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SEMPRE PIU' SOLI, SEMPRE PIU' TRISTI. SONO I NOSTRI GIOVANI
Tanti gli adolescenti che ricorrono oggi al conforto dello psicanalista, o addirittura all'uso di farmaci per curare depressione e ansia. Se la generazione degli ultimi anni è sempre più aggressiva ed egocentrica, ma anche silenziosa e triste, talvolta demotivata, non è senza una ragione recondita. Le cause sono molteplici
27 novembre 2004 | Ada Fichera
Depressione, ansia, solitudine. Sono i disturbi a causa dei quali, un numero sempre maggiore di adolescenti, in Italia, ricorre agli psicofarmaci. E non siamo noi a dirlo, ma ci sono molte ricerche, universitarie ed interuniversitarie, che testimoniano come i giovani, in particolar modo nellâetà che va dai 12 ai 17 anni circa, finiscano spesso sul famoso lettino dello psicanalista o peggio, debbano ricorrere a farmaci o a consulto medico. Ricordiamo che nel 2001, quindi solo tre anni fa, erano già due milioni i ragazzi tra i 15 ed i 17 anni, ad essere vittime di ansia e solitudine.
Sono molteplici le cause. In grande evidenza la solitudine
Se la generazione degli ultimi anni è sempre più aggressiva, egocentrica o talvolta silenziosa, triste e demotivata, non è senza una ragione recondita, anzi forse le cause sono molteplici.
Prima di tutte è di certo la solitudine.
I ragazzi stanno gran parte del loro tempo libero davanti alla tv, o dietro il teleschermo di un computer o di un videogioco. Sì, parte di loro legge, anche, frequenta un corso sportivo, va al cinema o al teatro, non tutti sono pigre vittime della tecnologia, ma non è questo il punto.
Il loro problema è la solitudine, una solitudine fisica e morale.
Manca la gioia di stare insieme e confidarsi
Vivono in case vuote, con genitori sempre più assenti o non presenti per dialogare con i figli. à proprio il dialogo quello che manca: il comunicare le proprie sensazioni, il raccontare le piccole vicende quotidiane anche se non è presente alcun particolare problema, la gioia di riunirsi intorno ad una tavola per pranzare insieme, per ridere, per dare sfogo alle proprie emozioni, per commentare talvolta le tragiche notizie che apprendiamo dai telegiornali, per riflettere su queste in modo da comprendere meglio, perchè certe volte alcuni fatti vanno mediati. Pochi, i fortunati che oggi possono vantarsi di godere di questo tipo di quotidianità .
Nei regali il segno più insidioso dello star soli
Eâ condividendo il quotidiano, invece, che si costruiscono ogni giorno le coscienze, che si edifica lâavvenire, perché gli adolescenti di oggi, saranno gli adulti di domani.
Nella maggior parte dei casi, a soffrire di solitudine sono adolescenti appartenenti a famiglie di ceto medio-alto, che vivono da benestanti, che, sin da bambini, sono stati dunque abituati ad avere puntualmente ciò che chiedono e, non per eccessivo affetto o per troppa attenzione, ma spesso per sostituire unâassenza, che, in tal modo, silenziosa continua a dare origine alle sue più crude e gravi conseguenze. à significativa in proposito, una frase di Paolo Crepet, che afferma: âSpesso i regali sono la solitudine legata con un nastro dâargentoâ.
Giovani impreparati ai "no", ma la felicità non è un bene di consumo
Ecco il sentirsi soli, in una gabbia seppur dorata e contornata da tanto perbenismo, dove lâunica compagnia è quella di oggetti: una scatola parlante, un telecomando che permette di gestire immagini e soggetti colorati, perfetti, ma altrettanto freddi ed inutili; oppure nella migliore delle ipotesi, si rimane in compagnia di coetanei, unâunione giustissima, diremmo necessaria, ma che tuttavia non completa, non basta.
Non basta a creare la base solida per affrontare le difficoltà del futuro. I giovani sono impreparati ai ânoâ, crescono nellâillusione che la felicità sia un bene di consumo che gli è comunque dovuto, disposti ad entusiasmarsi per unâimpresa solo qualora questa sia connotata dallâimpossibile, perché incapaci di gioire del poco, non predisposti allâimpegno ed al sacrificio.
Occorre acquisire la cultura del sacrificio
Un ânoâ ogni tanto, una piccola delusione, senza esagerare, unâoccasionale privazione, vanno definendosi, al contrario di quanto possa credere il sentire comune, come unâesperienza formativa fondamentale.
Lâessere demotivati è conseguenza anche di un altro problema, che non risiede nella microsocietà della singola famiglia, ma che abita allâinterno dellâintera comunità : la società non chiede più nulla ai giovani.
Nel nostro âbel paeseâ, ci si cimenta in decreti che prolunghino i termini dâetà per la pensione, in politiche per la Terza età o per chi già lavora, ma difficilmente e di rado, qualcuno si preoccupa dellâoccupazione dei neo-laureati, nessuno inventa un progetto, unâimpresa, una nuova ricerca per mezzo delle quali si coinvolgano i giovani occupandoli. E non continuiamo ad affermare che debbano essere loro ad âingegnarsiâ, perché, quasi sempre, qualora qualcuno creativo e di buona volontà lo faccia, viene messo davanti a tali e tante difficoltà da rendere lâimpresa impossibile.
Un muro di diffidenza
LâItalia, e dispiace dirlo, è un paese vecchio! E non vecchio, perché conta molti più anziani che nascituri o giovani, ma vecchio di mentalità !
Infatti, al di là delle pratiche ed oggettive difficoltà , nelle circostanze più benevole, il giovane trova davanti a sé il muro della diffidenza, che spinge i più adulti a non credere in lui, poiché ancor privo di esperienza. à vero e scontato che è importante unâesperienza lavorativa, che migliora e qualifica ulteriormente, ma non è il solo indice di capacità e di bravura; esistono altre competenze ed altre potenzialità , che mai si esprimeranno se nessuno ne darà possibilità . E poi, riflettiamo un attimo, quando nascerà la cosiddetta esperienza, se nessuno dà la possibilità di crearsela? E allora, che prospettiva hanno i giovani del terzo millennio? Lâovvia risposta è la solitudine dellâinattività , del non poter realizzare quanto appreso ed assimilato in tanti anni di faticoso studio.
Un vuoto di futuro
Scrive Silvia Vegetti Finzi in Lâetà incerta: âIn questo vuoto di futuro, i ragazzi si sentono soli ed oscillano tra fantasie meravigliose e sentimenti di vuoto e di noiaâ.
Genitori non presenti, un futuro più sognato che realizzabile, lâindifferenza di chi ânon prende di pettoâ la questione, ma ne analizza i contorni.
In questo stato di solitudine, i giovani sono esposti a tanti problemi che conducono allâuso degli stupefacenti, che promettono la visione di un mondo diverso, migliore, che nellâallucinazione di unâora di euforia, portano alla dipendenza che fa entrare in quel tunel buio e a volte privo dâuscita, che è la droga.
La solitudine porta anche alla creazione di un immaginario sbagliato, fatto di falsi idoli, di modelli che pubblicizzano un utopico benessere basato sullâimmagine e sulla bellezza fisica. Un ideale, questo, che spesso trascina molte adolescenti verso lâanoressia, seguendo la ferma convinzione che il bello equivale al magro, ad una magrezza eccessiva e scheletrica.
Con uno sguardo aperto al domani
Affinché questa analisi, come tante altre, non cadano nel vuoto, e non rimanga un insieme di inermi parole, sebbene scritte con lâinchiostro del cuore e della profonda meditazione, aspettiamo, con lâaugurio che non tardi ancora molto ad arrivare, un messaggio di sicurezza, di fiducia e di speranza, da parte di quanti, così operando, dimostrino una reale maturità , stando più vicini a coloro che devono ancora crescere, creare e che hanno, dunque, bisogno di un esempio, di una guida.
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