Legislazione 19/05/2017

Espropri per pubblica utilità, la normativa e la Corte Costituzionale

Espropri per pubblica utilità, la normativa e la Corte Costituzionale

La normativa sugli espropri è sempre stata contraddistinta da una notevole difficolta interpretativa. Più volte il legislatore è intervenuto, come anche i giudici. Le novità dopo la sentenza della Corte Costituzionale 71/2015


La normativa sugli espropri è sempre stata contraddistinta da una notevole difficolta interpretativa tanto che il legislatore è più volte intervenuto per correggere, modificare e/o integrare il Testo Unico (T.U.) attualmente in vigore, il D.P.R. 327/2001.

Uno degli aspetti più problematici era rappresentato dall’esigenza di porre fine a situazioni derivanti da occupazioni senza titolo, da parte dell’autorità espropriante che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, nel caso di trasformazioni irreversibili del bene, contemplata fin dall’origine dal D.P.R. 327/2001 nell’art. 43 - Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico.

In tali situazioni la giurisprudenza di legittimità aveva elaborato gli istituti dell’occupazione appropriativa ed usurpativa.

La sostanziale differenza tra le due fattispecie è che l’occupazione appropriativa è caratterizzata dalla mancata conclusione del procedimento espropriativo con il decreto di esproprio, mentre l’occupazione usurpativa si contraddistingue per la trasformazione del fondo in assenza della dichiarazione di pubblica utilità (sia all’origine sia in seguito ad un intervento legislativo che l’ha annullata o per l’avvenuta scadenza dei termini).

Ma l’articolo 43 del D.P.R. 327/2001 è stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 293 del 2010 ed è oggi sostituito dall’art. 42 bis - Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico - introdotto nel T.U. dall’art. 34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011, n° 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1, della L 15 luglio 2011 n° 111.

Preliminarmente occorre evidenziare come l’articolo 42 bis trasformi un atto illegittimo, quale è l’occupazione senza titolo, in un atto legittimo; scompare quindi il risarcimento del danno subito per il proprietario del bene, previsto dal precedente art. 43, oggi dichiarato anticostituzionale, che viene sostituito da un indennizzo.

Il nuovo articolo 42 bis, rappresenta un’evoluzione dell’art. 43 (sentenza della Corte n° 293 del 2010) e, negli anni immediatamente successivi alla sua introduzione, sono sorti numerosi dubbi e diverse interpretazioni sulla sua corretta applicazione.

In particolare tra i principali punti più controversi dell’art. 42 bis vi erano, a parere di numerose Corti e Tribunali:
- la rivalutazione del bene;
- l’indennizzo proposto era inferiore a quello spettante nei casi di espropriazione legittima;
- la stima differenziale;
la percentuale per l’indennità di occupazione era inferiore a quanto previsto dall’art. 50 del T.U.;
La Corte Costituzionale con la sentenza n° 71, del 30/04/2015, ha finalmente chiarito molteplici dubbi sull’interpretazione ed applicazione dell’art. 42 bis del D.P.R 321/2001, eliminando in modo puntuale e preciso tutti i dubbi di legittimità costituzionale con particolare riferimento punti sopra esposti.
Infatti. la sentenza sopra citata analizza ed esamina i numerosi dubbi emersi, nei primi anni di applicazione, sulla legittimità costituzionale dell’articolo 42 bis del T.U. e spiega in modo chiaro e puntuale le molteplici applicazioni dell’articolo.

Con riferimento ai punti precedentemente indicati:

- la rivalutazione del bene
Spiega la sentenza perché non è più necessario effettuare la rivalutazione del bene oggetto dell’acquisizione da parte della Pubblica Amministrazione.
Evidenzia come il comma 1, dell’Art. 42 bis, attribuisca, al proprietario del bene oggetto dell’acquisizione sanante, un indennizzo pari al valore venale del bene al momento in cui viene emesso Il provvedimento di acquisizione, cioè a prezzi correnti e, pertanto, la determinazione del valore venale rende non necessario effettuare la rivalutazione del valore del bene all’attualità.

- l’indennizzo proposto era inferiore a quello spettante nei casi di espropriazione legittima
Sottolinea sempre il comma 1, dell’Art. 42 bis, “che spetta al proprietario un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene”.
Cioè rispetto alla liquidazione di un ordinario procedimento espropriativo viene corrisposto al proprietario un indennizzo, per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, del 10 % sul valore venale del bene, senza la necessità di una dimostrazione che tale danno si sia effettivamente verificato, e quindi non solo il bene oggetto dell’acquisizione viene pagato a prezzo di mercato ma subisce un ulteriore incremento del 10% non previsto dall’art. 43 dichiarato anticostituzionale.
Inoltre, rileva la Corte che l’art. 42 bis rende inapplicabile il 1°comma dell’art. 37 del T.U. escludendo, pertanto, la riduzione del 25% prevista per le espropriazioni finalizzate ad interventi di riforma economico – sociale.

- la stima differenziale
Chiarisce che l’Art. 42 bis non esclude la stima differenziale prevista dall’art. 40 della L 2359 del 25 giugno 1865, ma la contempla.
Infatti, il comma 1 dell’art. 42 bis, basandosi il valore del bene da indennizzare sul valore venale, consente di ricondurre al suo interno (valore venale) qualunque sistema di calcolo per l’individuazione di tale valore includendovi sia le colture effettivamente praticate, i soprassuoli ed eventuali deprezzamenti dei suoli residui (Art. 33 del T.U.).

- la percentuale per l’indennità di occupazione era inferiore a quanto previsto dall’art. 50 del T.U
Mette in evidenza che pur essendo l’indennità di occupazione illegittima calcolata con una percentuale inferiore a quanto previsto nel caso di un processo espropriativo legittimo, il comma 3 dell’art. 42 bis “contiene una clausola di salvaguardia in base alla quale viene fatta salva la prova di una diversa entità del danno”.
Pertanto, non viene esclusa una percentuale di danno maggiore ma in questo caso, contrariamente a quanto previsto dal 1° comma dell’art. 42 bis in cui si riporta che “spetta al proprietario un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale”, pari al 10%, da non dimostrare, nel caso dell’indennità di occupazione il maggior danno, rispetto alla percentuale prevista, deve essere dimostrato.

di Roberto Accossu