Mondo Enoico

Vitivinicoltura di montagna. Non mancano le sorprese

Parlando di vini piemontesi, il pensiero corre su tutta una serie di famose denominazioni. In pochi pensano di annoverare l’Ossola. Eppure un tempo quest’area era anche esportatrice di vino. Intervista a Germano Bendotti

07 novembre 2009 | Daniele Bordoni

Daniele Bordoni

Recentemente, per opera dello studioso prof. Don Tullio Bertamini, è stata scoperta una pergamena datata 1309, in cui si menziona un vino all’epoca già noto e proveniente da un vitigno tipico dell’area, il “Prünent” con caratteristiche simili al Nebbiolo, ma nativo delle valli ossolane. Non solo, risalendo ad epoche più remote, nell’era a cavallo tra l’età del Bronzo e quella del Ferro (attorno al XIII secolo A.C.) vi sono prove che testimoniano la presenza della vitivinicoltura sulle colline dietro alla cittadina di Villadossola (loc. Varchignoli). Queste prove testimoniano soprattutto grazie alla presenza di imponenti megaliti, gli antichi terrazzamenti delle coltivazione della vite in quelle epoche.

La storia recente ha visto, nell’abbandono delle valli alpine, un generale abbandono dell’agricoltura di montagna e la vite non ha fatto eccezione. E’ stata solo tramite l’opera di alcuni viticoltori che il vitigno del “Prünent” è riuscito ad arrivare ai giorni nostri, anche se le produzioni sono molto ridimensionate.

Recentemente, la Provincia del Verbano Cusio Ossola ha cambiato la sua Amministrazione e c’è stata quindi l’occasione per fare il punto dell’attività vitivinicola e dell’agricoltura di montagna, parlando con il nuovo Assessore Provinciale Germano Bendotti, con deleghe tra l’altro alla Montagna e all’Agricoltura.


Germano Bendotti

Assessore Bendotti, qual è il ruolo della vitivinicoltura nella Provincia, tenendo conto che in primo luogo l’Italia, poi il Piemonte già svolgono un ruolo di primissimo piano in questo campo?
L’attività vitivinicola della Provincia può costituire un importante elemento di sviluppo, ma occorre incentivarla, facendo crescere i produttori e riuscendo a ricreare quel clima favorevole e quella rilevante produzione che già esisteva agli inizi del ‘900, quando le estensioni coltivate erano ben maggiori di quelle attuali. Il riconoscimento del marchio Doc, al vitigno autoctono “Prünent” può costituire un primo passo verso una degna collocazione del prodotto nell’ambito della nobile produzione piemontese. Pur se non gode della fama dei vini più affermati, ritengo possa costituire un elemento molto positivo anche per il rilancio del settore enogastronomico in generale. Si tratta comunque di una produzione di nicchia che non potrà comunque riferirsi a grandi quantità. Occorre comunque ampliare gli appezzamenti coltivati dedicati a questo settore, come a quello dell’agricoltura di montagna in generale, superando l’ostacolo costituito dalla frammentazione delle proprietà, offrendo un aiuto a coloro che intendono allargare la propria attività e renderla più professionale. Teniamo conto che oggi i viticoltori nelle nostre zone sono soprattutto “hobbisti”, appassionati del settore e che non svolgono una vera e propria attività a livello professionale. L’incentivazione prevista è quella di concorrere alle spese notarili e a quelle tecniche per quei proprietari che intendessero imboccare questa strada.


Quali sono gli indirizzi, soprattutto per i giovani e per questi piccoli produttori, per farli crescere e riuscire ad acquisire quella dimensione anche dal punto di vista economico che permette dei risultati più interessanti?
Occorre puntare su forme aggregative di qualsiasi natura o tendenza, cooperative, associazioni o consorzi, senza guardare all’orientamento politico, ma che fungano da sistemi di aggregazione. Il vero problema del nostro territorio. Conoscendolo e vivendolo da vicino, è quello dell’ostacolo culturale che impedisce l’aggregazione, le diffidenze, l’incapacità di lavorare in squadra. Non sono difficoltà da poco e possono costituire un elemento decisivo per il successo o meno di qualsiasi iniziativa. E’ inutile dire che mi sto battendo perché questi principi riescano a entrare nelle abitudini della gente, ma non mi nascondo la difficoltà nel raggiungimento di questo obiettivo. Del resto queste forme aggregative sono indispensabili per poter accedere ai finanziamenti pubblici sia regionali che europei. Soprattutto questi ultimi offrono delle possibilità che andrebbero sfruttate e che potrebbero terminare nel 2013.
Per quel che riguarda i giovani, ho notato un crescente interesse verso un po’ tutte le attività agricole, magari sotto la veste di agriturismo e mi auguro che il progetto del ministro Zaia vada in porto, con la possibilità di offrire ai giovani dei terreni demaniali per permetterne l’utilizzo a fini agricoli. Comunque già adesso la Regione Piemonte, è giusto riconoscerlo, ha emanato dei bandi di incentivazione all’agricoltura dedicati soprattutto ai giovani e ci si augura che questa iniziativa contribuisca a portare risultati positivi.


Recentemente la Regione Piemonte ha stabilito la costituzione di un “Distretto Unico dei Vini” che comprende tutto il territorio piemontese. Come vede questa iniziativa?
La recente iniziativa della Regione Piemonte di costituire un “Distretto Unico dei Vini” su base regionale, se da un lato contribuisce a rendere più forte l’immagine della produzione vinicola soprattutto all’estero, dall’altro vedrà protagonisti i grandi nomi e le grandi produzioni, col pericolo di dare poca visibilità alle produzioni di nicchia come le nostre, a meno che non venga riconosciuta una specificità particolare alle produzioni montane.
Del resto il mondo già vede il Piemonte come una sorta di appendice della Francia, se poi non ci presentiamo almeno uniti su base regionale è difficile raggiungere obiettivi seppur minimi a livello internazionale.
Tornando alla produzione ossolana, le attuali estensioni a disposizione dell’attività vitivinicola sono veramente minime, solo 50 ettari, contro gli oltre mille dei primi del ‘900. Occorre favorire l’espansione delle proprietà, come si diceva in precedenza e far diventare più ‘professionali’ gli attuali agricoltori del settore.


Su quale settore dell’agricoltura montana si intende puntare oltre a quello vitivinicolo?
Occorrerebbe puntare al riconoscimento e alla valorizzazione della qualità, con i marchi previsti, Dop, Igp, ecc. Da noi in Ossola, esiste un’abbondante produzione di miele che andrebbe valorizzata di più, ma anche qui ci si trova di fronte alle difficoltà di aggregazione delle associazioni e serve una lunga opera di mediazione per far si che si riesca ad ottenere dei risultati, sia di immagine che di commercializzazione, veramente efficaci.


Quali sono i nuovi progetti che l’Amministrazione Provinciale ha messo in cantiere per il rilancio dell’Agrocoltura di Montagna?
Sono fiducioso che le iniziative messe in opera dalla nostra Amministrazione per il rilancio del settore agricolo producano effetti positivi. Fra questi spiccano due progetti ambiziosi. Il primo “Pro Alpi” che interessa quattro filiere: i formaggi caprini, gli insaccati, il miele e le erbe officinali, progetto Interreg di circa 850 mila euro con la vicina Svizzera, con cui si è costruita una società di gestione, a cui è associato anche l’Ente sanitario Svizzero per l’incentivazione delle produzioni, l’acquisto di macchinari e per promuovere il settore. Da qui si dovrebbe, nelle intenzioni, arrivare fino ad un altro obiettivo: l’educazione alimentare nelle scuole, per favorire le produzioni tipiche, sino ad arrivare a fornire le mense scolastiche con le produzioni locali.



L’Assessore non si nasconde le obiettive difficoltà di attuazione dell’idea.
Il secondo progetto è quello di una “Fiera Biennale della Montagna”, per valorizzare le produzioni tipiche e tutta l’economia che ruota attorno alla montagna. L’ ideale collocazione geografica sarebbe al centro delle Valli Ossolane.

L’intervista si è conclusa con l’auspicio, da parte dell’Assessore Bendotti, di un maggiore coinvolgimento dei giovani nell’agricoltura di montagna, puntando soprattutto nelle produzioni tipiche e di qualità.




Un’ultima domanda. Quale è il ruolo che l’enogastronomia può svolgere nel turismo della Provincia del Verbano Cusio Ossola?
Sono fiducioso nelle prospettive dell’area della Provincia. Il nostro territorio non ha nulla da invidiare ad altre zone montane più famose e l’enogastronomia può costituire, insieme al paesaggio e alle eccellenze artigianali, un ulteriore motivo di attrazione per il turismo, che può riuscire a trovare da noi quelle cose che difficilmente potrà trovare altrove. Occorre però crederci e agire uniti in questa direzione.
Questo è un punto molto importante anche per il futuro del turismo, soprattutto straniero, che sempre di più associa all’immagine dell’Italia, oltre alle città d’arte e alla moda, l’eno-astronomia, contribuendo a valorizzare le produzioni qualitativamente migliori. È difficile pensare a delle prospettive di sviluppo del settore, senza un coinvolgimento e direi anche un ritorno dei giovani ad un rapporto più stretto con il proprio territorio.



DIETRO LE QUINTE
Prima di iniziare l’intervista l’Assessore Bendotti mi ha detto che aveva cercato su Internet Teatro Naturale ed era approdato a Teatro Naturale International, il mensile in Inglese. Si era leggermente ‘allarmato’ma l’ho subito rassicurato confermandogli che l’intervista sarebbe stata in Italiano e dedicata a un pubblico Italiano.
L’incontro si è concluso in un tono molto amichevole, così come amichevole e informale era stato l’esordio.
Un’ultima annotazione. Sono stato ricevuto con perfetta puntualità, anzi vedendo che ero presente un po’ in anticipo, mi ha ricevuto prima dell’ora stabilita e non siamo mai stati interrotti, né dal telefono, né dal cellulare, spento, o da qualcuno che entrava. Indice di profondo rispetto e attenzione per l’interlocutore.

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