Italia
Il consumatore giusto per l'olio extravergine di oliva a denominazione di origine
I consumatori chiedono chiarezza su etichetta e caratteristiche dell'olio di oliva, soprattutto i più giovani. La fascia di età 25-34 anni desiderosa di approfondire la conoscenza dell’extra vergine
29 novembre 2023 | Giosetta Ciuffa
Il 10% dei consumatori reputa che non ci siano differenze tra olio d’oliva ed olio extra vergine e il 90% dichiara di consumare il prodotto italiano, senza sapere che spesso non è così: sono dati di un’indagine Ismea e dalle risposte degli interrogati emergono grandi lacune da parte dei consumatori, con la conseguente necessità di spiegazioni in merito all’olio evo e la richiesta di maggiori chiarimenti in etichetta. Per via dell’errata comune percezione di amaro e piccante che, si ricorda, sono attributi positivi e pertanto indicano qualità, si rischia un appiattimento del gusto e del prodotto, e quindi la mancata comprensione del suo reale valore sullo scaffale. La GDO poi esercita continua pressione promozionale e al contempo diversifica l’offerta, confondendo chi si ferma a studiare i prodotti e infine acquista la bottiglia con il prezzo più alto, indice della mancanza di determinate informazioni inerenti a caratteristiche organolettiche, nutrizionali, di origine e garanzie; positiva è però la disponibilità ad approfondire la conoscenza dell’extra vergine soprattutto da parte della fascia 25-34 anni. I consumatori chiedono chiarezza quindi, soprattutto i più giovani, e su questo si dovrebbe puntare.
Un consumatore per una filiera dell'olio di oliva a denominazione di origine che deve crescere
I dati presentati dal direttore generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli durante la conferenza “Olio extravergine d’oliva: il fattore IG”, promosso dall’associazione dei consorzi DOP e IGP Origin Italia, restituiscono uno scenario che vede l’Italia leader nel consumo di olio evo ma che internamente soffre di una mancata formazione nei confronti di un prodotto che potrebbe dare tanto di più. 456mila le tonnellate di consumo interno (8,2 litri pro capite) quindi, mentre 290mila tonnellate prodotte nel 2023 rendono il nostro Paese secondo produttore mondiale; è inoltre nel 2022 secondo esportatore con 359mila tonnellate (import 535mila). 42 le DOP e 8 le IGP dell’olio di oliva in Italia e 24 i consorzi di tutela riconosciuti, con circa 23.500 operatori impiegati. Un incontro resosi necessario al fine di trovare una strategia comune: “Occorre realizzare nel comparto dell’olio extravergine d’oliva quello che è stato fatto per altri settori di successo della DOP economy – ha commentato Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia–. Occorrono politiche e scelte che puntino sulla direzione della valorizzazione e della crescita delle DOP e IGP della filiera, motivo per il quale Origin Italia ha organizzato questo incontro di confronto”.
Indicazione geografica quindi come strumento per la valorizzazione che non sempre avviene come dovrebbe: dalle incoerenze della GDO con etichette IG vicino a quelle che non lo sono, come sottolinea il direttore del consorzio di tutela della DOP Riviera Ligure Giorgio Lazzaretti per il quale vale la pena parlare non più di territori ma delle singole denominazioni e spingere a produrre DOP e IGP; alla non piena comprensione del significato della IG, che si tende a usare fuori dalla denominazione ma garantisce qualità e origine: Fabrizio Filippi, che presiede il consorzio del Toscano IGP, evidenzia come ci sia un mercato da coprire se circa il 65% del Toscano va all’estero; all’inesistente tutela extra UE, come rimarca Mario Terrasi, presidente del giovane (neanche un anno) consorzio Sicilia IGP, che sconta la forte attrazione estera ma non tutelata di un’isola che quest’anno, prima vera campagna olivicola dal riconoscimento consortile, affronta un probabile segno meno in quanto a variazione di produzione, nonostante venga data a zero da Ismea, e che lo scorso anno arrivava a due milioni di litri certificati, seconda dopo il Toscano.
Scommette sulla fascia premium e super-premium il presidente Unaprol David Granieri, osservando come sia un fatto la scelta del consumatore di spostare l’acquisto verso oli di qualità superiore, dimostrando quindi le DOP e IGP di poter guadagnare terreno; stesso interesse per la qualità notato anche da Anna Rufolo, responsabile politiche di settore olivicolo di Cia, che esprime preoccupazione anche per i cambiamenti climatici – basti pensare alla minor produzione della Spagna, passata da 1,7 milioni di tonnellate a circa 600-800mila – e per i quali è necessaria una strategia comune.
"Quella dell'extravergine d'oliva italiano è una filiera di grande territorialità, qualità ed espressività del nostro Made in Italy. Stiamo lavorando per la valorizzazione del settore, grazie anche a un lavoro di squadra con i Consorzi di tutela". Lo ha dichiarato il Ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. Lollobrigida ha tratteggiato le principali sfide del Made in Italy, sottolineando l'impegno in difesa del diritto delle persone ad "essere informate, attraverso etichette che rendano trasparente il processo di produzione e permettano una scelta consapevole", a differenza di "etichettature che condizionano, come il Nutriscore". "Queste etichette ci creano problemi, non quelle che raccontano il nostro sistema di produzione", ha ribadito il Ministro, che ha sottolineato anche il lavoro importante a difesa dei prodotti italiani portato avanti dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi e da tutto il comparto della sicurezza che abbiamo incluso in una Cabina di Regia creata "per coordinare e rendere più incisivi i controlli, per evitare le criticità senza essere oppressivi nei confronti delle aziende".
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