Italia

La Calabria dell’olio rialza orgogliosamente la testa

In provincia di Cosenza si sta puntando a una rete di imprese che lasci un segno significativo nel mondo dell’olio. Il presidente della Op Cotec, Giovanni Battista Pisani, sa che la qualità da sola non basta senza una azione sinergica tra gli operatori

02 maggio 2009 | Luigi Caricato



Sono stato a moderare un convegno a Cosenza, lo scorso 28 marzo. Ho percepito una grande voglia di cambiamento. Anzi, di ribaltamento di una situazione che negli ultimi decenni è andata sempre più precipitando. C’è voglia di fare, almeno lo si nota negli atteggiamenti, non solo nelle parole. Credo anche nei fatti.

L’incontro era organizzato dalla Op Cotec, l’organizzazione dei produttori che nel mondo dell’olio vuole imporsi sulla scena nel tentativo di cambiare le sorti di una regione che ancora fatica a fare il grande salto tanto atteso.

Già, perché non si capisce come mai una regione con una superficie olivicola tanto estesa, seconda solo alla Puglia, non abbia un ruolo di primo piano. Da qui dunque un workshop che si interrogava proprio sulla filiera, tra piani di sviluppo, innovazione e ricerca.

Dopo il convegno ho avuto modo in questi giorni di rivedere gli appunti che avevo preso durante l’incontro, incuriosito tra l’altro dal fatto che a metà aprile, presso la sede di Confindustria Cosenza, è stato presentato lo studio sulle “Reti di impresa oltre i Distretti”, studio confluito in un volume edito dal Sole 24 Ore e curato dall’Aip, l’Associazione italiana per la produzione industriale.
A sorprendermi in positivo, il fatto che il consorzio Cotec, ora anche Op, sia stato preso in esame proprio da questo studio, meritando addirittura ben cinque pagine del volume, in cui un qualificato gruppo di economisti ha preso in esame oltre novanta casi di reti di impresa in Italia.
Ebbene, tale circostanza stupisce di per sé in quanto il mondo dell’olio di solito ha sempre fallito miseramente quando doveva tentare di costituire una qualsiasi forma di cooperazione. Evidentemente, ci sono delle eccezioni.

Ho ricevuto alcuni ritagli di giornale in cui si dava notizia di tale studio e sono rimasto perciò soddisfatto di quanto la Calabria sta tentando di fare, mettendo in atto un’operazione difficilissima: unire le forze.



Il Consorzio olivicolo Terre di Calabria-Cotec – leggo in una nota – nasce nel 2001 allo scopo di “tutelare e valorizzare la qualità degli extra vergini calabresi”, ma soprattutto balza evidente un altro aspetto, niente affatto secondario, quello di “stimolare la cooperazione tra le aziende del settore”, onde “migliorare lo standard di produzione, anche attraverso la certificazione di qualità e la diversificazione della produzione nel segmento del biologico”. Tutti buoni propositi, si dirà; bisogna tuttavia vedere i risultati. E’ vero, ma finora c’è stata una tale assenza della Calabria, sul fronte del settore oleario, che lasciava a dir poco sbigottiti, e ora, invece, il fatto che si stia reagendo mi sembra un fatto oltremodo encomiabile. Staremo a vedere.

Giovanni Battista Pisani, presidente della Op Cotec-Terra di Calabria, avverte il pubblico di una sala gremitissima, con gente in piedi: “gli obiettivi possono essere raggiunti solo attraverso la cooperazione e l’azione sinergica di tutti gli operatori che fanno parte della filiera, chiamati ciascuno per la propria parte, a collaborare in un processo di sviluppo economico compartecipato”.

Sono solo parole? Ci vogliono i fatti. E Pisani tiene a far sapere che nella scorsa campagna di commercializzazione la sua Op “è riuscita, attraverso la sottoscrizione di accordi commerciali, a distribuire ai soci che hanno conferito l’olio prodotto un premio qualità e filiera pari a oltre il 20 per cento del prezzo medio di mercato”. Certo, oggi lo scenario economico è cambiato e la crisi dell’olio aveva spinto Puglia e Calabria, lo scorso novembre, a chiedere un intervento al ministro Zaia, e in particolare la costituzione del tavolo di crisi nazionale per il comparto. Ed effettivamente alcune promesse sono state avanzate da parte del Ministro, si tratta ora di vedere se diventeranno misure concrete.

Ciò che è emerso dal convegno cui ho partecipato, e che mi lascia ben sperare per il rilancio del territorio, è la chiara volontà di non fallire per l’ennesima volta sul piano della cooperazione. E noi fiduciosi accogliamo questo spirito di volontà, nella speranza che dia risultati validi, efficaci.

Parlando con il responsabile del progetto Op Cotec, Roberto Castiglione, sono emerse tutte le preoccupazioni. La Calabria è una terra difficile, che non ha saputo liberarsi ancora di antichi mali, e che in particolare non crede nella cooperazione. Come gran parte del Sud, oltretutto, ma qui sembra ancora tutto più difficile. Eppure bisognerà in qualche modo reagire, far qualcosa.
“Il mio impegno lo sto orientando tutto nel fare aggregazione”, mi spiega Pisani. “Non è facile convincere i produttori. Infatti, leggendo i ritagli dei giornali che mi fanno avere all’indomani della presentazione del volume sulle Reti di imprese, leggo anche una nota critica, inevitabile: e cioè, che le aziende che fanno parte del Cotec vedono in tale Op “una delle possibilità per la sopravvivenza, ma non l’unica o la più importante”. Insomma, nel clima generale di sfiducia, oggettivo visti i tempi, nell’aggregazione si crede ma come possibilità remota. E’ dura da far saltare quella crosta di insoddisfazione generale, ma la Calabria d’altra parte deve pur reagire e fare qualcosa, perché oggettivamente, lo dico con molta onestà, è messa piuttosto male. Nonostante abbia in sé tutti gli elementi e le potenzialità per primeggiare. E d’altra parte io stesso ho notato come alcune aziende, alcuni singoli imprenditori siano effettivamente riusciti a fare qual tanto atteso salto culturale, ma ciò che adesso manca è proprio la cooperazione, quella necessità e urgenza di aggregare le forze ed esprimere una voce sola: Calabria.

E qui qualcosa sembra muoversi, ascoltando i vari interventi del convegno cui ho partecipato in veste di moderatore: l’avvio – come spiega il presidente Cotec Pisani – della procedura per il riconoscimento comunitario dell’Igp Calabria, così da dare una voce unica a tutto il territorio. Vedremo anche qui come andrà a finire. Certo è - e questo lo sostengo io – che le Dop calabresi non hanno avuto grossa fortuna. Una Igp può essere una soluzione alternativa e vincente? Senza unità di intenti direi proprio di no.

“Nei mesi scorsi – mi confida con orgoglio Pisani – è nato il Cofir, il Consorzio che unisce le tre più importanti organizzazioni di produttori calabresi: il Cotec per la provincia di Cosenza, il Cioc per quella di Catanzaro, e il caso per quella di Reggio Calabria.. Un consorzio – ribadisce con una punta d’orgoglio Pisani – che rappresenta il 20 per cento della intera produzione regionale: 5 mila aziende per 15 mila ettari di superficie coltivata, da cui si ricavano circa 300 mila quinatli d’olio annui, un quinto circa della produzione calabrese. Insomma, numeri importanti per una grande scommessa. Peccato però che di questi tempi il mercato dell’olio, oltre che la crisi economica mondiale, non favoriscano simili iniziative, ma almeno si può dire che qualcosa si sta comunque facendo. La Calabria si sta dunque svegliando dal lungo letargo in cui era precipitata.

Mario Toteda, del Dipartimento agricoltura della Regione Calabria non rinuncia all’ottimismo: nel Psr ci sono gli elementi per un piano olivicolo, dice. E avverte: è necessario migliorare l’immagine dell’olio calabrese. I progetti integrati di filiera? In parte sono falliti, in parte no. Ora l’obiettivo è di puntare all’aggregazione: chi si aggrega prende più punteggio e ha più opportunità. Adesso, conclude, siamo credibili. Non resta che attendere, il sistema calabrese non è facile, ma i tempi cambiano e occorre agire in tempi rapidi.

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