Italia
Mille olivi distrutti dalla n’drangheta
La Cooperativa sociale Talità Kum ha subito l’oltraggio delle cosche, nel silenzio generale. La notizia è passata inosservata, ma l’esempio di chi vi lavora lascia un segno di rara civiltà. Da incorniciare
12 novembre 2011 | T N
Una Calabria martoriata dal Male sembra non volere ancora guarire. La Coperativa Talità Kum, nata dall'incrocio dei cammini spirituali e di vita di un gruppo di giovani del territorio vibonese, è il segno concreto di una risposta al grande male che affligge da lungo tempo questa regione ormai tristemente devastata dalla funesta presenza della ‘ndrangheta. Il risultato è che il buon esempio nuoce e va ad ogni costo ostacolato. Per questo il vile attentato ai danni della cooperativa sociale, che ha portato alla distruzione di mille piante di olivo. L’episodio si è verificato lo scorso sabato, proprio per contrastare la visita del sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano che aveva pensato bene di assegnare alla comunità di Stefanaconi, in provincia di Vibo Valentia, per investirla della carica di associazione antiracket.
L’oliveto distrutto non era un terreno confiscato alla mafia, ha precisato Giovanni Pileggi, presidente della cooperativa sociale Talità Kum, ma appartiene all’imprenditore olivicolo Pietro Lopreiato, il quale intrattiene con la cooperativa rapporti di natura commerciale essendo uno dei fornitori della società impegnata nella commercializzazione di prodotti tipici calabresi, tra i quali l’olio extra vergine di oliva da agricoltura biologica.
C’è stata scarsa attenzione da parte dei mezzi di comunicazione, ma l’episodio non è da sottovalutare. Sono state complessivamente devastate circa mille piante. Lo sdegno ha spinto il segretario generale della Cgil di Vibo Valentia, Franco Garufi, a stigmatizzare l’accaduto.
L’attentato – ha dichiarto il sindacalista – dimostra che la 'ndragheta vibonese non sopporta la presenza nel territorio di iniziative economiche capaci di autonomia e di capacità d’impresa, libere da atteggiamenti di subalternità e assuefazione ai voleri della criminalità organizzata.



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