Italia
TERESIO DELFINO: "LA NOSTRA AGRICOLTURA E' VITALE, MA INCOMBE LA SFIDA SULLA COMPETITIVITA'. OCCORRE SAPER CONIUGARE TRADIZIONE E INNOVAZIONE"
Speciale elezioni politiche 2006. Un appuntamento che accoglierà tutti gli schieramenti. Iniziamo con il sottosegretario alle Politiche agricole. In questi anni - dice - abbiamo affrontato con decisione il tema della ristrutturazione delle filiere agroalimentari. Con il credito d'imposta - aggiunge - abbiamo stimolato forti investimenti. Per il futuro occorre puntare a "fare lobby" e a garantire salubrità degli alimenti e benefici ambientali
05 novembre 2005 | Alberto Grimelli
Nato a Busca nel 1949, dove risiede, l'onorevole Teresio Delfino è coniugato con sette figli.
Parlamentare dal 1992, è attualmente sottosegretario di Stato al ministero delle Politiche agricole e forestali.
Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e negli anni '70-'75 ha partecipato allâattività sindacale della Cisl, assumendo incarichi a livello provinciale e regionale nella categoria del pubblico impiego.
Lâattività politica ha inizio con lâimpegno amministrativo svolto nella città di Busca nel 1975, da assessore e successivamente in veste di sindaco, dal 1985 al 1994.
Iscritto nel 1975 alla Dc, ha aderito poi al Ppi e successivamente al Cdu come vicesegretario nazionale. Attualmente è membro dellâufficio politico dellâUdc.
Nel 1992 è stato eletto deputato nelle liste della Dc nel Collegio di Cuneo-Asti-Alessandria, nel 1994 Senatore Ppi di Cuneo-Saluzzo-Savigliano, quindi è nuovamente deputato nelle lista Ccd-Cdu nel 1996, nella circoscrizione Piemonte 2 e ancora deputato nel 2001 nel collegio di Cuneo.
Dal novembre 1998 al luglio 1999 ha fatto parte del Governo DâAlema, come sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Dal giugno 2001 fa parte del Governo Berlusconi come sottosegretario al ministero delle Politiche agricole e forestali.
Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 6 novembre 2001 sono state attribuite al sottosegretario di Stato Teresio Delfino le deleghe per il settore vitivinicolo; la cooperazione agricola, ad eccezione dei consorzi agrari, e il credito agrario; lâattività di Sviluppo Italia nel settore agroalimentare,la programmazione negoziata per quanto di interesse del settore agricolo; lâosservatorio per lâimprenditoria giovanile in agricoltura.
Il settore primario del nostro Paese passa da una crisi allâaltra. Le emergenze si susseguono, così pure i provvedimenti dâurgenza. Quando verranno affrontati i nodi strutturali?
In questi anni abbiamo affrontato con decisione il tema della ristrutturazione delle filiere agroalimentari: solo per citare un esempio, con il credito dâimposta in agricoltura, nel triennio 2002-2004 abbiamo stimolato investimenti nel settore per oltre 1,2 miliardi di euro; la filiera vitivinicola ha potuto mediamente contare su 110 milioni di euro annui per la ristrutturazione dei vigneti, mentre con decine di contratti di programma e di filiera abbiamo favorito la filiera produttiva agroalimentare. Eâ chiaro, però, che la concorrenza di alcuni Paesi esteri, a cominciare da quelli dellâEst Asiatico, ha assunto dimensioni tali da richiedere misure straordinarie, articolate ed organiche: una politica di sistema che parta dalla difesa e dalla promozione del Made in Italy agroalimentare, ma anche da unâinversione di rotta da parte dellâUE, a cominciare dalla Commissione europea, in una politica che ci vede ultra rigoristi al nostro interno in tema di concorrenza e aiuti settoriali, e che poi lascia spalancate le frontiere comunitarie per prodotti dalla provenienza incerta e ottenuti a costi incredibilmente bassi, ovviamente frutto di condizioni sociali che avremmo ritenuto inaccettabili anche quarantâanni fa.. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ha lanciato così un Piano strategico straordinario che prevede dei piani di ristrutturazione, per filiere produttive, predisposti dal Tavolo agroalimentare, che si inserisce in questa politica di rilancio competitivo europeo.
A fronte di una generalizzata diminuzione dei prezzi allâingrosso, la risposta data dalle Istituzioni, Bruxelles in testa, è stata promuovere le Denominazioni dâorigine, il biologico, le certificazioni. Prodotti a valore aggiunto, che dovevano essere remunerati come tali dal consumatore. Non sempre è stato così, inoltre non hanno acquisito quote significative di mercato. Occorre percorrere una strada diversa? Se sì, quale?
Lâagricoltura italiana è sicuramente una risorsa, una realtà che dà risalto alle mille attività produttive, alle piccole e medie imprese che, negli ultimi anni, si sono fatte strada nel difficile settore della produzione agroalimentare. Unâagricoltura che, come punto di forza, di diversificazione rispetto agli altri Paesi Europei, ha la qualità , che rappresenta certamente il prodotto più esportabile e identificativo del nostro Paese. Le nostre imprese agricole ed agroalimentari hanno già conquistato nuovi spazi sui mercati internazionali orientandosi verso la qualità e aumentando il livello di tutela del consumatore, ora devono sviluppare e potenziare le posizioni di mercato acquisite. Il governo vuole favorire questo sviluppo e lo ha fatto e lo sta facendo con una strategia che favorisca lâindividuazione e il riconoscimento delle realtà territoriali e settoriali di successo, come lo sviluppo dei distretti agroalimentari o le filiere di prodotti di qualità .
La dimensione media delle imprese agricole italiane è estremamente modesta, inferiore ai cinque ettari di superficie agricola utilizzabile. Ritiene questo dato una ricchezza o un problema?
Lâagricoltura italiana mostra segni evidenti di una straordinaria vitalità . Sicuramente si trova oggi davanti ad una sfida importante: quella rappresentata dalla competitività e dal saper coniugare tradizione e innovazione. Ed è questa la strada, non certo facile, che vogliamo continuare a percorrere. Peraltro le statistiche vanno lette con discernimento: la media della superficie aziendale è fatta calcolando oltre due milioni di imprese agricole, ma sappiamo bene che in realtà il nocciolo duro del sistema agricolo nazionale è costituito da un numero sensibilmente inferiore di imprese, capaci di stare sul mercato e con dimensioni economiche interessanti. In ogni caso molto si sta facendo per allargare la dimensione aziendale: con i decreti legislativi 99 del 2004 e 101 del 2005 il Governo ha favorito, in esenzione dâimposta, la costituzione di compendi unici aziendali, e contemporaneamente ha esteso i benefici fiscali e in determinati casi anche di prelazione dei terreni anche alle società agricole.
Ritiene che le Organizzazioni di categoria agricole siano ancora una forza propulsiva e di innovazione nel campo agricolo oppure oggi risultano imbrigliate da logiche politiche, estranee agli interessi degli agricoltori?
Di fronte allâevoluzione del mercato, globalizzazione, incremento della concorrenza internazionale e concorrenza sleale con contraffazioni, è indispensabile proseguire con forza sulla strada dellâaggregazione e della concentrazione e al tempo stesso ampliare i propri orizzonti commerciali. Lâagricoltura si dovrà sempre meglio organizzare, fare lobby e puntare sulla capacità di garantire salubrità degli alimenti e benefici ambientali consentirà di conservare il flusso delle risorse verso i produttori agricoli.
Lâetà media degli agricoltori nel nostro Paese è mediamente elevata. Mancano i giovani e con essi anche idee nuove. Il comparto si è rinchiuso a riccio su se stesso e invecchia. Come attrarre, in un settore poco remunerativo, forze fresche? Quali misure concrete adottare perché nuove risorse intellettuali, culturali, professionali e finanziarie si occupino nel settore primario?
Privilegiare i giovani è una delle esigenze primarie dellâagricoltura italiana. Infatti il ricambio generazionale può sicuramente favorire il processo di modernizzazione e il rilancio della competitività del sistema agroalimentare italiano. Molte sono state in questi anni le misure destinate a favorire lâinsediamento e la permanenza dei giovani in agricoltura. Il rafforzamento, quindi, delle politiche in favore dei giovani imprenditori agricoli costituisce una delle priorità nelle politiche di sviluppo sociale ed economico del paese,in linea con le azioni poste in essere dallâUnione Europea. La presenza giovanile rappresenta infatti un propulsore essenziale per il rilancio della competitività dellâintero sistema agroalimentare:il passaggio da unâagricoltura tutelata economicamente e socialmente ad unâagricoltura fortemente competitiva implica un più rapido rinnovamento dei conduttori di imprese agricole. Oggi il nostro paese è in grado di offrire ai giovani imprenditori agricoli un pacchetto di aiuti veramente importante, sia per lâinsediamento in azienda che per la ristrutturazione dellâazienda stessa: è chiaro che il costo del terreno, che in Italia è tra i più cari, se non il più caro dâEuropa, ostacola non poco lâinsediamento ed è per questo che la gran parte dei giovani imprenditori agricoli in realtà subentra ad imprese già esistenti.
Stiamo vivendo probabilmente un passaggio storico. Al pari di quanto accadde, qualche decennio fa, con la prima Politica agricola comunitaria e le prime Organizzazioni comuni di mercato. Oggi però si ragiona in termini globali, planetari. Câè la legittima paura che il settore agricolo venga abbandonato, non essendo più, per i Paesi industrializzati una importante voce del Pil. Ci dobbiamo aspettare il progressivo smantellamento, anche finanziario, della Pac e delle Ocm? Il settore primario dovrà cavarsela da solo?
Indubbiamente la globalizzazione dei commerci ha fatto venir meno molte certezze che rassicuravano gli agricoltori europei qualche anno fa. Anche le posizioni espresse da alcuni Paesi dellâUE, come il Regno Unito, sul futuro ruolo della PAC hanno seminato qualche brivido nelle campagne.
Tuttavia non credo che lâEuropa possa rinunciare alla PAC, una politica che, al di là delle attuali critiche, ha saputo far crescere il mondo rurale europeo come mai nella storia dellâEuropa ed ha garantito alimenti sicuri e disponibili a centinaia di milioni di cittadini. La garanzia negli approvvigionamenti e la sicurezza alimentare sono valori strategici che non possono essere tralasciati: se poi consideriamo lo straordinario valore culturale e sociale dellâagricoltura europea, non possiamo che rafforzare le convinzioni di sviluppare ulteriormente la PAC. Quello che andrebbe compreso a livello europeo è ch3 non bisogna smantellare una politica comune di successo, quanto piuttosto affiancare ad essa altre politiche comuni, per esempio nel settore della ricerca e dellâinnovazione.
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