Italia
Più della beneficenza con olio di oliva: la consapevolezza dell’hobbismo olivicolo
Piccoli, piccolissimi produttori hobbistici di olio extravergine di oliva che si mettono in gioco, per conoscenza ma anche per fare del bene. La cultura dell’olio si fa anche così
29 novembre 2024 | 11:30 | Giosetta Ciuffa
Impegnativo da ottenere, salutare nella sua composizione, gustoso da consumare e ora anche bene prezioso da aggiudicarsi all’asta: l’olio extravergine può ben dirsi un prodotto di nicchia e quello di alta qualità addirittura lussuoso, se si considera quanto costa produrlo. Ecco perché non sembra poi tanto fuori luogo batterlo all’incanto, com’è avvenuto a S. Severino Marche per iniziativa di Luigi Zura Puntaroni che da tre anni organizza una compravendita di olio all’asta. Un modo inusuale di parlare del re dei grassi, in grado però di attirare l’interesse di curiosi e non, nel tentativo mai sprecato di far comprendere che l’olio extra vergine, per i benefici salutari che apporta, è un prodotto di lusso reperibile anche a prezzi assolutamente abbordabili.
L’asta 2024 si è svolta il 23 novembre nel ristorante Due Torri, nel borgo maceratese, e i partecipanti – collegati anche online - si sono contesi i 20 lotti da 5 litri l’uno, in bottiglie da 250 ml. Come funziona la vendita? Tra tutti i campioni pervenuti, solo i primi venti con determinate caratteristiche di qualità vengono messi all’asta. Caratteristiche certificate da un panel guidato da Giulio Scatolini, incaricato dell’analisi organolettica, i risultati della quale sono distribuiti a tutti i partecipanti e stampati sul lotto di riferimento. Attributi positivi, produttore, localizzazione dei terreni, cultivar, frantoio, data della raccolta e persino altimetria: sono i dati riportati, da cui emergono le prime curiosità.
Piantone di Mogliano, Piantone di Falerone, Ascolana, Coroncina, Mignola, Raggiola le varietà che ricorrono nei campioni presentati, ma anche Sargano, Pocciolo, Zampello, Orbetana (e persino una Nostrale di Rigali, varietà umbra ma in questo caso coltivata nel Fermano): rappresentano le cultivar più diffuse nel Marchigiano, molte delle quali ad alto rischio di erosione. Di queste, è l’Orbetana la varietà che si è guadagnata il punteggio più alto per qualità organolettiche, oltre che la cifra maggiore, 320 euro (e no, non nello stesso lotto: ma il divertimento in un’asta è proprio questo). Una cultivar a duplice attitudine, tipica proprio di S. Severino ma originaria anche di Cingoli e Poggio San Vicino, e che rischia di scomparire. S. Severino inoltre ospita il frantoio che più compare nella top 20, ed è L’Ultimo Piceno: una realtà che oltre a frangere, produce anche birre artigianali. Il lotto di Orbetana in cima alla classifica per qualità organolettiche, prodotto dai Elia Berre, si è guadagnato la tabella sensoriale migliore grazie a piante secolari di circa 400 anni che, in una frazione di Montefano, affondano per tre metri le radici nella sabbia. È stato lavorato dal frantoio Polverigiani: aperto a Montefano nel 1925 e da allora sempre appartenuto alla stessa famiglia, è stato recentemente preso in mano da Gianni, che lo ha rinnovato e sta pian piano estendendo l’attività. Solo un partecipante dei venti viene fuori dai confini regionali: si tratta di Giorgio Pannelli che dall’agro spoletino, a 480 metri s.l.m., ha partecipato con un blend di Frantoio e Pocciolo molito dal Frantoio del Piceno.
Dopo aver organizzato per diversi anni la festa dell’olio nuovo, da tre anni a questa parte Zura Puntaroni ha pensato fosse il momento di un cambio di passo e dalla (sempre gradita) festa per celebrare, insieme all’olio novello, i prodotti tipici marchigiani ha ideato l’asta, facendo leva sulla curiosità delle persone, il desiderio di comunità e soprattutto il collezionista che c’è in ognuno di noi. La partecipazione è aperta a qualunque produttore privato ma non ad aziende agricole strutturate e non esclusivamente dell’areale marchigiano anzi, oltre che valorizzare il territorio e la biodiversità olivicola, l’intento è allargare il bacino di utenti.
Zura Puntaroni un po’ è riuscito nell’opera di divulgazione, a forza di insistere sui punti cardine della qualità oltre che su analisi di laboratorio e organolettiche a conferma del buon operato di olivicoltori e frantoiani. Per lui “è stata una stagione eccezionale, con olive per lo più integre dove la differenza l’ha fatta solo la bravura dei frantoiani e la loro capacità nell’utilizzo delle tecnologie”. Argomento sul quale ha fatto leva anche il capopanel Scatolini, per cui il frantoio è “uno strumento musicale da tarare secondo il prodotto che si desidera ottenere: un olio come una melodia classica oppure jazz”. Analogie musicali a parte, il frantoio è un elemento chiave del successo di una produzione: affidarsi quindi a frantoiani seri e preparati (prima, semplice, indicazione: il frantoio deve splendere per quanto è pulito!).
Per la serata, accompagnata da una cucina marchigiana tipica del ristorante Due Torri - riconosciuto locale storico dalla Regione Marche - sono stati inoltre prodotti e appositamente etichettati tre tipi diversi di oli, i monovarietali Leccino (più leggero) e Orbetana (medio), presente anche nel più intenso in blend con una Mignola, per far assaggiare come può variare un piatto con oli di qualità e far comprendere la differenza tra un olio comune e uno secondo oggettivi parametri che puntino alla qualità, per cambiare un po’ la testa di produttori e consumatori, un colpo di martelletto alla volta.
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