Economia

MARCO MANCINI:"E' VERO, L'ETA' DELL'ORO E' FINITA. SI INIZIA A PARLARE DI CRISI, MA IL COMPARTO ENOICO HA TUTTI GLI STRUMENTI PER DIFENDERE LE POSIZIONI ACQUISITE"

L'edizione 2004 della rivista "Enotria", esce in questi giorni con il tema conduttore del mercato vitivinicolo visto nelle sue dinamiche storiche. Abbiamo intervistato il direttore del "Corriere vinicolo" per affrontare le problematiche di più stretta attualità

27 marzo 2004 | Luigi Caricato

Marco Mancini dirige per conto dell'Unione Italiana Vini il settimanale “Il Corriere Vinicolo” e l’annuario “Enotria”. Lo abbiamo incontrato alla vigilia di un appuntamento importante come il Vinitaly, per affrontare alcune questioni di stretta attualità e, tra l’altro, per presentare l’edizione 2004 di “Enotria”, il quaderno della vite e del vino, come recita il sottotitolo della storica pubblicazione enoica.



Quest’anno il tema conduttore è il mercato nelle sue dinamiche storiche. Cosa è emerso?
Con “Enotria” abbiamo fatto una ricerca molto approfondita e credo che forse è la prima volta che viene compiuto un lavoro di questo tipo, con tutti i limiti del caso, naturalmente. E’ stata fatta una ricerca storica e siamo perciò andati a spulciare archivi e coinvolto un bel team di persone che hanno lavorato in questo senso. Ci ha spinto l’idea di spiegare la globalizzazione, il perché si è giunti alla globalizzazione dei mercati. Siamo dunque partiti dalle origini, dai Fenici, ripercorrendo tappa per tappa fino al mercato di oggi, fermandoci ovviamente al presente, visto che con “Il Corriere Vinicolo” noi trattiamo con costanza di attenzioni le problematiche. Abbiamo approfondito il passato, con le opportune riflessioni del caso. Ne emerge un quadro interessante e completo, chiarificatore.



“Il Corriere Vinicolo” è giunto alla settantasettesimo anno di vita. All’inizio la testata si denominava “Il Commercio Vinicolo”. Il direttore di allora, Arturo Marescalchi, scrisse nell’editoriale d’esordio che il giornale era “dedicato non soltanto agli interessi della classe, ma all’armonizzazione di questi interessi nel grande quadro della vita economica” Resta ancora vivo tale proposito?
Direi di sì. Resta vivo ovviamente attualizzato. Nel senso che “Il Corriere Vinicolo”, ch’è l’organo ufficiale dell’Unione Italiana Vini, nasce dal commercio vinicolo. Nasce a Milano e nel tempo questo settore ha cambiato la propria natura ed è stato affiancato soprattutto da altri settori, da altri ambiti operativi, da altri comparti quali la produzione e l’industria e quindi l’Unione Italiana Vini si è dovuta ristrutturare, puntando non più soltanto sul commercio e ovviamente anche il settimanale ha seguito tale processo. Oggi sono rappresentati sia i vignaioli, sia l’industria, sia il commercio.

In quest’ultimo periodo non si sta creando una sorta di iato tra Istituzioni e comparto enologico? Sembra una frattura profonda e incolmabile. La campagna contro il vino da parte della Commissione Affari Costituzionali. La campagna contro le denominazioni di origine da parte dell’Unione europea. Ma anche altre spinte oppositive che si stanno perpetuando da tempo a più livelli, esprimono un atteggiamento per nulla favorevole al prodotto vino e alla filiera. Cosa sta succedendo? Perché queste difficoltà così strumentali?
Se dobbiamo essere onesti fino in fondo, dobbiamo riconoscere che c’è stata una evoluzione positiva negli ultimi dieci, vent’anni. Perché fino agli anni Ottanta venivano fatti degli attacchi violenti alla bevanda vino, ricordiamo poi tutti i discorsi relativi alle stragi del sabato sera e quant’altro, dopo di che c’è stato un atteggiamento diverso e decisamente più serio. Il vino non è più stato studiato soltanto nei casi di abuso nel consumo, ma con uno spirito nuovo, come consumo corretto. Si sono poste in evidenza le tematiche positive come vino e salute e i rapporti con le Istituzioni sono migliorati ed è stata fatta una informazione molto più corretta nei confronti del consumatore. Oggi stiamo assistendo a qualche tentativo di ritorno al passato, tentativi velleitari di un triste ritorno al passato, ma non riesco a capire i perché. Ci sono tentativi di taluni politici tesi a criminalizzare di nuovo il prodotto vino, di non distinguere più le bevande alcoliche dal vino, di dimenticare tutta la cultura che sottende il prodotto vino. Questo un po’ mi stupisce perché pensavo che fosse già stato tutto superato. Comunque da parte sua il mondo del vino è molto più forte di vent’anni fa, sa comunicare molto meglio, in modo più incisivo e più chiaro. Anche a livello politico ci sono molti parlamentari che sono amici del vino e quindi si tratta di comunicare di nuovo e di non abbassare mai la guardia insomma.

In un periodo di grave crisi economica e politica, il commercio vinicolo può subire senza dubbio ridimensionamenti e squilibri. Eppure l’Unione Italiana Vini lancia a giugno una nuova manifestazione fieristica, il MiWine. E’ forse una risposta ai tempi difficili che stiamo vivendo?
Che sia un momento difficile è vero, è un dato di fatto. Fino a pochi anni fa la parola crisi non si pronunciava mai nel corso dei vari convegni. Ora si comincia a farlo ed è terminato il periodo d’oro ch’è poi durato a lungo, fino a due anni fa. Oggi ci sono dei mercati in difficoltà, c’è un problema di prezzi. Le fiere sono in questo momento un luogo di opportunità per nuove occasioni commerciali. Non si tratta dunque di un costo e un aggravante per i produttori in un momento difficile, ma di una nuova e utile opportunità.