Italia

Il Consorzio dell'olio di oliva Dop Umbria perde il riconoscimento del Ministero delle politiche agricole

La sentenza del Tar Lazio del 20 giugno 2017, pubblicata il 7 agosto, ha annullato il decreto del Mipaaf che riconosce il Consorzio di tutela della Dop Umbria. Un brutto pasticcio, alla vigilia della campagna olearia, che vede tutti perdenti, a partire da olivicoltori e frantoiani

22 agosto 2017 | T N

Sotto le ceneri di una Dop apparentemente molto florida e ricca, quella dell'Umbria, covavano già da tempo nervosismi e malcontenti, specie per la gestione del Consorzio, acuite con il passaggio dell'incarico di organismo di controllo dal Parco 3A al CSQA.

Sotto le ceneri vi è soprattutto uno scontro latente tra le organizzazioni di categoria, con Coldiretti fuori dal Consorzio, controllato invece da Confagricoltura e dalla Cia.

Quando il Consorzio, come risulta da sentenza del Tar Lazio del 20 giugno 2017, pubblicata il 7 agosto, ha ottenuto il riconoscimento con decreto del 3 maggio 2016, lo ha fatto su dati erronei o comunque manchevoli.

Infatti, come si legge nella sentenza: “l’amministrazione ed il Consorzio controinteressato hanno più volte modificato il dato della rappresentatività del Consorzio, partendo dal dato del 68,8 %, per poi giungere al 66.4% e quindi al 65,75 %.”

Per legge la rappresentatività è fissata al 66,66%.

Secondo i dati presentati dallo stesso Consorzio e dal Mipaaf in seconda e in terza istanza, quindi, non poteva esserci il riconoscimento.

Errore grave del Consorzio forzare la mano e chiedere il riconoscimento in mancanza dei requisiti di legge, ancor più grave, se possibile, quello dell'Ispettorato Repressione frodi, vigilatore dei Consorzi, per un'istruttoria “incompleta o comunque non pienamente affidabile.

Cosa accadrà ora?

Il Consorzio ha già annunciato la volontà di appellarsi al Consiglio di Stato. Il Ministero delle politiche agricole, invece, ha chiesto alla Regione una delibera per l'incarico a un nuovo organismo di controllo, segno della scarsa volontà a opporsi alla sentenza del Tar Lazio.

Occorrerà quindi capire se il Consiglio di Stato deciderà di sospendere la sentenza del Tar. In questo caso, fino a sentenza definitiva, l'attività, sebbene sub iudice, continuerà con Consorzio e CSQA.

In caso di mancata sospensiva, la situazione si fa ingarbugliata. Occorrerà infatti capire se la Regione designerà un nuovo organismo di controllo o se il CSQA voglia e possa “sostituirsi” de facto al Consorzio in questa fase temporanea. Il Parco 3A lo aveva fatto quando, qualche anno addietro, il Consorzio aveva perso il riconoscimento. Lo vorrà però fare il CSQA sapendo che la delibera di conferimento dell'incarico, seppur pienamente operativa sulla base del principio giuridico della continuità degli atti, è opera di un Consorzio che non aveva diritto al riconoscimento?

Resta poi il nodo dell'eredità di contenziosi, con relative richieste danni, che la vicenda si può portare dietro. Il Parco 3A può legittimamente chiedere i danni per il suo “licenziamento” e, stante la sentenza del Tar Lazio, avrebbe buone basi giuridiche per vincere la causa. Si tratta di qualche decina di migliaia di euro, come minimo; risorse che difficilmente il Consorzio riuscirebbe a trovare. Tutto questo per non parlare di eventuali altre cause, intentabili da privati, per mancate certificazioni di partite di olio e altro.

Il tutto avviene a poche settimane dall'inizio della campagna olearia con i frantoi che apriranno i battenti tra la fine di settembre e i primi di ottobre. Un clima di incertezza non sostenibile, considerando anche la tensione dovuta alla scarsa produzione.

Siamo quasi certi che questo è solo il primo atto di una sanguinosa guerra dell'olio umbra che rischia seriamente di compromettere l'immagine della Regione, ad oggi unica istituzione che potrebbe fare da paciere, istituendo un tavolo che sani una situazione scabrosa e potenzialmente dirompente.

Nel frattempo olivicoltori, frantoiani e imbottigliatori continueranno a scommettere sulla Dop Umbria?

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