Italia

Lettera aperta del presidente di Confagricoltura al premier Berlusconi

28 febbraio 2009 | T N

LETTERA APERTA AL PREMIER

di FEDERICO VECCHIONI
presidente Confagricoltura



Caro Presidente,

come Lei ben sa, l'agricoltura è parte integrante del sistema economico nazionale. Il concorso del settore agroalimentare alla formazione del Pil è significativo e questo pone le scelte di politica agricola come strategiche per il futuro non meno di quelle relative all`industria e al terziario.

Le nostre imprese hanno bisogno di un contesto normativo possibilmente favorevole, sicuramente stabile, in tutti i casi coerente con gli obiettivi più generali di politica economica, tale da garantire agli operatori dell`intera filiera un quadro di riferimento tendente al migliore armonico utilizzo dei fattori della produzione. Questo valeva ieri, a maggior ragione vale oggi di fronte allo dispiegarsi della crisi finanziaria e dei suoi effetti recessivi.

Crisi di cui siamo profondamente preoccupati, ma non di meno siamo impegnati a fronteggiarla.

Noi guardiamo al futuro con coraggio e fiducia, ma vogliamo che la qualità che produciamo sia riconosciuta e remunerata.

Crediamo nelle regole di mercato, ma nello stesso sappiamo quanto siano importanti le scelte che è diritto-dovere della politica assumere. Per questo pretendiamo che le regole siano rispettate da tutti, e che i comportamenti scorretti siano sanzionati. Per questo vogliamo tutela per i nostri prodotti e rispondenza delle importazioni ai requisiti della sicurezza alimentare.

Le nostre imprese hanno il compito, caro Presidente, di lavorare tutti i giorni, tutto l'anno; non conoscono soste, interruzioni, cassa integrazione, ammortizzatori sociali.

Occupano oltre un milione di lavoratori dipendenti. Esse vogliono produrre ricchezza, investire, innovare, utilizzare i risultati della ricerca senza pregiudizi ideologici; creare opportunità complementari nel campo del turismo, dell`energia, dei servizi, internazionalizzare. In una parola: crescere.

Vogliamo anche che siano riconosciuti, apprezzati e rispettati i valori che rappresentiamo. Valori che ci legano alla terra e all`ambiente in una visione dinamica e produttiva sempre compatibile con gli equilibri della natura.

Ma vogliamo anche - ed è questa la motivazione alla base della mobilitazione di questi giorni - che chi come Lei ha grande sensibilità d`impresa sia convinto che le opportunità e le aspettative di crescita di un settore non vadano deluse e non vengano rimosse da un`agenda dì governo che ìndìrizza solo su alcuni obiettivi incentivi allo sviluppo di cui anche l`agricoltura in questi frangenti ha estremo bisogno.

La nostra mobilitazione - figlia di una responsabile interpretazione di un bisogno diffuso, che noi per primi vogliamo evitare si trasformi in sfiducia e malessere vuole essere stimolo a chi ha l`alto compito di corrispondere con adeguate scelte legislative alle necessità di un settore produttivo strategico per l`Italia.

La competitività, infatti, non si raggiunge e non si mantiene con gli slogan, con i prodotti nelle fiere di paese, con consorzi agrari decotti e parassitari, con la bancarella sotto casa. Nei momenti di crisi occorre riorganizzare, utilizzare al meglio le risorse disponibili, finalizzare gli interventi e misurarne la ricaduta. Allora non siamo a chiedere aiuti o sussidi, ma veri incentivi allo sviluppo che non si sovrappongano agli interventi di cui abbiamo fluito, ma ne prolunghino l`efficacia. Sarebbe dunque davvero singolare eliminare, da aprile, le misure di fiscalizzazione previdenziale per la montagna e le aree svantaggiate, nate non per favorire certe regioni ma per recuperare, in parte, il peso di un costo del lavoro per unità di prodotto più elevato e per tenere agganciate ai mercati aree del Paese con forti gap infrastrutturali. Così come sarebbe grave rimuovere quel concorso pubblico sulle polizze assicurative per le calamità naturali che ha consentito agli agricoltori di guardare con migliore sicurezza agli esiti del loro lavoro e allo Stato di risparmiare molti milioni di euro sul Fondo di Solidarietà Nazionale.

Da ultimo, ma non ultimo, il latte. Caro Presidente, non ci scandalizza che si voglia tentare di riconsegnare alla legalità qualche centinaio di furbi o di "splafonatori" professionali per chiudere una defatigante questione in ballo da anni. Ci sgomenta come ciò avvenga accantonando le ragioni di 40 mila allevatori che, con fatica e con il nostro determinato supporto, hanno voluto continuare a produrre rispettando il libro delle regole, con tutti gli oneri che ciò ha comportato.

Numerose altre questioni sono sul tappeto e rientrano in una profonda depressione dei mercati che penalizza i cereali, la carne, l`olio d`oliva, il vino. Non sono solo problemi nostri, ma sono anche nostri. E un agricoltore italiano non può ricevere le integrazioni della politica agricola comune cinque mesi dopo i suoi competitors francesi o spagnoli, per colpa di una macchina pubblica che non sana ancora le sue sacche di inefficienza.

Senza contare che oltre ai problemi specifici di settore, naturalmente noi soffriamo, non meno di tutte le altre categorie economiche, delle conseguenze di una crisi nei confronti della quale ci piacerebbe vedere un impiego di idee e di risorse ben maggiore di quello fin qui messo in campo.

Concludo, Signor Presidente, riaffermando ancora una volta il ruolo della rappresentanza delle imprese in Italia, all`esercizio del quale siamo legittimati dai nostri associati. Le nostre non sono rivendicazioni corporative, irrealistiche, non sono agitazioni scomposte, soprattutto non sono l`espressione di posizioni antigovernative o "antipolitiche".

No. Esse sono l`espressione di un malessere che nasce da quelle decine di migliaia di imprese vere che sono la spina dorsale dell`agricoltura italiana, e dunque dell`economia nazionale.


Federico Vecchioni

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