Turismo
Cresce il business dell'enoturismo, volando oltre i 2,5 miliardi di euro
Per l’80% dei Comuni e delle Strade del Vino previsioni positive sul 2016: erano 14 milioni gli arrivi di enoturisti alle strutture e alle cantine dei territori. La formazione del personale di accoglienza e la conoscenza della lingua inglese sono ancora un punto debole, come in tanti casi infrastrutture, trasporti e collegamenti
26 giugno 2017 | C. S.
L’enoturismo si conferma per l’Italia come una risorsa economica e culturale con ampi margini di crescita. Nonostante la qualità delle infrastrutture sia giudicata insufficiente da Comuni e Strade del Vino, nonostante il basso utilizzo dei moderni sistemi di comunicazione (il 76% delle Strade non ha una App per smartphone e il 4% neanche un sito internet), e l’assenza in quasi la metà dei Comuni di un ufficio dedicato, nel 2017 operatori e amministratori locali prevedono il sorpasso sul 2016. Per oltre l’80% del campione del XIII rapporto nazionale su Turismo del Vino - curato per conto di Città del Vino dall’Università di Salerno con il coordinamento scientifico del professor Giuseppe Festa, direttore del corso in Wine Business - il flusso degli arrivi in cantina e il fatturato dell’enoturismo sono aumentati o almeno rimasti stabili rispetto all’anno precedente. Gli arrivi in cantina e il valore dell’enoturismo sono aumentati per il 40,22% dei Comuni e il 60,87% delle Strade Vino.
Nel 2016 il XII Rapporto stimava in 14 milioni gli arrivi enoturistici alle strutture dei territori e un valore di 2,5 miliardi di €.
Luci e ombre sull’enoturismo? Sicuramente si, ma i segnali che arrivano dal basso sono anche positivi. Tre Comuni su 4 non prevedono la tassa di soggiorno, ma chi lo fa la utilizza come una possibilità in più per la politica turistica dell’amministrazione: come l’ecomaratona del Chianti a Castelnuovo Berardenga (Si), le feste dell’uva e del vino a Bardolino (Vr), l’apertura di un ufficio dedicato a Suvereto (Li) e a Conegliano (Tv) o la manutenzione dei sentieri escursionistici ad Aymavilles (Ao). La formazione del personale di accoglienza e la conoscenza della lingua inglese sono ancora un punto debole, come in tanti casi infrastrutture, trasporti e collegamenti. Anche i rapporti tra istituzioni e operatori devono migliorare, poiché 1 Strada del Vino su 3 giudica ancora non propositivi e collaborativi i Comuni di riferimento, mentre gli stessi Comuni non hanno sotto controllo il numero di visite alla filiera enoturistica dei propri territori: solo il 4,17% fa la raccolta dati.
Di contro il livello medio dei servizi offerti dagli operatori del settore enoturistico (cantine, ristoratori, albergatori, etc.) agli enoturisti è giudicato dai Comuni sufficiente/discreto (6,76 in media), con più del 30% che si spinge a riconoscere un voto pari a 8; il 44% delle Strade ha direttamente organizzato nel 2016 più di 3 eventi e le stesse Strade del Vino sono percepite dagli operatori enoturistici come un organismo importante sul territorio nell’84% dei casi. Rimane da migliorare però l’interazione tra gli operatori del settore, i Comuni e altri soggetti pubblici, giudicata insufficiente (5,48 nella media delle risposte delle Strade del Vino).
Questi in sintesi i risultati emersi dal XIII Osservatorio, ricerca condotta attraverso due distinti questionari online coinvolgendo un campione di 25 Strade del Vino italiane e 116 Città del Vino su un totale di 420 (27,62%) e presentata durante la Convention di Città del Vino, in Umbria, al Simposio Europeo sull’Enoturismo, venerdì 23 giugno.
“Alla luce di questi risultati appare sempre più indispensabile istituire una cabina di regia a livello nazionale e almeno regionale per monitorare costantemente il fenomeno e stimolarne la crescita con adeguate politiche enoturistiche – commenta il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. C’è bisogno di norme che favoriscano lo sviluppo dei territori, il finanziamento di progetti enoturistici, nuove opportunità aperte dai PSR. Insomma, oggi più che mai il settore ha bisogno d’investimenti perché può creare tanta occupazione, come dimostrano anche i dati del libro bianco delle Città del Vino presentato durante il Trentennale dalla fondazione dell’Associazione, celebrato a Roma il 21 marzo”.
“Anche la formazione del personale, dell’operatore privato e dell’operatore pubblico coinvolto nella governance del territorio a fini enoturistici, è un passaggio fondamentale per il miglioramento della progettazione, dell’organizzazione e della conduzione dei sistemi di servizio a vantaggio dei turisti del vino – aggiunge il professor Giuseppe Festa dell’Università di Salerno -. Marketing territoriale, gestione dell’accoglienza e padronanza delle lingue straniere, in particolare l’inglese, sono le competenze più necessarie e opportune”.
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