L'arca olearia 08/01/2016

L'olio d'oliva sembra davvero il cibo di Dio, perchè lasciarlo nelle mani dell'agromafia?

Il lungo reportage della CBS sull'inquinamento dell'agromafia nel mondo del cibo italiano si è concentrato a lungo sull'olio d'oliva. L'Italia, come mostrato da Bill Whitaker, ha gli anticorpi per fronteggiare l'assalto della criminalità organizzata al buon cibo italiano. Il meglio e il peggio del nostro Paese in un servizio visto da 12 milioni di americani


All'interno del programma 60 Minutes dell'emittente televisiva americana CBS, andato in onda il 3 gennaio e seguito da 12 milioni di americani, ben 14 minuti sono stati dedicati all'agromafia italiana.
Quando sono comparsi i primi trailer del programma la speranza è che non riemergesse il vecchio stereotipo: “italiani = pizza, spaghetti, mandolino e mafia.”

Bill Whitaker ha invece realizzato un buon servizio, calcando forse un po' la mano su alcuni aspetti scenici e scenografici, insomma un po' di colore nazionalpopolare a stelle e strisce, ma francamente mi aspettavo assai di peggio.
Quel che emerge dalla trasmissione, 60minutes agromafia food fraud, è un'Italia dove l'agromafia è ancora troppo presente nel sistema agroalimentare nazionale ma anche un Paese che ha gli anticorpi, sia nei sistemi di controllo sia nella società civile, per combattere questa piaga.

Bill Whitaker poteva essere certamente molto più duro con l'Italia. Gli sarebbe bastato leggere il terzo Rapporto Eurispes sulle “Agromafie. Rapporto sui Crimini Agroalimentari in Italia” per poter tratteggiare un quadro a tinte decisamente più fosche.
I risultati della Commissione Caselli, istituita presso il Ministero della Giustizia proprio per cambiare il sistema giuridico in tema di criminalità organizzata nel settore agricolo e alimentare, delineano una situazione ben peggiore di quella disegnata dal servizio della CBS.
Pochi giorni prima che andasse in onda il programma americano, proprio i ministro Martina e Orlando hanno festeggiato le nuove norme per combattere il caporalato che, notoriamente, è un sistema retto dalla criminalità organizzata.

Per nostra fortuna Bill Whitaker evidentemente ama l'Italia e il buon cibo italiano. A me personalmente è rimasta impressa la sua frase: “l'olio d'oliva sembra davvero il cibo di Dio.”
Non è una frase buttata a caso, specie se pensiamo alla puritana America.
Non è nemmeno un caso che la frase sia stata pronunciata presso il frantoio di Nicola Clemenza, tratteggiato come un eroe della società civile, per aver organizzato un gruppo di produttori siciliani ed essersi opposto alla mafia, pur avendo subito pesanti intimidazioni.
Belle immagini di metodi di raccolta un po' retrò, ma alla fine pochi messaggi chiari: l'olio extra vergine d'oliva deve essere profumato, un po' amaro e piccante.
Difficile che il grandioso primo piano di pane e olio non abbia fatto venire l'acquolina in bocca al pubblico.

Purtroppo le truffe esistono e pretendere che i giornalisti stranieri si autocensurino è pura utopia.
Interessante però l'esperimento di Bill Whitaker che ha comparto, dagli scaffali Usa, tre bottiglie d'olio tra i marchi più famosi e conosciuti, per poi sottoporli a un panel test italiano. Il risultato è quello che tutti si potevano attendere, due oli su tre non erano extra vergini.
Certo la miscelazione di oli di semi con clorofilla e un po' di aromi per ottenere un falso extra vergine d'oliva, mostrato dal capitano Sergio Tirro dei carabinieri dei Nas, sa più di trovata scenica che non di dato reale. A discolpa del carabiniere bisogna dire che per spiegare come va davvero il mondo dell'olio d'oliva oggi lo avrebbe dovuto accompagnare in qualche raffineria spagnola, tunisina o turca. E' lì che si approvvigionano di buon deodorato alcuni marchi nostrani.
Un po' teatrale la battuta che i Nas sono l'Fbi del food italiano ma d'effetto, almeno per far capire che i controlli ci sono e si fanno. Non abbastanza, forse, ma comunque ci sono.

Ancora più importante l'overtime: Don't fall victim of olive oil scam. Un ovvio invito a consumare olio californiano c'è ma abbastanza sfumato. I cinque minuti sono più che altro dedicati a far capire come scegliere un olio a scaffale, non facendosi ingannare dalla scritta “Product of Italy” e a come capire se l'olio acquistato è realmente di qualità. Anche in questo caso gli artigiani del gusto italiani sono in bella mostra con tante immagini, tra cui quelle del frantoio di Lucia Iannotta.

Se, come ha affermato Bill Whitaker, l'olio d'oliva è il cibo di Dio, perchè lasciarlo alle agromafie?

Ci auguriamo che la trasmissione venga vista dai membri delle Commissioni agricoltura e giustizia della Camera dei deputati, chiamati ad esprimersi sul progetto di decreto legislativo che depenalizza alcuni reati in materia di etichettatura degli oli d'oliva, reati che possono essere la spia di illeciti molto più gravi.

Occorre alzare la guardia, non abbassarla, non ora.

di Alberto Grimelli

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Commenti 2

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
10 gennaio 2016 ore 19:21

Estimado Sr. Grimelli: ¿Seguro que el carabinero no tenía más a mano alguna refinería italiana? Todo el mundo sabe que en manejo del aceite Italia siempre ha sido vanguardista.

Piero Setti
Piero Setti
10 gennaio 2016 ore 09:53

Sarebbe importante che questa trasmissione la vedesse anche chi sta pensando di cancellare la forza di polizia che si occupa più di tutti di agroalimentare in Italia... il Corpo Forestale dello Stato.