione sociale rispetto ai genitori, a testimonianza di una società abituata al dinamismo socio-economico, è chiaro che, più che il pessimismo pauperista, sul presente, pesa negativamente il ridotto incentivo a sfidarsi per il futuro.

Rimane invariata la “conquista” della casa. Ecco ripresentarsi l'ansiosa rincorsa dei ceti medi verso l'immobiliare, come la definisce il Censis. A fine 2004, secondo tale indagine, saranno 870.000 le abitazioni acquistate dagli italiani (910.000 nel 2003) con una spesa di 550 milioni di Euro per giorno lavorativo (132 miliardi di € su base annua). Il profilo degli acquirenti è molto eloquente: protagonista resta la famiglia (solo 8% single) che nel 67,8% dei casi si auto-colloca in una fascia economica media e per il 16,5% nella fascia medio-bassa; il 56,4% non ha fatto ricorso ad agenzie immobiliari ed il tempo medio di ricerca è stato di 7 mesi, ma più di un terzo ha impiegato solo 2 mesi; circa le modalità di pagamento ben il 37% dichiara di aver pagato l'intera cifra in contanti (il 41,4% al Sud); il 24% afferma di aver fatto ricorso al pagamento in contanti per più della metà dell'importo.

Le difficoltà economiche, come è ovvio, stanno ancora “facendo pagare il conto” agli italiani, e qui è proprio il caso di dirlo, fino alla fine dell’anno.
È di pochi giorni fa l’indagine Eurispes che testimonia il fatto che metà delle tredicesime degli italiani quest’anno sfumerà in bollette, tasse e mutui da saldare.
Per capire quanto l’allarme prezzi e il timore dell’impoverimento incidano sulle scelte d’acquisto degli italiani, l’Eurispes ha rivolto alcune domande ad un campione di 1000 cittadini (stratificato per sesso, classe d’età, area geografica).
Le prospettive non sembrano rosee: la quota maggiore (37,1%) manterrà il livello di spesa in linea con l’anno precedente, il 22,2% spenderà di meno e il 26,6% ancora non ha deciso. La percentuale più contenuta, pari al 14,1%, afferma che spenderà in più rispetto all’anno passato.

Da questi primi dati, si conferma la debolezza nei consumi delle famiglie italiane che non sembra scuotersi neanche con l’avvento del Natale.
Purtroppo, oltra la metà degli intervistati (52,2%) sarà costretta a fare delle rinunce, impiegando la propria tredicesima per saldare bollette, mutui, e debiti vari accumulati durante l’anno. Circa un italiano su quattro spenderà i soldi ricevuti nella tredicesima per l’acquisto dei regali natalizi e quote minori di intervistati riusciranno a prenotare un viaggio (3%), organizzeranno pranzi e cene (2,2%), compreranno addobbi vari (0,2%) o si concederanno il lusso di un veglione al ristorante (0,2%).

È da osservare che il 3,7% degli intervistati, previdente, ha destinato la tredicesima al risparmio come maggiore garanzia per un futuro incerto.
Il 23,2% degli intervistati, quest’anno, non farà regali e la maggioranza considera il dono un gesto simbolico, spendendo cifre piuttosto contenute. Nello specifico: l’8,6% spenderà complessivamente 50 euro al massimo, il 18,6% dai 51 ai 100 euro, il 30,2% dai 101 ai 250 euro, il 14,2% dai 251 ai 500 euro e solo il 5,1% più di 500 euro.
I regali natalizi degli italiani saranno orientati prevalentemente in due direzioni: da una parte si soddisferanno le aspettative dei più piccoli, che sperano nella venuta di Babbo Natale, (il 29,2% acquisterà giocattoli) e dall’altra si preferirà scegliere cose utili come maglioni, scarpe (il 24,5% acquisterà articoli di abbigliamento). E’ anche questo sintomo del disagio economico cui devono far fronte le famiglie italiane.

E allora? Italiani depressi? Non proprio, o meglio, non del tutto.
Per certi versi di fronte a questa situazione certo non c’è da stare allegri, ma è qui che subentra dunque l’esser felici con poco.
La felicità non sta del resto nelle cose materiali, ma in qualcosa di più grande e cioè gli affetti, la salute…
Il 3 dicembre scorso uno studio pubblicato su “Science” da un’equipe di psicologi, sociologi ed economisti dichiara, che gli italiani non mettono in primo piano, fra i loro maggiori interessi, il denaro.
Questa ricerca americana testimonia che il momento più felice della giornata è quello in cui il singolo trascorre del tempo con gli amici, o pranza con i colleghi, sta insieme al proprio coniuge o cucina nella tranquillità della propria casa per un pasto importante. Tra i momenti più infelici, o tristi, come dir si voglia, si registra il tempo che si passa in auto da soli per recarsi sul posto di lavoro o uno scontro con il proprio superiore al lavoro.
Come si può vedere, non si fa minimamente cenno al fattore economico; piuttosto sembra invece pressante, da questa ricerca, la preoccupazione del tempo.
Pare si faccia molta attenzione all’enorme importanza del tempo, che è in realtà la risorsa che manca maggiormente un po’ a tutti e soprattutto, il punto è la qualità del tempo, cioè come viene usato, come viene speso il tempo nella vita di ogni giorno.
Stando a tutto ciò, gli italiani dovrebbero avere altre preoccupazioni maggiori rispetto alle difficoltà economiche che puntuali si presentano ogni giorno.
Ma avranno ragione gli studiosi americani? Vogliamo augurarcelo, ed è forse l’augurio che possiamo fare per il nuovo anno a quanti stanno facendo i conti per “rimanere a galla”.

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