Italia
Torna la polemica sul tappo antirabbocco. Aifo e Fipe ai ferri corti
L'operazione "aliud pro olio" della procura di Trani riaccende il dibattito sul tappo antirabbocco. Le frodi non si fanno al ristorante, secondo Fipe. Vittime delle frodi sono i consumatori, afferma il presidente di Aifo Piero Gonnelli
29 luglio 2014 | T N
Ogni fatto e ogni occasione sono buoni per ritornare sulla disccusione del tappo antirabbocco per le bottiglie di olio extra vergine d'oliva.
Duro il commento del presidente della Fipe all'indomani del sequestro di 400 tonnellate di olio durante l'operazione "aliud pro olio".
“Gli arresti per frode di alcuni produttori di olio sono la chiara dimostrazione che le adulterazioni e contraffazioni, quando ci sono, si verificano in fase di produzione. È sui grandi numeri che l’illegalità ha ragione di esistere – dice il presidente Stoppani – Se il prodotto è contraffatto o sofisticato all’origine il ristoratore non può verificarlo, quindi subisce una truffa di alto valore, eppure si sta tentando di imporgli per legge di servire l’olio a tavola in contenitori anti-rabbocco, pena multe salatissime. Se questa norma passasse, al danno si aggiungerebbe la beffa”.
Il disegno di legge in discussione al Senato e approvato alla Camera, spiega la Fipe, impone ai pubblici esercizi di presentare gli olii al tavolo in contenitori etichettati e forniti di dispositivo che impedisca di modificare il loro contenuto o di poterli riutilizzare una volta esaurito quello originale. “Provvedimento, peraltro, già bocciato dall’Europa”, dice la Fipe.
“È assurdo pensare – prosegue Stoppani – che un ristoratore possa alterare una quantità di olio simile a quella sequestrata ultimamente in Puglia, cioè 400 tonnellate. La norma sull’obbligo per i ristoranti di dotarsi dei contenitori anti-rabbocco per l’olio d’oliva da portare al tavolo, pena una sanzione da 1.000 a 8.000 euro, è priva di senso, inutile, esasperante. Serve solo a spostare l’attenzione dal settore della produzione a quello della ristorazione. Il ristoratore, preso di mira dalla legge in discussione, è invece la vittima della frode”. Secondo l’ufficio studi della Fipe, un ristorante spende mediamente 3.800 euro l’anno per acquistare l’olio. Per i 104mila ristoranti attivi in Italia vuol dire una spesa di 400 milioni di euro. Il carrello degli olii è presente soprattutto (46%) nei ristoranti dove la fascia di prezzo è compresa fra 50 e 75 euro. Il carrello conta in media 4,2 olii dop di cui 1,1 è biologico. Significativa è anche la presenza di olii non a denominazione: se ne contano in media 2,4 a cui si aggiungono 1,7 di origine biologica.
Aifo, l'associaizone dei frantoiani italiani, ritiene importante ribadire che tale operazioni di pulizia del comparto oleario sono necessarie per riconoscere il vero valore aggiunto all’olio extravergine di oliva italiano. “Ma questo non deve essere motivo per puntare il dito solo contro il settore della produzione - afferma il Presidente Aifo Piero Gonnelli in risposta al comunicato diramato dalla Fipe-Confcommercio - né prendere tale lodevole operazione come trampolino di lancio per esimere la categoria dei ristoratori e dei pubblici esercizi in genere dall’obbligo di presentare sui tavoli dei pubblici esercizi bottiglie etichettate e con tappo anti-riabbocco. Il disegno di legge già approvato alla Camera ed in discussione al Senato auspichiamo che venga approvato a pieni voti dato che si tratta di tutelare in primis proprio i consumatori nonché i produttori e gli stessi ristoratori!
“Vittime delle frodi – conclude Gonnelli – sono proprio quei consumatori che vedono servirsi bottiglie mozzate con tappi di sughero ed etichette unte e sbiadite dal continuo riabbocco credendo di trovarsi di fronte ad una bottiglia garantita e confezionata all’origine dall’impresa olearia. Senza contare che se calcoliamo, come da comunicato Fipe, le 400 tonnellate oggetto di sequestro su i 104mila ristoratori attivi sul territorio italiano (380 gr per pubblico esercizio) possiamo facilmente intuire che il volume di oli movimentati nei pubblici esercizi è senz’altro ben superiore alla quantità ultimamente sequestrata in Puglia.”
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