Italia

Il maiale in carne ed ossa

Il progetto di un distretto delle carni di qualità, con tutte le sue iniziative, può contribuire allo sviluppo economico di un territorio comunale e provinciale? Nicola Dal Falco intervista il sindaco di Montegabbione Andrea Ricci. C'è pronto un futuro per il cinturino umbro

15 gennaio 2011 | Nicola Dal Falco

A Montegabbione (uscita Fabro della A-1) si tiene dal 14 al 16 gennaio la rassegna Il Maiale in carne ed ossa dove la festa paesana, la degustazione di prodotti della norcineria locale, la tradizionale benedizione di Sant’Antonio Abate agli animali fa da cornice ad un convegno (link esterno ) sulla zootecnia in cui si parlerà della possibile reintroduzione del cinturino umbro, allevato allo stato semibrado.


Il maiale rappresentava un tempo la soglia di sopravvivenza e di ricchezza di una famiglia contadina. Oggi, al di là della festa paesana che culmina con il “braciere umbro”, l’incontro di Montegabbione, Il maiale in carne ed ossa, può contribuire allo sviluppo economico del territorio comunale e provinciale?
Lo sviluppo in senso culturale ed economico è l’obiettivo prioritario della nostra Amministrazione, promosso attraverso il Progetto100 mestieri in cui si individuano alcuni temi: “L’economia del Bosco”, “Il Paesaggio della Pietra” e appunto “Ager-Cultura” che prevede la ricostruzione di un distretto per le carni di qualità.

Nel comune di Montegabbione il rapporto tra residenti e alberi è di un abitante a diecimila piante. Siete, quindi, innanzitutto dei produttori di aria e di spazio. Quali potrebbero essere le attività legate al bosco capaci di salvaguardare sia l’una che l’altro?
È stato il professore Luciano Giacché della facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, nel corso della precedente rassegna, a suggerire l’approccio più interessante, individuando nell’allevamento semibrado di cinturini umbri una possibilità concreta ed immediata a tutto vantaggio del prodotto finale, cresciuto a ghiande, tartufi, asparagi selvatici…
L’idea, che ha radici nel nostro passato, si è fatta strada e insieme al professore Francesco Panella, sempre della facoltà di Agraria di Perugia, stiamo studiando l’impatto ecologico sul territorio.

A che punto sono le ricerche sul cinturino umbro?

In Valnerina, l’Università di Perugia è già riuscita ad isolare la razza cinturino umbro, mentre ad Orvieto l’azienda agricola Urbevetus alleva il “cinturello orvietano”.

A Montegabbione esiste un’importante tradizione norcina che fino a qualche tempo fa aveva come punto di riferimento e di formazione professionale il salumificio Vergani.
È qui, tra l’altro, che è nata la corallina. Ci sono stati contatti per la sua riapertura?

Il rilancio di un distretto delle carni di qualità passa necessariamente dalla valorizzazione delle imponenti strutture, lasciate in eredità dal salumificio Vergari. Una realtà, impostata con criteri tuttora validi, direi addirittura di grande attualità, come nel caso dei locali destinati al riposo dei maiali dopo il trasporto e prima della macellazione.
È chiaro che se riuscissimo in questo importante passo, attirando investitori, potremmo riannodare i fili di una tradizione, profondamente radicata.
Non ci limiteremmo più solo a ricordare lo scritto giocoso del Testamentum porcelli dove l’animale si preoccupa, in un immaginario testamento, di regalare la propria vescica o la presenza del cinturino umbro, effigiato al fianco di S. Antonio Abate in un trentina di affreschi solo in Umbria, di cui forse il più rappresentativo si trova all'interno del Duomo di Orvieto.

Quali sono le maggiori difficoltà e quali i vantaggi per un eventuale acquirente?
Fino ad ora, le difficoltà riscontrate sono soprattutto legate alla congiuntura economica e all’elaborazione delle risposte da parte delle istituzioni provinciali e regionali, obbligate alla massima ponderatezza, vista la generale difficoltà di bilancio. Per quanto riguarda, invece, la messa a norma degli impianti sono in corso dei contatti per dividere i vari aspetti della lavorazione delle carni dalla macellazione in modo da coinvolgere anche altre realtà a livello regionale.
I principali vantaggi si scoprono, visitando il luogo, accolti dalla visone a trecentosessanta gradi dei nostri boschi e dalla brezza costante proveniente dalla valle del fiume Sorre che, prima di arrivare al salumificio, lambisce i vigneti della Tenuta Corini dove la scommessa di impiantare del Pinot nero ha dato dei sorprendenti risultati.

Recentemente, in una guida gastronomica, è stato citato un particolare tipo di prosciutto, prodotto proprio a Montegabbione? Che prospettiva avrebbe se potesse contare su un allevamento in loco?
Riccardo Lagorio, allievo del grande Veronelli, durante una piccola degustazione, ha voluto mettere il naso nella particolare lavorazione del prosciutto ed è giunto ad una affascinate ipotesi legata alla storia naturale e sociale della Valdichiana.
Per quanto riguarda l’ipotesi di utilizzare maiali allevati in loco, posso dire che la lavorazione tradizionale funziona bene già con esemplari di suini in stabulazione fissa.
Non oso sperare cosa potrebbe succedere se riuscissimo a reintrodurre l’allevamento brado, dove gli esemplari di cinturino umbro potrebbero nutrirsi di ghiande, ricche di acido oleico, la stessa sostanza chimica presente nelle olive, che incide notevolmente nella dolcezza del prodotto come dimostra, tanto per fare un esempio, il Pata nera spagnolo.

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