Italia
Il brand Umbria per l'olio extra vergine di oliva del futuro
E' sempre più difficile fare olivicoltura da reddito, ma innovazione e sostenibilità possono rappresentare due importanti strumenti di sviluppo. Tra le opportunità: nuove varietà ma anche disciplinari di produzione al passo con i tempi
12 novembre 2021 | T N
È iniziata da qualche settimana la campagna olearia in Umbria, come nel resto d’Italia. Non è ancora tempo di bilanci ma sicuramente si può andare oltre le prime stime.
La produzione totale di olive in Umbria sarà fino al 60 % in meno rispetto alla scorsa annata, che è stata straordinariamente produttiva.
Assoprol Umbria, Organizzazione regionale di produttori olivicoli, inizia a fare le prime valutazioni sull’andamento produttivo della stagione olivicola per mettere a fuoco possibili strategie di sviluppo per il comparto.
Per fare questo non si può prescindere dal considerare l’olivicoltura come un’attività da reddito, da gestire secondo i principi tecnici e manageriali propri di un processo economico: efficienza produttiva, standardizzazione e valore aggiunto. Per tanto ridurre il fenomeno dell’alternanza ed incrementare il livello quali-quantitativo della produzione di olio extravergine d’oliva sono i due elementi principali su cui incardinare ogni possibile scenario di crescita.
Così come l’innovazione e la sostenibilità ambientale rappresentano due strumenti fondamentali da mettere a leva per incrementare la competitività degli operatori e l’appeal del prodotto finale, soprattutto se proveniente da ambiti territoriali peculiari come quello umbro.
E la filiera dell’olio sostenuta dalla Regione Umbria con uno specifico bando PSR per olivicoltura sembra proprio andare in questa direzione. Il tutto incentivando la cooperazione tra produttori per aumentare e razionalizzare la produzione ed efficientare le sinergie tra gli operatori economici, non solo in termini commerciali ma anche di valorizzazione del prodotto, ponendo le basi per un percorso prospettico che possa finalmente riconoscersi in un brand “Umbria”.
Per quanto detto, il momento sembra particolarmente intenso per l’olivicoltura umbra. A questa opportunità di investimento, infatti, fa eco l’esigenza del mondo produttivo di rafforzare il profilo identitario dell’olio umbro, in un modo però rinnovato, rispetto al primo disciplinare della Dop Umbria, la cui approvazione risale ormai a 25 anni fa. Su sollecitazione delle associazioni agricole, tra cui Confagricoltura, la Regione Umbria ha istituito un gruppo di lavoro per apportare modifiche al disciplinare vigente che, rispetto alle esigenze degli operatori di filiera e al mercato di riferimento, appare ormai datato. Tante le questioni in discussione: dall’utilizzo di varietà che si possono adattare al sistema umbro, diverse da quelle tradizionali, alla modifica dei parametri fisico-chimici del prodotto finale, dalle modalità di conservazione ed immagazzinamento dell’olio, alla rilettura del panorama degli oliveti in Umbria.
Rispetto a quello che a tutti gli effetti appare come un radicale processo di cambiamento, è necessario difendere e rafforzare l’importanza di alcuni punti fermi, che devono essere necessariamente contemplati all’interno del management aziendale. Uno su tutti il monitoraggio fitosanitario, strumento fondamentale per agire efficacemente in termini di difesa fitosanitaria ed allo stesso tempo elemento fondante qualunque certificazione di processo e/o strategia di marketing basata sulla sostenibilità ambientale. Si tratta a tutti gli effetti di una buona prassi agronomica per altro indispensabile ove si adottino i metodi di produzione biologico, integrata e quindi anche nel caso dell’olio DOP Umbria.
Per questo motivo, attraverso specifiche iniziative progettuali, Assoprol Umbria ha supportato i propri associati attraverso la pubblicazione di bollettini fitosanitari settimanali tra maggio e ottobre 2021 per fornire gli elementi tecnici conoscitivi circa il rischio di insorgenza del danno da mosca olearia. In particolare, nei primi mesi della stagione vegetativa è importante analizzare la presenza di insetti adulti di Bactrocera Oleae attraverso l’installazione e lettura di trappole a feromoni, mentre nei periodi successivi è necessario riscontrare l’eventuale presenza di forme attive di infestazione (uova e larve di 1 e 2 generazione) su drupa con l’ausilio di strumenti ottici da laboratorio. Il tutto per mettere in condizione i propri associati di ottenere un prodotto di qualità elevata, sano e sostenibile.
Anche nel 2021, per almeno cinque mesi, Assoprol ha garantito la presenza in campo di tecnici agronomi per acquisire le informazioni necessarie all’emissione dei bollettini fitosanitari, utili a supportare gli olivicoltori circa gli eventuali interventi di difesa da attuare.
Ma quello della difesa non è l’unico fronte aperto per una gestione ottimale dell’oliveto. Nonostante l’olivo sia una coltura storicamente coltivata in asciutta in tutto il bacino del Mediterraneo, viste anche le ultime stagioni drammaticamente siccitose, è necessario pensare anche per questa coltura all’uso dell’acqua come un fattore produttivo essenziale. Sia negli impianti tradizionali che in quelli intensivi, dove fino ad ora l’intervento irriguo è per la maggior parte ancora di soccorso, e a maggior ragione nuovi oliveti ad alta densità, c’è l’esigenza di introdurre impianti di irrigazione ad alta efficienza per migliorare e stabilizzare le produzioni olivicole, mitigando lo stress idrico delle piante e migliorando i profili organolettici degli oli ottenuti. Anche su questo fronte Assoprol è intervenuta con progettualità proprie, realizzando impianti dimostrativi ad elevato contenuto tecnologico, coniugando l’efficienza d’uso della risorsa irrigua con il fabbisogno idrico dell’oliveto.
“Oggi si parla molto di sostenibilità – ha dichiarato Marco Viola, Presidente Assoprol Umbria – ma quella ambientale deve andare di pari passo con quella economica. Ci sono annate nelle quali si è assistito ad un calo sensibile della produzione. Occorre quindi investire in strumenti capaci di assicurare minori oscillazioni produttive e quindi condizioni favorevoli per attuare rapporti di filiera stabili nel tempo”.
A tal proposito è bene sottolineare che gli 11,2 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione Umbria sono una boccata di ossigeno necessaria per gli operatori del settore, ma non bastano. Un’attenzione particolare va posta infatti anche nei confronti degli oliveti abbandonati la cui entità da anni è in crescita. Lungo la direttrice della sostenibilità passa anche la manutenzione del patrimonio paesaggistico, il cui valore storico-culturale, nel caso della Regione Umbria, è in buona parte attribuibile proprio all’olivo. È evidente che in questo caso il reddito che ne deriva è indiretto, in quanto riflette l’immagine del territorio di riferimento, in termini di marketing, oggi importanti per il mercato quanto gli aspetti produttivi. Riuscire a conciliare queste diverse forme di olivicoltura, diverse ma allo stesso tempo sinergiche, presuppone uno sforzo imprenditoriale maggiore che, se messo a sistema, potrebbe determinare un livello di competitività del settore mai visto in precedenza. Se si fa un paragone con il mondo del vino questo è cambiato quando sono entrati soggetti esterni al mondo agricolo propriamente detto, imprenditori che hanno portato logiche innovative nell’approccio alla presentazione e visibilità del prodotto finale. A tal proposito, Viola sull’olivicoltura nazionale e umbra afferma: “Penso che, sia mancata nel tempo una valutazione delle potenzialità del prodotto “olio” e la forza di intravedere per questo percorsi di valorizzazione e logiche nuove di mercato. Abbiamo comunicato al consumatore per anni che l’olio era un condimento di medio-basso valore. In questo modo si è ridotto il livello di posizionamento del prodotto sul mercato con perdita drastica del valore aggiunto. Questo ha limitato poi l’ambito gestionale delle imprese agricole che, per contenere i costi di produzione, si sono trovati a dover sacrificare il management aziendale. In questo senso l’olio è ancora indietro rispetto al vino e alcune logiche commerciali, di fatto condivise tra industria e grande distribuzione, contribuiscono a relegarlo in una fascia di prezzo sicuramente non remunerativa per l’agricoltore. Va trovata la forza per promuovere un prodotto e non un condimento, in quanto oggi esistono tutti i presupposti per restituire all’olio il livello di eccellenza che gli è proprio. L’augurio è quindi quello di un rapido passaggio professionale e di un salto di qualità dell’olivicoltura, come quello fatto da altri prodotto ad alto valore aggiunto del panorama enogastronomico nazionale. E sono sicuro che su questo fronte, viste anche le risorse a disposizione, il ricambio generazionale in atto può dare un grosso contributo con nuove idee e approcci imprenditoriali innovativi”.
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