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EXTRA VERGINE E DOP. LA PUGLIA OLEARIA MOSTRA I MUSCOLI. POSSENTI SI, MA DOPATI

Presentate le nuove linee di tendenza di una regione oliandola ancora fortemente divisa al suo interno. Secondo l’assessore regionale Marmo, la Toscana resta in seconda linea sul fronte delle denominazioni di origine. Sarà vero?

29 novembre 2003 | Luigi Caricato

Nel corso del “Salone dell’olio”, che si è tenuto a Milano nell’ambito della manifestazione fieristica “Expo dei Sapori”, la Regione Puglia si è ritagliata uno spazio da protagonista, organizzando una anomala conferenza stampa. Anomala perché non è stata concepita la possibilità, come capita in genere a ogni conferenza stampa, di poter porre domande al termine delle comunicazioni.

Di fronte tuttavia ad alcune dichiarazioni poco condivisibili da chi, come me, il comparto olio di oliva lo conosce e lo pratica da lungo tempo, ho ritenuto opportuno segnalare alcune anomalie ai lettori di “Teatro Naturale”. Per questo motivo propongo alcune mie libere considerazioni al riguardo, proprio a margine di alcune questioni che ritengo necessario chiarire.

Aria di malcontento
Intanto però parto da una premessa fondamentale. La Puglia è certamente la regione che detiene il primato sul fronte della produzione olearia, ma non per questo vive questa dimensione in pieno stato di grazia e con larga e compiaciuta soddisfazione, come pur meriterebbe. C’è infatti aria di malcontento tra gli olivicoltori, anche al di là degli andamenti stagionali, che come si sa sono sempre un problema per chi opera in agricoltura.

Tanti sforzi mal ripagati
Perché il malcontento? Semplice, si lavora molto, con tanti sforzi e notevole dispendio di risorse, ma non si viene gratificati per i risultati; e laddove i riscontri diventano possibili, questi restano comunque il frutto di enormi fatiche, solitarie e personali, di gran lunga maggiori rispetto a quelle di altri produttori olivicoli del Paese.
Perché accade questo? Ci sarebbe da scrivere un intero libro sulle anomalie della olivicoltura italiana. Con “Teatro Naturale” daremo senz’altro spazio alle problematiche più urgenti e delicate. Lo faremo nel corso delle prossime settimane. Per far ciò, oltretutto, siamo pronti ad accogliere le testimonianze di quanti sono direttamente implicati in questo ambito operativo.

La conferenza stampa di Milano
Ma veniamo alle dichiarazioni raccolte durante la conferenza stampa che si è tenuta lo scorso 16 novembre a Milano.
Tra i presenti: Giuseppina Tantillo, docente di controllo degli alimenti presso l’Università di Bari; Alfredo Marasciulo, esperto in valutazione organolettica; Giorgio Cardone, capo panel e dirigente dell’Associazione meridionale consumatori ed estimatori olio di oliva; e infine Nicola Marmo, assessore regionale all’agricoltura.

Nicola Marmo, politico di primo piano
Partiamo però dall’intervento di quest’ultimo, voce politica di primo piano, giacché coordinatore nazionale, peraltro, degli assessori regionali all’agricoltura. Ed è proprio a partire dalle sue discutibili esternazioni che mi soffermo a considerare, più in particolare, quelle relative a un confronto tra Puglia olearia e resto del Paese.
Si parte dal confronto Nord-Sud, inizialmente con i vini.
“Alcuni grandi vini del Sud – spiega Marmo – in alcune manifestazioni fieristiche del Nord sono dimenticati, alle volte volutamente, perché venivano utilizzati per tagliare e impreziosire le grandi produzioni vinicole del Nord. Ora non è più così per il vino, o si verifica comunque in misura minore rispetto al passato. Non è ancora così per l’olio di oliva. L’olio delle aree più note d’Italia arriva dalla Puglia”.
Fin qui sono dichiarazioni comprensibili, frutto di uno stato di passata sudditanza della Puglia nei confronti delle regioni più evolute e dinamiche sul fronte imprenditoriale. Ma sono posizioni, queste, che vanno anche comprese e motivate in un quadro meno riduttivo. La Puglia in passato non è stata depredata. Sono stati i pugliesi, soprattutto in ambito istituzionale, ad aver declinato a ogni forma di saggio investimento e ad aver perso di conseguenza vantaggi che solo ora si stanno acquisendo, come nel caso del comparto vitivinicolo. Anche se poi tutto è relativo, perché ancora oggi, a parte alcune isole felici, dovute a imprenditori che con le sole proprie forze hanno rilanciato un settore che declinava, ci si sta risollevando ancora una volta in virtù della presenza di grandi imprenditori del Centro-Nord. Un tempo, insomma, si movimentava il prodotto sfuso, oggi si acquisiscono direttamente le aziende per veicolare sul mercato bottiglie made in Puglia.



”Sull’olio la Puglia ha superato la più nota ma non più nobile Toscana”
Ma torniamo all’olio di oliva. Ecco quanto dichiara soddisfatto l’assessore Nicola Marmo: “Quando oggi in Puglia si parla di olio, si parla solo di extra vergine, perché l’altro olio, il lampante che viene rettificato dalle industrie, non esiste. Oggi vi è una nuova stagione in Puglia. La crescita delle Dop è un fatto per noi importantissimo. Noi – prosegue festoso e pago l’assessore – offriamo al consumatore una certezza. Oggi ancora di più. La Puglia – soggiunge – ha già superato la più nota, in questo caso non più nobile, Toscana. Dal punto di vista dell’enologia senz’altro, la Toscana fa storia; e nella cura dell’ambiente e del vigneto sono in questa regione veramente particolari. Ma sull’olio credo che la Puglia non possa prendere lezioni da nessuno". Anche perché la copiosa e storica produzione di lampante pugliese l'assessore opportunamente la omette.

L’orgoglio pugliese fa stravolgere la realtà
“Sull’olio – incalza Marmo – abbiamo superato la Toscana, commercializzando il 17 per cento della Dop rispetto al totale della produzione. La Toscana invece commercializza il 13 per cento e l’Umbria segue con l’11 per cento. Credo – sostiene con soddisfazione e orgoglio l’assessore all’agricoltura della Regione Puglia – che questo sia un dato fondamentale”.
Ascoltando questi dati sono rimasto sbalordito; e ho tentato, al termine della conferenza stampa, di precisarne l’anomalia, la non corrispondenza alla realtà. In fondo i numeri hanno un senso e a sostegno della mia tesi pongo in evidenza gli ultimi dati Ismea, che nero su bianco restano il frutto di un rilevamento serio e affidabile, ma vengo prontamente smentito dall’assessore a cui hanno fatto seguito gli applausi scroscianti dei presenti. In sala, è domenica, mancano i giornalisti. Tranne alcuni pugliesi di Rai 3 Puglia. Per il resto il pubblico, come precisa lo stesso Marmo, è composto da pugliesi: “Saluto i sindaci e gli Assessori comunali presenti”, così esordisce infatti. E aggiunge: “Sono qui presenti perché credono in un settore fondamentale”.

I dati Ismea
Sono dati che esprimono con chiarezza lo stato della realtà, quelli dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare. Il 2 dicembre, intanto, ci sarà a Roma, presso la sala convegni dell’Unioncamere (in piazza Sallustio 21, alle 9.30), la presentazione del secondo Rapporto nazionale degli oli Dop, e si avrà un resoconto ufficiale di quanto effettivamente pesino, sui mercati (e non sulla carta), gli oli a denominazione di origine. All’incontro ci sarà pure Marmo, nella veste di coordinatore degli assessori regionali agricoltura nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni. Vedremo. Intanto il quadro tracciato dall’Ismea non lascia spazio a equivoci. La Toscana domina con le attestazioni di specificità riferite al territorio di produzione, sia con la Igp “Toscano”, sia con le Dop “Terre di Siena” e “Chianti Classico”; ma anche con i quantitativi di olio Dop e Igp commercializzato domina incontrastata la scena.
Con i dati aggiornati all’agosto 2002, relativi alla campagna 2001-2002, l’Igp “Toscano” ha una quota, sul totale nazionale, del 39,1 %, cui fa seguito la Dop “Terra di Bari” con il 13,1 % e la Dop “Umbria” con l’11,1%. Riguardo invece al resto della Puglia, si ha la Dop “Dauno”, che rappresenta una quota del 3,1%, la Dop “Colline di Brindisi”, che si attesta sullo 0,3%, e la Dop “Terra d’Otranto”, infine, che chiude con lo 0,2%. La Toscana invece dispone di altre due Dop, “Terra di Siena”, che rappresenta l’1,7%, e “Chianti Classico”, che si attesta sull’1,6%.
Questi i dati Ismea. Ci sono forse dubbi sul dominio della Toscana rispetto alla Puglia? Non direi, i numeri parlano chiaro. La mia rimostranza nei confronti di Marmo è stata avvertita, proprio perché mossa da me, pugliese per nascita e tradizioni familiari consolidate, come un affronto per la Puglia. Ma è proprio così? Ha senso ingigantire e stravolgere la realtà? E a chi giova poi?

La ferma smentita di Marmo
“No, non è vero; la Puglia domina anche sui numeri” replica l’assessore. “Lei – e si rivolge a me con toni seccati – mette assieme Dop e Igp. Io ho considerato invece le sole Dop”; e alle dichiarazioni risentite del noto politico la platea degli assessori e sindaci pugliesi s’infiamma. Applausi degni di una star, quelli necessari per garantire fiducia e vicinanza all’assessore “ingiustamente” attaccato. Nessuno che presta più attenzione alle mie precisazioni, vengo anzi avvertito come un nemico della Puglia. Di più, un pugliese che oltraggia la Puglia. Forse che la verità delle cose va ribaltata nel nome del campanilismo? Resto disorientato da atteggiamenti così retrivi. Perché, forse qualcuno ritiene l’Indicazione geografica protetta una categoria differente dalla Denominazione di origine protetta? La Igp e la Dop non sono forse da considerarsi entrambe delle attestazioni di specificità legate a un determinato territorio?
Il politico Marmo si defila ripiegando su numeri che inventa al momento, tutto sembra diventare un gioco. Invece è una tragica commedia. Anche solo considerando la produzione complessiva delle sole Dop, la Puglia, piaccia o no, resta sempre seconda alla Toscana.


La quantità di olio Dop per quintale di extra vergine prodotto è maggiore in Toscana che in Puglia
Il Nicola Marmo politico ha forse accontentato una platea di assessori e sindaci, prospettando la grandeur dominatrice della Puglia, ma ha fortemente deluso per improvvisazione e scarsa conoscenza del comparto olio di oliva; un errore, il suo, che di certo non si addice a una carica istituzionale.
Ecco dunque la dimostrazione della mia tesi, ovvero che la quantità di olio Dop per quintale di extra vergine prodotto in Toscana sia effettivamente maggiore rispetto a quella ottenuta in Puglia.
Ecco la dimostrazione, con dati ufficiali riferiti alla campagna olearia 2001-2002, tratti dalla Filiera olio di oliva 2003 dell’Ismea.
L’olio prodotto dalla Puglia è pari a 2.274.408 quintali, di questi, in particolare, sono soltanto 7.159 i quintali di olio Dop. Ciò significa che lo 0.315% dell’olio prodotto in Puglia diventa Dop.
L’olio prodotto dalla Toscana è pari a 180.137 quintali, di cui ben 18.167quintali sono certificati Dop e Igp. Ciò significa che il 10.085% dell’olio prodotto diventa Dop e Igp.

Per essere più precisi, è la Toscana che batte di gran lunga la Puglia nel prodotto a denominazione di origine
Da 1 quintale di olio prodotto, in Puglia si ottengono 315 grammi di olio Dop, in Toscana se ne ottengono circa 10 Kilogrammi. La differenza esiste.
Facendo poi il rapporto tra i grammi di olio Dop per quintale prodotto dalle due regioni, si ottiene un coefficiente P pari a:
P = 10000/315 = 31.75
Tale coefficiente stabilisce che a parità di olio prodotto, la Toscana produce una quantità d’olio Dop 31,75 volte superiore a quella della Puglia.

Ulteriori conclusioni
Dai dati riportati si nota che la Toscana produce in totale più olio Dop e Igp della Puglia (18.167 contro 7.159). Possiamo ancora dire che con tali percentuali di olio Dop per quintale, la Puglia riuscirebbe a uguagliare la Toscana solo producendo una quantità di olio totale pari a 5.767.301 quintali
x:100=18167:0.315 → x=100*18167/ 0.315 → x=5767301


Tale tesi è ancora valida anche se si esclude l’olio a marchio Igp.
L’olio prodotto dalla Puglia è pari a 2.274.408 quintali di cui 7.159 quintali sono Dop. Ciò significa che lo 0.315% dell’olio prodotto diventa Dop.
L’olio prodotto dalla Toscana è pari a 180.137 quintali di cui 1.445 quintali sono Dop. Ciò significa che lo 0.802% dell’olio prodotto diventa Dop.
Da 1 quintale d’olio prodotto, in Puglia si ottengono 315 grammi di olio Dop, in Toscana se se ne ottengono invece 802 grammi.
Facendo il rapporto tra i grammi di olio Dop per quintale prodotto dalle due regioni, si ottine un coefficiente P pari a:
P = 802/315 = 2.54
Tale coefficiente stabilisce che a parità di olio prodotto, la Toscana produce una quantità d’olio Dop 2.54 volte superiore a quella della Puglia


Ultime novità dal fronte delle denominazioni di origine: una Igp “Puglia”
Così Marmo, nella sua incrollabile sicurezza: “Chiedo ai produttori di darsi da fare e di costituire un consorzio per la Igp “Puglia”. Lo dico perché questo consente ai grandi oli pugliesi, a quelli che hanno magari una piccola quantità, di essere in questo modo promozionati e per far sì che si consolidino sui mercati”. Ipse dixit
Non mi pare sia utile promuovere la istituzione di una Igp “Puglia”, porterebbe solo svantaggi e confusione. Questo il mio punto di vista, che in altri articoli preciserò più dettagliatamente. Eppure c’è chi, pur non avendo mai provveduto a lanciare a pieno regime le proprie Dop, ritiene piuttosto necessario estendere ad altre denominazioni molte delle innumerevoli (e non so poi quanto giuste) risorse finanziarie che la Puglia ottiene, con troppa disinvoltura, a dispetto di altre regioni meno fortunate ma più efficienti. Ma questo è un altro tema, ben più spinoso, su cui ritorneremo.

La Puglia è grande per i produttori che l’hanno rilanciata con le proprie forze
La Puglia olearia non è da sottovalutare. Non rappresenta solo la regione di punta per i quantitativi di olio prodotto. Vi sono produttori che con grandi sforzi hanno ottenuto riconoscimenti in Italia e all’estero davvero straordinari, nonostante siano stati abbandonati a se stessi dalle Istituzioni. L’anomalia pugliese è legata infatti alle Istituzioni, troppo politicizzate e sindacalizzate, che ne hanno sminuito operatività e competitività. I prodotti d’eccellenza si ottengono anche in Puglia, ma con gli sforzi dei singoli e nonostante il freno delle Istituzioni che demotiva gli imprenditori. Allora mi chiedo come sia possibile tutto ciò. La Puglia riceve cospicui finanziamenti ma non realizza nulla di solido, non favorisce in alcun modo i propri produttori. Il malcontento esiste, non lo si può negare. Sarebbe ora che si facesse un serio resoconto dello stato dell’olivicoltura pugliese, per tirare le somme.
Le nuove linee di tendenza pronunciate a Milano sono condivisibili, ma vanno attuate concretamente.
La Regione, aveva dichiarato all’inizio della Conferenza stampa la Tantulli, ha organizzato studi sul censimento delle cultivar più importanti, sta inoltre investendo sul fronte della tracciabilità, sta promuovendo un’attività di formazione e informazione, sta valorizzando infine gli organismi di tutela. Ne diamo atto, queste linee di tendenza sono importantissime, anche se purtroppo su questa strada si sono già mosse, almeno un decennio fa, il resto delle regioni oliandole italiane. Ma la colpa, d’altra parte, la si fa ricadere come al solito sui produttori. “Non hanno saputo trasmettre la cultura di prodotto” ha dichiarato sempre la Tantulli. “Non hanno saputo organizzarsi, non hanno saputo proporsi a un mercato più ampio”. Noi non condividiamo in toto queste dichiarazioni. Ma questa sarà un’altra puntata che dedicheremo alla Puglia.