Italia

Occorre una revisione della norma sulla vendita dei terreni agricoli pubblici

Nel corso di una tornata presso l'Accademia dei Georgofili individuati ulteriori stringenti elementi per rendere più efficace la cartolarizzazione

17 dicembre 2011 | T N

Su iniziativa dell’Accademia dei Georgofili, è stata tempestivamente organizzata per questa mattina una pubblica adunanza dedicata alla valutazione della legge di stabilità (183/2011). L’argomento è stato introdotto da quattro relazioni, rispettivamente di Federico Vecchioni, Vicepresidente dei Georgofili, Luigi Costato, giurista agrario, Gianni Salvadori, assessore all’agricoltura della Regione Toscana (in rappresentanza della Conferenza delle Regioni), e Roberto Reggi, sindaco di Piacenza e rappresentante della Presidenza ANCI.

E’ emersa una generale opinione favorevole al principio della prevista vendita di terreni pubblici, ma è stata evidenziata la necessità di una revisione del testo, nonché di una sua integrazione con elementi necessari a rendere efficace il provvedimento.

Nel corso del dibattito, è stata fra l’altro evidenziata la necessità che i terreni pubblici venduti rimangano di proprietà italiana; vengano previsti dei rigidi vincoli di destinazione ad uso agricolo almeno trentennali ed intangibili; vengano utilizzate le potenzialità produttive; siano definiti i metodi per la determinazione del valore, dei prezzi e delle condizioni di vendita; vengano determinate delle priorità tra i possibili acquirenti (non solo giovani); intervengano misure di credito finalizzato per la gestione e per i progetti di sviluppo; vengano definiti i soggetti che dovranno e potranno gestire le vendite, chiarendo i contrasti con le libertà dei Comuni di vendere direttamente i propri terreni agricoli e/o a vocazione agricola; siano stabiliti metodi di vendita a trattativa privata o con asta pubblica (in funzione anche delle dimensioni e dei possibili frazionamenti apportabili); vengano chiarite le interazioni fra le vendite previste dalla legge di stabilità ed il trasferimento dei beni, dallo Stato alle Regioni, previsto dal federalismo demaniale; siano predisposti adeguati sistemi di controllo; vengano previste sanzioni per le inadempienze.

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