L'arca olearia 20/01/2017

Prepariamoci a un gran cambiamento per i consumi di olio extra vergine di oliva al ristorante

Prepariamoci a un gran cambiamento per i consumi di olio extra vergine di oliva al ristorante

Servire l’olio a tavola presenta molte insidie. Come creare l’opportunità di far sentire il cliente protagonista di una scelta senza sottrarre allo Chef la responsabilità della riuscita del piatto?


Per gli oli di eccellenza è giunto il momento di issare le vele e partire verso il mare aperto, lasciando il porticciolo del “prodotto di nicchia”.

La simultanea pubblicazione di due interventi (ndr sullo scorso numero di Teatro Naturale), che mi auguro siano profetici, è il segno di un vento nuovo che si sta sollevando.

Filippo Falugiani, Presidente di AIRO, ha dichiarato che ormai ci sono gli spazi per tramutare l'extra vergine di eccellenza da un costo a un profitto nella ristorazione. Al suo contributo fa eco l’apporto di Piero Palanti che spiega come l'olio extra vergine di oliva di eccellenza non possa essere gratis al ristorante.

Questo approccio era stato più di una volta sussurrato, vederlo per iscritto è un passo decisivo anche a tutela dei produttori che sulla bottiglia d’olio al ristorante mettono il proprio nome, l’esperienza, la fatica di creare un ingrediente che offra al consumatore una dimensione esperienziale.

Chi si occupa di cultura dell’olio dovrebbe pronunciare ai neofiti dell’assaggio queste parole come un mantra: “Berreste dal ristorante l’acqua minerale presa da una bottiglia poggiata sul tavolo di un altro commensale? Potreste godere di un pranzo se il calice di vino provenisse da una bottiglia aperta da tempo in cui i profumi del vitigno e della vinificazione sono stati ormai sostituiti da uno spunto d’aceto?”.

Ho sempre pensato che il primo danno di un olio maltrattato al ristorante fosse proprio per l’azienda produttrice. Chi produce oli di eccellenza compie uno sforzo fuori dal comune per raggiungere il risultato, portare nella bottiglia il meglio della propria esperienza e del proprio lavoro. E come per un artista, il bravo frantoiano sta legando il proprio nome alla bellezza ed alla perfezione dell’opera che ha concepito. Se l’olio già aperto al ristorante perde i profumi arricchendosi di qualche eventuale difetto (anche assorbendo dall’ambiente odori estranei), è come se l’opera artistica perdesse l’identità di chi l’ha creata, privando chi consuma dell’opportunità di vivere una esperienza sensoriale unica e singolare, e privando e il produttore del riconoscimento del suo talento.

Se il vento si sta sollevando occorre però costruire le competenze per guidare la nave verso la giusta direzione, per non perdere l’opportunità del vento in poppa o addirittura per non rischiare che brusche e inesperte manovre mettano in pericolo la barca ed i passeggeri.

Far pagare l’olio al ristorante è un atto sacrosanto che non deve rivelarsi un boomerang per il ristoratore.

L'essere umano è poco incline ai cambiamenti, ed è sempre lì ancorato alle sue abitudini, buone o cattive che siano.

Gestire in modo efficace un cambiamento significa far acquisire consapevolezza a chi lo dovrà subire attraverso strumenti che offrano l’opportunità di comprendere.

Nella mia esperienza personale amo molto che l’aggiunta dell’olio a crudo avvenga sul piatto, quando è ormai già sul tavolo. Quando l’olio a crudo è aggiunto in cucina mi sento sempre defraudata di un privilegio. Il momento migliore ed irripetibile, dal punto di vista della gratificazione edonistica, corrisponde a quei brevi secondi in cui le prime gocce d’olio cadono sul piatto, preferibilmente caldo, e le molecole volatili a basso peso molecolare si liberano investendoti il volto e penetrando nelle narici. È lì che nel cervello si crea una aspettativa avida di gusto che desidera essere soddisfatta attraverso l’assaggio. Al contrario, quando l’olio è difettato, è quello il momento terrificante in cui i difetti si esaltano e l’entusiasmo di mangiare viene spento sul nascere.

Quando l’olio è aggiunto in cucina, la frazione più gustosa, che potremmo chiamare “la parte degli Angeli”, che si libera in alto verso l’aria, è persa nell’attesa del servizio e nel percorso del piatto verso il tavolo.

Servire l’olio a tavola presenta molte insidie. Ritengo che il modo migliore per stuzzicare la voglia di sperimentare in chi consumerà il piatto consiste nella capacità di stimolare la curiosità per poi soddisfarla. La soluzione della Carta degli Oli, seppur molto sollecitata, rappresenta un mezzo per il quale i tempi probabilmente non sono ancora maturi, per mancanza di una conoscenza ed una cultura dell’olio consolidata e robusta nei clienti. Cultura che può avvalersi dei ristoratori quali perfetti ambasciatori del prodotto.
La principale critica che molti chef fanno alla carta degli oli è pienamente fondata: se l’olio è un ingrediente, la sua scelta, che deve rappresentare qualitativamente e quantitativamente un elemento di equilibrio nei confronti degli altri elementi del piatto, spetta solo allo Chef. Il cliente medio non possiede le competenze per una scelta consapevole, tale da non danneggiare imprudentemente il progetto concepito e realizzato con perizia in Cucina.

Come creare l’opportunità di far sentire il cliente protagonista di una scelta senza sottrarre allo Chef la responsabilità della riuscita del piatto? Io partirei da una scelta semplificata.

Una prima scrematura basata sull’intensità del fruttato. Se ad una preparazione gastronomica ben si adatta un fruttato medio, il responsabile di sala potrebbe offrire la scelta tra tre differenti prodotti accomunati dalla medesima intensità, che si differenziano per cultivar o origine. Così si creano gradi di libertà all’interno di un confine delimitato. E se il gioco della curiosità si innesca, e l’olio è offerto in bottigliette sigillate della capacità di 50-100 ml, potrebbe scattare la tentazione della sperimentazione e della scoperta, che attraverso la caccia alle differenze potrebbe rendere dinamico e divertente il pranzo tra i commensali. La bottiglia a dimensione di borsetta, che si può portare a casa, diventa un elemento di marketing potente. Consente di rivivere, seppur parzialmente, l’’emozione, stimolando il desiderio di ricercare nel mercato il prodotto che ci ha soddisfatti, grazie al fatto che l’etichetta crea un legame di memoria tra cliente e produttore.

Per un percorso così fatto diventa decisivo il ruolo della Sala. L’olio deve superare la sua dimensione di prodotto tangibile e deve arricchissi del suo valore immateriale. In questo modo l’esperienza gastronomica consentirà, attraverso la narrazione, di ripercorrere idealmente un territorio, assaporandone gli elementi del paesaggio rurale, condividendone la storia e la cultura, facendone rivivere la tradizione ed il folclore.

Narrare il prodotto assume una valenza psicologica non frequentemente contemplata. Significa interrompere il ritmo frenetico della vita quotidiana per il tempo di soddisfare i cinque sensi:
-Ascoltare un racconto;
-Osservare il piatto nei suoi volumi, forme e colori;
-Pregustare il sapore in un crescendo di desiderio stimolato dall’aggiunta di una “croce d’olio” al piatto;
-Annusare i profumi che si sprigionano;
-Soddisfare l’attesa attraverso l’assaggio che concederà al gusto ed al tatto, nella bocca, di essere enfatizzati dalle percezioni acustiche stimolate da quegli elementi croccanti eventualmente aggiunti alla preparazione.

Molti ristoratori temono che una ulteriore voce di spesa al menù scoraggi i clienti. Eppure guardando alcune ricevute è possibile scoprire che a volte il pane è contabilizzato come voce a sé stante, ed è possibile pagare una acqua minerale fino ad 8 euro o una birra anche 10 euro ed oltre. Tuttavia come dice un detto popolare: Dove c’è gusto non c’è perdenza!

di Maria Lisa Clodoveo

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Commenti 10

maria lisa clodoveo
maria lisa clodoveo
24 gennaio 2017 ore 21:58

Siamo come nani sulle spalle di giganti. I giganti sono coloro che ci hanno fatto strada, precedendoci, così che possiamo vedere lontano, non per l’altezza del nostro corpo o per l’acutezza della nostra vista, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla loro statura. Questa citazione di Bernardo di Chartres e una buona metafora dell’ultimo commento. Se ha già funzionato la bottiglia monouso, e ha generato un circolo virtuoso, significa che è una strategia matura, e che la direzione è tracciata. Buona serata a tutti, Maria Lisa

Donato Galeone
Donato Galeone
24 gennaio 2017 ore 20:19

La bottiglietta monouso sigillata offerta al tavolo, usata e portata a casa, è stata sperimentata dall' Agricola Peronti Lucia di Vallecorsa dal 2006 pur con scarso interesse dalla ristorazione lungo l'Autostrada Roma-Napoli tra Ferentino-Frosinone-Anagni. Molto, invece, coinvolse la curiosità di un giovane americano occupato presso la Nato di Napoli fermatosi nel ristorante Bassetto di Ferentino. Aperta la bottiglietta, assaggiato l'olio chiese dove acquistarlo,
Telefona a Vallecorsa e Luigi Colandrea rappresentante legale dell'Agricola Peronti offrì 10 litri di olio extravergine, premiato nel 2006 all'Ercole Olivario Lazio per il massimo quantitativo di polifenoli. Luigi consegnò, gratis, una diecina di bottigliette sigillate (0,40) al giovane militare e suoi amici per i consumatori americani. Il contatto nell'annata olivicola successiva continuò con la visita degli oliveti terrazzati di Vallecorsa Quella visita vallecorsana fu integrata da un servizio tele foto report di ripresa paesaggistica da far conoscere negli USA.. Racconto casuale ? Certamente ma è avvenuto mediante una bottiglietta monouso di olio extravergine italiano, etichettato e certificato di alta qualità che, a mio avviso, dovrebbe diffondersi nella ristorazione, superando l'obbligo dell'uso dell'olio in bottiglietta a tappo anti rabbocco, giacente a tavola e aperto da giorni, privato degli odori del succo di oliva.

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
22 gennaio 2017 ore 19:30

Se la bottiglietta è monouso, quindi sigillata, e da portare a casa a fine pasto, direi non serve il tappo anti rabbocco.
Essendo il contenuto garantito dal sigillo di apertura, che è di gran lunga più sicuro di qualunque sistema di anti rabbocco.
Il semplice tappo sigillato, fa calare di molto il costo della bottiglietta.
Ovviamente a casa se il contenuto meritevole, fisserà nella mente un marchio, produttore, ecc.
Mi capita di vedere ristoranti anche di qualità, che hanno da lungo tempo una fila di bottiglie da mezzo litro aperte, per quanti sono i tavoli.
Pare organizzazione, ma il risultato è spesso la rovina di un'eccellenza.
Se solo il ristoratore anche senza passare alle monouso, riuscisse a far girare la bottiglia per non più di una decina di giorni, molti palati esigenti ringrazierebbero.

Rocco Gaudioso
Rocco Gaudioso
22 gennaio 2017 ore 19:20

Gentilissimi,
come sempre, per fare bene e raggiungere l'obbiettivo, dovete coinvolgere tutti competenti e responsabili dei vari passaggi.
Produttori, assaggiatori (Fisar, AIS, ecc.), scuole alberghiere, resp. marketing., ecc..
il progetto è grande. Coinvolgete anche i produttori di vino, i caseari, i salumieri, ecc..ogni prodotto artigianale è vivo, ricco di storia, profumi, sensazioni, ogni uno con i giusti abbinamenti, la giusta conservazione e servizio.
Buon lavoro

Giuseppe Salone
Giuseppe Salone
22 gennaio 2017 ore 17:25

"La bottiglia a dimensione di borsetta, che si può portare a casa, diventa un elemento di marketing potente."
Questa semplice idea potrebbe davvero rivelarsi una soluzione vincente sia per il produttore, che fa conoscere il proprio prodotto, sia per il ristoratore, che si differenzia offrendo qualità ed originalità, che per il cliente, che inizia a scoprire la bontà degli extravergini.
Il cambiamento che parte dalla tavola è quello più efficace.
Noi di oiltogether.it apprezziamo e condividiamo in pieno.
Giuseppe Salone

STEFANO CAROLI
STEFANO CAROLI
22 gennaio 2017 ore 13:24

Gent.ma Maria Lisa, innanzi tutto voglio ringraziarti per aver aperto una discussione su un tema che ci coinvolge direttamente, ma credo molto interessante anche per tutti i cittadini che sicuramente hanno il diritto di poter apprezzare e contribuire alla valorizzazione del ns patrimonio olivicolo Italiano, e vengo subito alla domanda! il prezzo medio di una bottiglia v/s tappo antirabbocco 0,100 €. 1,90 - la ns. associazione A.F.P. sarebbe disponibile ad un incontro su ogni territorio tra i ristoratori e ns. associati della zona per un progetto di cooperazione e valorizzazione delle ns. accellenze.

maria lisa clodoveo
maria lisa clodoveo
22 gennaio 2017 ore 12:06

Ringrazio il dott. Gaudioso per il commento che apre ad una questione spinosa come la modalità di conservazione dell'olio al ristorante.
Soprattutto d'estate, mi è capitato di vedere a tavola bottiglie molto curate dai produttori nella scelta del prodotto e del packaging,ma servite a temperature a dir poco improponibili, praticamente bollenti, segno di scarsa attenzione verso il valore dell'ingrediente/condimento che si propone al cliente.
Non è solo la temperatura di servizio, ma anche l'uso di numerose bottiglie da 500 ml aperte contemporaneamente, e che rischiano di rimanere in uso anche un paio di mesi dal momento dell'apertura.
In questo senso anche il carrello degli oli può essere controproducente poichè significa che ogni bottiglia resterà aperta per un periodo indecifrabile, perdendo i caratteri di diversificazione dei prodotti legati alla cultivar, alle pratiche agronomiche, e ai processi di trasformazione, che sono proprio gli elementi che hanno motivato il ristoratore a creare un'offerta differenziata.
Mi capita spesso di insegnare durante i corsi di formazione ed aggiornamento dei frantoiani come gestire in maniera ottimale lo stoccaggio e l'imbottigliamento, pratiche indispensabili per preservare la qualità, e che incidono, se ben condotte, sui costi finali del prodotto. Ma a che serve tanto lavoro se poi, come dice Rocco Gaudioso, non si presta la giusta attenzione in sala?

maria lisa clodoveo
maria lisa clodoveo
22 gennaio 2017 ore 11:50

Caro Stefano, La ringrazio dell'intervento. Approfitto della Sua disponibilità perchè l'articolo è stato condiviso su facebook centinaia di volte, ed i commenti si sono moltiplicati.
Tra le resistenze ad un cambio di paradigma, un aspetto che preoccupa particolarmente i ristoratori è il costo che un olio in un packaging da 100 ml vetro scuro e tappo anti-rabbocco potrebbe avere.
Considerato il ruolo che riveste come presidente dell'Associazione Frantoiani di Puglia, La prego di darci una idea di massima del costo medio di una bottiglietta. Questo potrà essere confrontato con altri costi che il cliente sostiene usualmente. Senza ricorrere ad una voce particolarmente onerosa come la scelta di alcune etichette di pregio dalla carta dei vini, nessuno ormai si stupisce di pagare 10-15 euro una birra artigianale. In alcuni ristoranti iniziano a comparire le carte delle acque, ed è possibile pagare l'acqua minerale anche 8-15 euro. Iniziamo quindi a riflettere sulla cifra e su quanto inciderebbe sul conto per sviluppare strategie di marketing consapevoli ed efficaci.

Rocco Gaudioso
Rocco Gaudioso
21 gennaio 2017 ore 11:55

Gentilissimi,
pranzo e ceno al ristorante in media 7 volte a settimana, in giro per tutta l'Italia, laddove esploro posti nuovi, quindi non conosco il ristorante, mi affido alle GUIDE.
Condivido pienamente il progetto, altrimenti sarebbe come chiedere il "vino locale dell'oste".
In questi anni, tutti i produttori di olio ma anche di vino, hanno investito molte energie raggiungendo ottimi livelli qualitativi. Ma, in effetti, c'è tanto da fare ancora, sia per l'olio sia per il vino, nell'educare i ristoratori alla conservazione e servizio prodotti. Molto spesso, vediamo bottiglie d'olio unte, ancora rabboccate, alterato, vini che in cantina sono un incanto, ma conservati male!!
Per avere e ottimo prodotto, tal quale in tutto il suo naturale periodo di vita/invecchiamento, nel passato i produttori credevano fosse importantemente avere un ottimo frutto, poi hanno capito che bisognava essere bravi nella trasformazione e nel confezionamento, oggi devono prestare attenzione alle condizioni in cui sarà conservato e al servizio perché siano nel tempo apprezzati.

STEFANO CAROLI
STEFANO CAROLI
21 gennaio 2017 ore 10:04

Condivido quanto esposto dalla prof.ssa Clodoveo e Vi posso garantire (come rappresentante della categoria) che Molti frantoiani produttori di olii eccellenti sono pronti a collaborare con la ristorazione per il cambiamento e dare il giusto valore a un prodotto nobile come l'olio extravergine di oliva.

STEFANO CAROLI