L'arca olearia 18/11/2016

La grande sterzata: nasce l'olio extra vergine d'oliva “con prodotto italiano”

La grande sterzata: nasce l'olio extra vergine d'oliva “con prodotto italiano”

Se l'olio extra vergine di oliva italiano è poco e caro, se la miscela di oli comunitari è ormai inflazionata, ecco la soluzione: l'olio extra vergine di oliva “con prodotto italiano”. Chi ci guadagna e chi ci perde in questa operazione? Come reagirà il mercato? E il consumatore nazionale e internazionale?


La campagna olearia è in corso e c'è molta preoccupazione perchè purtroppo le previsioni più pessimistiche stanno diventando realtà. L'olio italiano sarà poco e i prezzi, infatti, stanno schizzando alle stelle.
In un quadro complesso, preoccupante e di tensione si sono aggiunte le dichiarazioni, riportate su IlSol24Ore, di David Granieri, presidente di Unaprol e di Andrea Carrassi, direttore di Assitol. Nell'articolo si evidenziava un sostanziale sdoganamento, da parte del presidente Unaprol, dei blend di oli di diversa provenienza, con la possibilità di valorizzare quelli che contenessero una percentuale, il 30%, di olio italiano. In molti vi hanno letto la volontà, infatti subito felicemente salutata dal direttore di Assitol, di dare una patente di italianità ai blend di diverse provenienze, purchè contengano olio italiano.

L'articolo ha provocato un piccolo maremoto nel mondo dell'olio tanto che sono immediatamente intervenuti i presidenti di Cno (Gennaro Sicolo), Unasco (Luigi Canino) e Unapol (Tommaso LoIodice): “riteniamo che la filiera dell'olio extravergine di oliva italiano debba essere espressione dell’identità e della qualità del 100 per cento “made in Italy”. E ancora: “Riteniamo che la qualità dell’olio extravergine di oliva 100% italiano, per le caratteristiche organolettiche che esprime è un patrimonio del nostro Paese. Diluirlo significherebbe vanificare tutto il lavoro sulla qualità condotto nel corso degli ultimi anni dalle singole organizzazioni di produttori, invertendo la rotta.

Un sollevamento che ha costretto David Granieri a una precisazione: “nessun tentativo di dare patente di italianità a blend di oli extra vergine che non contengano oli di vera origine Italiana". Il progetto, però, esiste: “solo negli USA ogni anno l'80% di 120 mila tonnellate di olio importati dall'Italia appartengono alla categoria dei blend. Se riuscissimo attraverso un accordo di filiera a far aumentare la quota di olio italiano nei blend sarà un modo per nobilitare la presenza del Made in Italy nel mondo e sui mercati con alto potere di acquisto; remunerare le nostre imprese, ma soprattutto limiteremmo contraffazioni dell'origine di prodotto. Il tutto avverrà nell'ambito di un accordo interprofessionale che impegni chi vende e chi compra a monitorare il mercato.”

Non una smentita o una rettifica, quindi, ma una precisazione su un progetto, non ancora condiviso dall'intera filiera ma comunque in itinere.

Il progetto: olio extra vergine di oliva “con prodotto italiano”

Sugli scaffali, insomma, potrebbe comparire un olio con il bollino “con prodotto italiano” o qualcosa di analogo.
E' vero che nelle miscele di oli comunitari, talvolta, c'è una certa percentuale di olio italiano.
Perchè però evidenziare proprio la percentuale di olio italiano e non di quello spagnolo, greco o portoghese?
La spiegazione, ovviamente, sta nei prezzi. L'olio italiano di nuova produzione quota ormai 6 euro/kg mentre quello greco e spagnolo intorno ai 3,5 euro/kg. Con prezzi all'ingrosso simili a quelli del 2014/15, è probabile che avremo anche prezzi a scaffale non così dissimili. La differenza di prezzo tra una miscela di oli comunitari e un olio italiano potrebbe essere d 3-4 euro/kg, una forbice sufficiente a permettere l'inserimento di un altro segmento: l'olio extra vergine “con prodotto italiano”.

Ci si guadagna?

Immaginando di cristallizzare a questo momento le quotazioni all'ingrosso degli oli e indicando, sommariamente, in 75 centesimi al litro i costi di logistica, imbottigliamento ecc sostenuti dalle aziende, vediamo, anche alla luce di prezzi a scaffale del 2014, quale potrebbe essere il posizionamento del nuovo segmento e i margini di cui potrebbe godere. Tutti i valori sono espressi in euro al litro.

Il margine lordo dell'olio “con prodotto italiano” sarebbe quindi elevato, comparabile con quello del 100% italiano. Si nobiliterebbe, in termini economici, la miscela di oli comunitari, conferendo una marginalità che ormai ha perso, semplicemente con l'aggiunta di una goccia in più di olio italiano e la creazione di un segmento ad hoc. Una perfetta operazione di marketing.

La reazione dei consumatori italiani

Stante che i consumi di olio extra vergine di oliva sono stazionari e anzi in un tendenziale calo, quale spazio si conquisterebbe questo nuovo segmento? Secondo tutti gli esperti e gli analisti di marketing da me consultati, un olio “con prodotto italiano” eroderebbe quote di mercato proprio al 100% italiano.

La reazione dei consumatori stranieri

Olivicoltori e frantoiani italiani hanno impiegato anni, senza neanche completamente riuscirci, a spiegare la differenza tra “Made in Italy” e “Product of Italy”. Ora, proprio quando la FDA americana ha lanciato una campagna straordinaria di controllo sull'olio d'oliva ed è stato eletto il protezionista Donald Trump alla Casa Bianca, dovremmo spiegare che oltre al “Made in Italy” e al “Product of Italy” esiste anche il “With Italian olive oil”? Temo che il risultato possa essere una maggiore disaffezione verso quanto proviene dall'Italia per abbracciare ancor di più un “Made in Spain” ben chiaro, limpido e semplice.

Il progetto di un olio “con prodotto italiano” presenta moltissime criticità e incognite, solo alcune delle quali qui rappresentate. La speranza è che rimanga solo un “sogno di metà novembre”...

di Alberto Grimelli

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Commenti 4

Donato Galeone
Donato Galeone
21 novembre 2016 ore 11:24

E' una "sterzata" non solo da infantile marketing solo per tentare commercialmente di "fare cassa" ma che contraddice le verificate "eccellenze" dell'EVO 100% italiano pur se di quantità ridotte tra annate sfavorevoli e che, presto, debba etichettarsi, fregiarsi e sostenuto in "promozione istituzionale" solo qualificato e certificato "olio extravergine di oliva" prodotto e trasformato nei frantoi italiani (atteso piano olivicolo nazionale).

NICOLA BOVOLI
NICOLA BOVOLI
19 novembre 2016 ore 17:30

PIù che un sogno, caro Alberto, mi sembra un "incubo di metà novembre"

michele civita
michele civita
19 novembre 2016 ore 09:20

Come quasi sempre succede in Italia, vogliamo complicare e rendere ridicolo quello di ancora di serio si cerca di fare in questa nazione. Quest'anno la produzione di olio extra vergine di oliva in Italia ha raggiunto i minimi storici per cui si pensa già a risolvere il problema, spogliano il prodotto italiano con quello che oggi rappresenta sul mercato, dandogli una veste apparente a condizione che venga miscelato con altri oli. Credo in realtà che sarebbe un modo anche per innescare per i prossimi anni un meccanismo perverso per che andrebbe a penalizzare il ns. olio extra vergine di oliva 100% Italiano. Se solo pensassimo alle nostre aziende agricole che nonostante le tante problematiche continuano, con passione e tanta professionalità a coltivare e produrre un prodotto di qualità. Cerchiamo di dare a questi produttori la garanzia che il proprio lavoro non venga vanificato da decisione affrettate che aiutano solo chi non sa cosa significa produrre un solo chilo di olio di qualità.

Francesco Donadini
Francesco Donadini
19 novembre 2016 ore 08:24

Grimelli ha proprio ragione e Granieri ha "dimenticato" le regole del mktg, deprezzare un prodotto di qualità riconosciuto (EVO 100% Italiano) per nobilitare con un 30% quello da scaffale è un'idea sbagliata, i consumatori di qualità, quelli che oggi hanno capito il valore dell'olio come reagirebbero. Oggi nel mondo i prodotti rari e di qualità rendono! Invece quelli standard e di bassa qualità rendono e renderanno sempre meno! Siamo il paese dei prodotti "invidiati", quale vantaggio abbiamo a perdere questa opportunità riconosciuta? Lavoriamo per produrre sempre meglio e sempre più sostenibile e biodiverso, ci guadagneremo sempre di più! Il problema vero è che non sappiamo più vendere qualità, appiattiti dalla vendita del prezzo, molti hanno perso la bussola e non si rendono conto che solo la qualità e il cambiamento adeguato di mentalità sono e saranno vera fonte di reddito!