Italia

Oro Giallo, migliaia di quintali di olio di semi colorato spacciati per  extra vergine

La truffa dell'olio di semi colorato con clorofilla sembrava essere da annali di storia. Ventiquattro misure cautelari eseguite in provincia di Foggia e all'estero

14 maggio 2019 | T N

Vendevano in Italia e all’estero olio di semi di soia addizionato con clorofilla spacciandolo per olio extravergine di oliva. Per questo i carabinieri hanno eseguito 24 misure cautelari, 17 delle quali a Cerignola in provincia di Foggia, nell’ambito dell’operazione ‘Oro giallo’.

L’olio contraffatto veniva rivenduto in gran parte d’Italia, anche a rinomati ristoranti, e in Germania, applicando prezzi molto più bassi e concorrenziali rispetto all’effettivo valore di mercato. Gli indagati avevano creato delle società fittizie con annessi frantoi inesistenti nei quali sostenevano di produrre olio d’oliva extravergine.

I carabinieri del Nas di Foggia, coordinati dalla Procura della Repubblica dauna, hanno però accertato che si trattava di olio di semi di soia addizionato con clorofilla.

All’operazione hanno partecipato più di 250 militari del Gruppo Carabinieri per la Tutela della Salute di Napoli, di unità dell’Arma territoriale, con la collaborazione di personale di polizie straniere.

‘Oro giallo’, sostengono gli inquirenti, rappresenta una delle più rilevanti indagini svolte negli ultimi anni nel contrasto di fenomeni criminali operanti nella produzione e commercializzazione di olio extravergine di oliva sofisticato e contraffatto.

Base logistica dell’organizzazione era un frantoio di Cerignola, regolarmente autorizzato, utilizzato per la sofisticazione. Al titolare dell’oleificio e capo del sodalizio gli associati si rivolgevano per acquistare l’olio di semi già sofisticato da poter rivendere tale quale, o per acquistare olio di semi da sofisticare in autonomia mediante l’aggiunta di ‘verdone’, ovvero una miscela con altissima concentrazione di clorofilla. Le attività di sofisticazione e confezionamento da parte degli associati avvenivano in magazzini o depositi di fortuna, privi di qualsiasi garanzia di igiene.

Dalle indagini è emerso inoltre che il principale indagato ha acquistato milioni di litri d’olio di semi da una multinazionale con sede nel Nord Italia: due volte a settimana l’olio di semi veniva trasportato a Cerignola. Alcuni carichi di olio contraffatto finivano in Piemonte, in Lombardia e in Emilia Romagna. Invece gli indagati con maggiore potere economico effettuavano trasporti quindicinali in Germania, fino a 23mila litri per ogni spedizione. Giunto in Germania, poi, l’olio veniva depositato in aziende specializzate in logistica per la successiva distribuzione a ristoranti o nella grande distribuzione tedesca, oppure con un collaudato sistema del ‘porta a porta’.

 “Ringrazio, a nome dei produttori olivicoli italiani onesti, sia le forze dell’ordine sia i magistrati che hanno smantellato, con l’operazione “Oro Giallo”, questo presunto sistema criminale che inquinava le tavole dei consumatori italiani ed europei e che irrimediabilmente danneggiava i mercati e l’economia agricola”.

Con queste parole il Presidente di Italia Olivicola, la più importante organizzazione della produzione olivicola italiana, Gennaro Sicolo, ha commentato l’operazione “Oro Giallo”, che ha portato a misure cautelari nei confronti di 24 persone accusate di aver  spacciato in Italia ed in Europa falso olio extravergine d'oliva che in realtà era semplice olio di semi di soia addizionato a clorofilla.

“Alle forze dell’ordine e agli enti preposti ai controlli chiedo coraggio ed un’azione ancora più incisiva: dopo l’annata terribile appena trascorsa, sugli scaffali più della metà delle bottiglie contiene olio extravergine deodorato, frutto di sofisticazioni ed adulterazioni, sulla scia di quelle scoperte oggi, che avvengono soprattutto in Spagna e Tunisia e che irrimediabilmente attraverso alcuni importatori arrivano in Italia – ha continuato Sicolo -. Gli oli deodorati vengono poi miscelati con oli italiani in piccola percentuale per donargli un po’ di sapore e raggiungere parametri chimici ed organolettici necessari per essere etichettati come extravergine ed essere venduti a prezzi stracciati e sottocosto (3-4 euro al litro), inquinando così i mercati ed anche la salute dei consumatori”.

“Italia Olivicola – ha ricordato Sicolo – è l’unica organizzazione italiana costituitasi parte civile, e riconosciuta come tale dai magistrati, nel processo di Siena sul più grande scandalo oleario della storia italiana”.

 “Continueremo la nostra battaglia a tutela della grande qualità dell’olio extravergine d’oliva italiano e del lavoro dei produttori veri nel rispetto dei consumatori italiani e mondiali – ha concluso il Presidente di Italia Olivicola -. Riteniamo siano maturi i tempi, come sottolineiamo da anni, per una revisione complessiva dei parametri di classificazione dell’extravergine o per una denominazione di “Alta qualità”, sia attraverso l’abbassamento dei livelli di acidità sia attraverso l’innalzamento del numero di polifenoli ed altri componenti fondamentali che rendono l’olio extravergine d’oliva un alimento in grado di prevenire malattie cardiovascolari ed oncologiche”.

“Si tratta di un’operazione importante che evidenzia un problema atavico del settore, quello delle frodi, fenomeno che si acuisce sistematicamente durante le stagioni in cui il prodotto scarseggia. – spiega David Granieri, presidente di Unaprol, Consorzio olivicolo italiano – La scorsa annata è stata la peggiore degli ultimi 25 anni con sole 175mila tonnellate a causa delle gelate e della Xylella, con conseguenze disastrose per tutta la filiera e per la tutela della salute dei consumatori. In una situazione del genere, infatti, con importazioni record da altri Paesi, sul mercato è possibile trovare di tutto. Per questo è necessario non solo intensificare i controlli ma anche far sì che ci sia omogeneità durante le operazioni di verifica, ad esempio in riferimento al livello di acidità dell’olio extravergine d’oliva, il cui limite è fissato a 0,8% e non a 1, come emerso da recenti incontri. A riguardo, Unaprol, da sempre in prima fila nello sviluppo delle attività per la tracciabilità del prodotto, da mesi sta portando avanti una proposta per l’abbassamento di tale valore a 0,5% proprio per contrastare in maniera più efficace frodi e speculazioni che si concentrano nella zona di confine. Un’iniziativa che ha già incontrato il supporto di importanti autorità e associazioni di consumatori, italiane e straniere, e che intendiamo proseguire con grande fermezza e decisione”.

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