Economia

PUGLIA E OLIO DI OLIVA. QUALI PROSPETTIVE?

Si tratta della regione leader per i quantitativi prodotti, ma è davvero in grado di svolgere anche un ruolo guida con la giusta autorevolezza? Lo abbiamo chiesto a Roberto De Petro, conduttore della trasmissione "Agri 7" per Tele Norba, e a Marco Mangano, della "Gazzetta del Mezzogiorno"

17 gennaio 2004 | Luigi Caricato

Vi ricordate le dichiarazioni dell’assessore all’agricoltura Nicola Marmo, pubblicate nel numero 13 del 29 novembre scorso? La Puglia è o non è protagonista dello scenario oliandolo in Italia? Con gli oli a denominazioni di origine certamente no. Circa le quantità d’olio prodotte si pone senza dubbio al primo posto, anche se purtroppo le quote di prodotto lampante ancora incidono sensibilmente, soprattutto in alcuni areali, dove permane l’abitudine a mantenere in essere criteri di conduzione piuttosto discutibili. Ma la rinascita e il riscatto morale della regione è sicuramente nelle mani dei giovani olivicoltori, decisi a superare alcune logiche anacronistiche basate in parte su tecniche improprie, in parte invece su irrazionalità progettuali piuttosto evidenti.
La Puglia olearia, quella sana e all'avanguardia, cresce comunque sensibilmente. Cresce nonostante le irrisolte anomalie istituzionali. Cresce nonostante i grossi limiti che da lungo tempo ne frenano il grande salto.

Si tratta ancora di attendere, ma i tempi del riscatto sono vicini. Nel frattempo ho chiesto il parere di due giornalisti pugliesi, di Roberto De Petro, ch'è conduttore della trasmissione “Agrisette” per Tele Norba, e di Marco Mangano, che firma invece la rubrica “Agricoltura, qui Sud” per il quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno”.
Le interviste sono state raccolte in due distinti periodi. Le risposte di Mangano, rimaste inedite, risalgono alla fine del 2002. Sono state da me sollecitate per un dossier che ho realizzato per conto della rivista a periodicità annuale “Enotria”, pubblicata nell'aprile 2003. Quelle di De Petro sono state invece raccolte il 15 gennaio 2004.



Oltre ad essere la prima regione produttrice, è possibile considerare la Puglia anche nelle vesti di una regione leader, in grado di essere un punto di riferimento per l’olivicoltura italiana?

Roberto De Petro: Con una superficie di 369 mila ettari coltivati ad oliveto che rappresenta il 40% di quella del Mezzogiorno, quasi il 32% della superficie olivetata nazionale e l'8% di quella comunitaria, con le sue 48.127 aziende (43% del totale), una produzione media di olio pari a 7.536.393 quintali ed una Plv di 660.337.019 euro, la Puglia detiene tutti i numeri per essere considerata una regione leader.
Certamente manca ancora parecchio per essere considerata un punto di riferimento avendo perduto molto tempo a vantaggio di altre regioni fino a qualche anno fa "inesistenti" dal punto di vista produttivo e qualitativo. L'augurio é che in fase di revisione dell’Ocm, l'Organizzazione Comune di Mercato dell’olio, il cui dibattito è stato avviato in Puglia, con rappresentanti delle istituzioni, delle organizzazioni professionali e parlamentari europei, ci si impegni ad imprimere precise e controllabili linee di indirizzo che possano riuscire a tutelare e promuovere il prodotto ‘made in Puglia’ con una seria riforma della politica olivicolo-olearia, che non sia solo la politica dei contributi.

Marco Mangano: La risposta non può che essere positiva. Anzi, ritengo che l’interrogativo, così com’è formulato, non debba essere nemmeno posto. L’acidità dell’olio extra vergine di oliva pugliese è molto prossima allo zero. Ciò rappresenta una garanzia di qualità elevatissima per il consumatore. In alcune zone della regione e, in particolare, nell’area compresa fra Corato, Andria, Ruvo e Canosa, le olive vengono lavorate al frantoio immediatamente dopo la raccolta: questo assicura una bassissima acidità.

Molti produttori spesso si lamentano di non essere adeguatamente rappresentati dalle associazioni di categoria. Con accuse concrete, del tipo: tanto danaro pubblico per non assistere poi ad alcun cambiamento reale. Molti si riferiscono ai fondi stanziati dall’Unione europea per i programmi di miglioramento qualitativo degli oli, per esempio. E’ possibile confermare questo malcontento? O si tratta di una visione piuttosto parziale e poco veritiera?

Roberto De Petro: E' chiaro che tutto non è andato per il verso giusto, ma molto è stato fatto considerato che si partiva da zero o quasi. Si è dovuti intervenire anche sull'olivicoltore ancora fermo a concetti, metodologie e aperture oramai superate e non concorrenziali. Con la riforma dell’Ocm olio i produttori olivicoli saranno i principali artefici del proprio destino: i nuovi orientamenti comunitari responsabilizzano il coltivatore e premiano i comportamenti virtuosi. Scegliendo la strada di una produzione di qualità l’olivicoltore trarrà forti benefici in termini economici sia per il ritorno immediato dato dai contributi comunitari sia per il valore aggiunto che avrà assicurato al proprio prodotto e che gli sarà riconosciuto dal mercato. Le associazioni di prodotto dovranno accompagnare le aziende in questo processo qualitativo, centrando gli obiettivi di salvaguardia e promozione del prodotto pugliese, senza inutili dispersioni progettuali ed economiche a cui si è assistito, purtroppo, negli ultimi anni.

Marco Mangano: Credo che le associazioni di categoria si muovano abbastanza bene (certo, non al meglio) per tutelare i diritti degli olivicoltori. Il fiume di danaro pubblico che le ‘travolge’ ha di certo una portata eccessiva. Non dimentichiamo, però, che molto presto i finanziamenti comunitari alle associazioni diminuiranno in misura drastica.

Perché gli olivicoltori pugliesi, a parte poche eccezioni, non riescono a rendere remunerativa la propria attività? Ma di chi sono le responsabilità?

Roberto De Petro: Considerata la scarsa e poco mirata promozione degli oli pugliesi fatta negli anni scorsi e a causa degli inesistenti rapporti di filiera che non hanno permesso una buona commercializzazione del prodotto – non dimentichiamo che gran parte dell’olio pugliese è sempre stato venduto sfuso – non ci si poteva aspettare di più o di meglio. Gli olivicoltori, con la nuova Ocm, hanno la possibilità di dare una svolta determinante alla propria attività, alla propria redditività e anche all’immagine complessiva dell’olio pugliese nel mondo.

Marco Mangano: La domanda tocca senza alcun dubbio uno dei tasti più dolenti di tutta l’olivicoltura pugliese. In sintesi, le triangolazioni, i meccanismi attraverso cui alcuni Paesi comunitari fanno transitare sul proprio territorio quantitativi elevati di olio extra vergine d’oliva provenienti da Stati extracomunitari per poi reimmetterli nell’Unione europea come propri, non rappresenta che una delle cause per le quali, gli olivicoltori pugliesi non riescono a ottenere i profitti che meritano. Non possiamo non ricordare la piaga delle sofisticazioni: sul mio quotidiano, “La Gazzetta del Mezzogiorno” ho condotto una battaglia perché Bruxelles autorizzasse i metodi di analisi di laboratorio che consentirebbero di ‘smascherare’ l’olio ‘alla nocciola’. E che dire poi del fiume di olio di semi scaricato nel porto di Bari nel ’99, che supera di gran lunga il fabbisogno italiano? La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta dopo un mio articolo in esclusiva.

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