Gastronomia
La manutenzione della costoletta secondo Marchesi
Da un punto di vista estetico, l’interpretazione del grande Maestro della cucina italiana colpisce per l’equilibrio degli elementi, determinato dal rapporto tra vuoti e pieni. Esaltare la materia, significa in qualche modo misurarla
19 novembre 2011 | Nicola Dal Falco
Ombre fritte. La costoletta e il suo piatto
All’inizio degli anni Novanta, Gualtiero Marchesi si dedica alla manutenzione della cotoletta o meglio della costoletta alla milanese.
Milanese, milanese e non austro-ungarica se non altro per il fatto che qui si usa solo il pane grattugiato e si cuoce nel burro chiarificato e là si utilizza anche la farina e si frigge nello strutto.
La nuova costoletta è frutto della capacità di mettere a fuoco un problema e di risolverlo con un gesto. Lo stesso gesto che ha in sé la soluzione determina anche la composizione del piatto.
«Volevo evitare che tagliando la costoletta – ricorda Marchesi – i succhi della carne bagnassero l’esterno, riducendo il croccante e di conseguenza metà del piacere di mangiare della carne panata e fritta.
«Ho, quindi, tagliato la costoletta in cubetti, sparpagliandoli accanto all’osso. L’osso regge la composizione e al tempo stesso invita a farsi spolpare.
In questo piatto, come in altri, non è solo chi lo prepara a metterci le mani».
Da un punto di vista estetico, la costoletta di Marchesi colpisce per l’equilibrio degli elementi, determinato dal rapporto tra vuoti e pieni.
E ad accentuare la sensazione di trovarsi di fronte a dei bocconi scolpiti, Marchesi ha chiesto a Villeroy & Boch di evidenziare la posizione dell’osso e dei cubetti di carne, disegnando sul piatto le ombre corrispondenti.
Al di là dell’eleganza dei neri e dei grigi, quest’ultime finiscono per evocare un preciso percorso mentale dove, ancora una volta, sono la materia e le sue forme ad affascinare il cuoco.
Da questo punto di vista le ombre si trasformano in vere e proprie orme.
Esaltare la materia significa in qualche modo misurarla.
Viene da pensare a Talete che, quando i filosofi erano anche fisici, fu il primo ad utilizzarle per dedurre l’altezza delle piramidi, ma soprattutto ad uno degli autori prediletti da Marchesi, il giapponese Junishiro Tanizaki e il suo Libro d’Ombra.
«V’è forse, in noi Orientali – vi si legge - un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita.
Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre c’inghiottano, e scopriamo loro una beltà».
Nel Teatro delle Ombre, in Cina e in Indocina, come dice il nome stesso, non sono le marionette a catturare l’attenzione. Ciò che appare è solo un riflesso. La verità sta oltre.
La manutenzione della costoletta alla milanese ne ha cambiato l’aspetto a favore del gusto.
Le ombre si sono messe in moto, portando in giro i pensieri e facendoli tornare all’origine di un piatto semplice e piacevole.

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