Mondo Enoico 25/07/2009

Albo per i sommeliers. E' tempo di rivoluzionare lo status quo?

A proporre tale ipotesi è un disegno di legge di cui si è discusso in Commissione agricoltura al Senato. Si tratta di una idea fattibile o è un palliativo normativo? Lo abbiamo chiesto ad alcuni giornalisti del settore, nonché agli stessi sommeliers e a chi ne ha sollecitato l'iniziativa




Succede anche questo in Italia. Accade che si pensi all'ipotesi di istituire un albo per sommeliers. Di questo infatti si sta discutendo in Commissione agricoltura a Palazzo Madama. E il tutto a seguito di una proposta lanciata dal senatore Pierfrancesco Gamba, e appoggiata dai parlamentari Francesco Amoruso, Alessio Butti, Maurizio Saia e Achille Totaro.

Il disegno di legge, in particolare, è stato presentato con il proposito di "qualificare meglio la figura del sommelier professionista, definendo un percorso di indiscutibile serietà e professionalità invece dell'autocertificazione di fatto avvenuta finora nei vari corsi e corsetti delle associazioni privatistiche che formano i degustatori".

Cosa pensare al riguardo?

Ha veramente senso istituire un ennesimo albo?
"Sì", dichiara prontamente il presidente dell'Aspi Giuseppe Vaccarini. "Sì - precisa - se questo serve, come nel nostro caso, a tutelare una professione e un discreto numero di professionisti"

"L'albo non serve", è il commento perentorio del presidente dell'Ais Terenzio Medri, rilasciato all'agenzia Ansa. E prosegue: "Mi sembra che questo ddl favorisca gli interessi di qualcuno, come le università con i corsi specialistici nel settore agroalimentare, piuttosto che gli interessi della professione. Una professione che già esiste e che ha un percorso formativo qualificato all'interno dei nostri corsi". Ma Medri aveva a suo tempo dedicato un editoriale su "De Vinis" (link esterno), l'organo ufficiale dell'Associazione italiana sommeliers.
Ciò che sostanzialmente emerge dall'editoriale di Medri è che "il disegno di legge non aggiunga nulla di nuovo a ciò che c'è già: i nostri corsi - avverte il presidente nazionale di Ais - vengono copiati in tutto il pianeta, la figura del sommelier è stata riconosciuta anche a livello contrattuale, il titolo di sommelier viene rilasciato dopo la frequenza dei corsi e un esame molto selettivo".
Non solo, Medri ribadisce i numeri: sono "due le associazioni riconosciute: una è l'Ais, con 35 mila iscritti, diecimila sommelier professionisti, 45 anni di storia trascorsi a parlare di vino e a formare sommelier preparati (con una didattica e libri di testo che ci vengono richiesti da tutto il mondo), persone che promuovono le eccellenze e i territori italiani. Non vediamo quindi tutto questo proliferare di associazioni di cui si fa cenno nel disegno di legge, molto vago e poco specifico, redatto senza consultare neanche una delle due associazioni che operano in questo ambito. E si vede.

LA FORMAZIONE
Già, la formazione. Ora, al di là dell'opinabile ipotesi di istituire un albo, non sarebbe comunque opportuno pensare a una regolamentazione del momento formativo, certamente necessaria per non arrivare a quanto è stato oggetto di satira con il comico Antonio Albanese?
Purtroppo esistono anche coloro che esagerano e si sentono capaci di tutto, anche di inventarsi aromi e gusti altrimenti inavvertibili. Forse è giunta l'ora di disciplinare la materia.

L'ipotesi di Gamba, di concepire un percorso formativo mirato, da collocare nell'ambito dei corsi di laurea di Scienze della preparazione alimentare, o nell'ambito degli Istituti alberghieri e degli Istituti agrari a indirizzo enologico, sarebbe fattibile?
"Sì, certo", ammette Vaccarini. "Come avviene in tutti i Paesi che vogliono fare una corretta formazione a tutti i livelli".

PRO O CONTRO L'ALBO PER I SOMMELIERS?

Luigi Odello, figura chiave quando si parla di analisi sensoriale, ideatore nonché anima pulsante del Centro Formazione Assaggiatori di Brescia, sostiene che "le associazioni dei sommelier in questo quasi mezzo secolo dalla loro nascita hanno fatto un lavoro egregio, generando una didattica di elevato livello e muovendo intorno al vino un mondo che sta ancora oggi lievitando a vista d’occhio. E’ vero che all’innovazione non c’è limite, e che oggi forse si renderebbe necessario un leggero cambio di filosofia, ma sostanzialmente, come sempre, le azioni che nascono dalla passione, e sono volontarie, sono le migliori.
Personalmente - aggiunge Odello - sono contro gli albi perché sostanzialmente legittimano alla professione discriminando ben poco in base alla qualità del professionista, e in questo caso sono ancora più perplesso: non ne comprendo il vantaggio che potrebbe arrivare alla categoria e ancora meno quello che deriverebbe alla società e al comparto vinicolo".


LE TESTIMONIANZE

E ora, a queste sollecitazioni hanno risposto, tra gli altri, i giornalisti Fabio Piccoli, Paolo Corbini, Franco Ziliani e Stefano Tesi.

Ma partiamo subito da quanto dichiarato dal presidente dell'Aspi Giuseppe Vaccarini e da quanto sostengono le figure direttamente implicate per il loro ruolo che ricoprono nella sommellerie nazionale, dal presidente Fisar Vittorio Cardaci Ama all'enologo Enrico Rana e al presidente dell'Onav Bruno Rivella.

Giuseppe Vaccarini

GIUSEPPE VACCARINI
Sommelier professionista; presidente Aspi, Associazione della Sommellerie Professionale Italiana

Il DDL 720, nato in tempi non sospetti (l'ispiratore del progetto è il sottoscritto, con la collaborazione del Sen. Gamba), sull'esempio della tutela degli Enologi, professione istituita circa venti anni fa con una legge analoga.

Di fatto eravamo già saturi della situazione sommelier in Italia e del suo anomalo sviluppo e, dopo numerose consultazioni con alcune categorie di professionisti, tra cui quella degli enologi che è la più vicina a noi, mi sono deciso a interpellare un parlamentare per portare avanti l'idea di tutelare la professione del sommelier.

Il progetto (lo si trova in fondo all'articolo come allegato), è stato costruito in modo tale da tener in conto che in Italia tale professione non era (e non è) ufficialmente riconosciuta, anche se più recentemente l'Ais ha raccolto il risultato di un mio lavoro precedente, che mirava all'inquadramento del sommelier nei contratti di lavoro.

Per creare un Albo è indispensabile che la categoria da tutelare abbia un suo percorso formativo ben definito, compreso un breve iter universitario. Questo è quanto indicato dalla legge europea ed è per questo che il testo del progetto di legge per la tutela del sommelier lo prevede.
La mia iniziativa mira esclusivamente a fare chiarezza su una professione e una categoria di professionisti il cui nome viene giornalmente utilizzato in modo improprio...

L'Italia è sì il Paese di tutta l'erba un fascio, del volemose bene, dei ladroni e degli approfittatori, questo è vero, ma è anche il paese di persone che lavorano una vita intera per fare qualcosa di buono, spesso messi in penombra di loschi figuri a tutti ben noti. Sia chiaro, io non ce l'ho con nessuno, e so benissimo che anche all'interno delle varie associazioni vi è un fior fiore di professionisti seri e diligenti, che credono nelle loro scelte.

Chi lavora e sta dietro le quinte, sta cercando di creare qualcosa di buono in questo Paese, e per questa professione. Alcuni ci tacciano di snob, di persone che si mettono al di sopra della massa perchè si credono eletti. No, noi siamo Sommelier. Non avvocati, comercialisti, medici, pubblicitari, ecc. Tutto qua. Chiamateci per quello che siamo e non chiamate gli altri per quello che non sono.

In Italia la normalità diviene straordinarietà in qualsiasi campo. Noi vogliamo un semplice ritorno alla normalità.
Noi speriamo che i tempi cambino.


VITTORIO CARDACI AMA
Sommelier professionista, presidente nazionale Fisar

Il disegno di legge in questione vorrebbe la “regolamentazione organica e uniforme della professione di sommelier, che ne disciplini le caratteristiche, i contenuti e i limiti dell’attività, le forme e i requisiti di accesso, la formazione”. Vorrei innanzitutto precisare che nessuno ha sentito la necessità di interpellare preventivamente le uniche due associazioni riconosciute (Fisar e Ais) e che sono le sole ad occuparsi da decenni della formazione dei sommelier.

E’ sufficiente leggere l’articolo numero 1 del disegno di legge (Definizione della professione di sommelier) che testualmente recita:
La professione di sommelier comprende le attività volte all’esame e alla certificazione qualitativa nonché la conoscenza e l’impiego delle tecniche di somministrazione dei prodotti e dei distillati viti-vinicoli in fase di distribuzione e di consumo finale. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.

Quanto riportato nell’articolo 1 citato, mi sembra a dir poco riduttivo, oltre che fuorviante, ed è evidente che l’estensore del Disegno di Legge ignora le reali mansioni del sommelier, tralasciando l’aspetto basilare che è l’abbinamento vino-cibo, oltre alla conoscenza dell’enografia mondiale.

La Fisar, la Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori, da quasi quarant’anni è impegnata a diffondere in Italia la cultura del vino, con presenze anche all’estero (Brasile, Giappone, ecc.), avvalendosi anche di docenti universitari e comunque sempre di docenti qualificati.

Come la consorella Ais, l’Associazione Italiana Sommelier, la Fisar è presente quasi in tutte le province italiane, e organizza annualmente numerosi corsi per il conseguimento della qualifica di sommelier, che si può ottenere solo superando positivamente tre livelli, ciascuno con 12-14 lezioni tematiche, e aattraverso degustazioni guidate di vini italiani ed esteri, visite a cantine e incontri con tecnici qualificati e personalità del mondo vitivinicolo e ristorativo.

In questi quarant’anni di vita, la Fisar ha affrontato e risolto numerosi problemi organizzativi e gestionali, e gli sforzi sostenuti sono stati davvero enormi sia sotto il profilo economico, sia, soprattutto, sotto il profilo morale e delle risorse umane investite in un serio progetto formativo che ha avuto nel corso degli anni, e continua ad avere, positivi riscontri da parte delle istituzioni locali – Regioni, Province, Consorzi di Comuni, Comuni, Comunità montane, Camere di Commercio – e di numerose associazioni – Enti fieristici, Confcommercio, Confesercenti, Confagricoltura, Coldiretti, Cna, Pro Loco, ecc. – che si avvalgono dei nostri programmi per la formazione di personale qualificato da inserire nel mondo del lavoro e dei nostri sommelier per le Commissioni Provinciali dei vini Doc e Docg,

per le Commissioni giudicatrici dei concorsi enologici, per l’organizzazione di Mostre, Fiere del vino e altre manifestazione enologiche, ecc.

Credo a questo punto di dover ricordare che se la figura del sommelier ha assunto in questi ultimi anni un'importanza sempre più rilevante, tanto da sollecitare cinque Senatori a presentare un disegno di legge sull’argomento, è indubbio che a valorizzare questa figura hanno contribuito essenzialmente la Fisar e l’Ais, che sono due associazioni di sommellerie riconosciute e accreditate presso enti pubblici, associazioni e importanti realtà private.

Gli Enti e le Associazioni citate hanno riconosciuto, anche sotto l’aspetto prettamente sindacale, oltre che professionale, che la figura del sommelier preparato dalla nostra Associazione è stata e continua ad essere inserita in molti contratti di lavoro e adeguatamente e utilmente impiegata in vari campi dell’enogastronomia – soprattutto nel mondo ristorativo-alberghiero, nelle enoteche, nei bar – alzandone il livello qualitativo e di immagine.

La Fisar ritiene poi che sia molto difficile che il formare una figura di sommelier, come proposto nel Disegno di Legge n. 720, possa avere un positivo e concreto riscontro nel mondo del lavoro, per i costi che un’azienda dovrebbe sostenere per il suo inquadramento sindacale. Creare un albo per sommelier presso le Camere di commercio di competenza significa inoltre tornare al passato e andare contro i nuovi principi dell’Unione Europea, che tende a smantellare le corporazioni. Va poi sottolineato che il futuro sommelier non potrà certificare la qualità di un vino, in quanto la certificazione va fatta esclusivamente su dati certi ed analitici di laboratorio e non su sensazioni del momento o con la degustazione alla cieca, per cui quanto proposto dal citato disegno di legge non potrebbe che limitarsi a creare dei sommelier del tutto uguali a quelli già preparati con serietà e competenza dalla Fisar e dall’Ais, con l’aggravio, certamente non trascurabile, di impegnativi oneri per lo Stato e le Istituzioni che verrebbero a ciò delegate.

Desidero, infine, ricordare l’attento e continuo impegno della Fisar nella campagna per l’intelligente cultura del bere e contro l'alcolismo, una azione che si concretizza quotidianamente sia nei nostri corsi che in numerose apposite manifestazioni dedicate sia ai nostri associati che agli operatori del settore.

Abbiamo inoltrato al Presidente del Senato la richiesta di poter essere ascoltati, mettendo fin da subito a disposizione i nostri 40 anni di esperienza e di cultura formativa, e ciò durante il cammino parlamentare della proposta di legge citata, che se approvata, anche col consenso delle Associazioni interessate, segnerebbe un momento veramente importante per tutto il mondo dell’enogastronomia italiana, che è colonna portante anche del movimento turistico, così fondamentale per l’economia del nostro Paese.

Vittorio Cardaci Ama
Presidente nazionale Fisar


ENRICO RANA
Enologo

Sicuramente la figura del sommelier professionista sta diventando sempre più importante, ma è necessario che il percorso formativo diventi più selettivo e che non si limiti a formare dei degustatori ma dei veri conoscitori del mondo enologico.

Detto ciò, mi sembra un po’ esagerato parlare di albo dei sommelier, soprattutto quando non esiste ancora l’albo degli enologi. Noi enologi siamo tutelati solamente dall’Assoenologi, che è un’associazione di categoria privata.
Io punterei piuttosto a mantenere l’Associazione italiana sommelier esistente, e magari a tutelarla per evitare che vi siano troppe “imitazioni”. Esistono, infatti, moltissimi corsi paralleli che cercano di copiare quelli tenuti dai sommelier con discutibili risultati.

In ogni caso, al di là dell'opinabile ipotesi di istituire un albo, sarebbe necessario perfezionare la formazione dei sommelier e ampliare le conoscenze enologiche e non solo di degustazione. La parte enologica, infatti, viene trattata superficialmente, solamente nel primo corso, mentre un buon sommelier, nella sala di un ristorante, oltre alla degustazione, deve sapere dove e come nasce un vino in modo da poterlo proporre al meglio.


BRUNO RIVELLA
Presidente Onav, Oraganizzazione nazionale assaggiatori vino

Tengo a precisare che l'organizzazione che ho l'onore di presiedere, l'Onav, l'Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino, non ha nulla a che fare con i
"sommeliers".
Noi siamo formati per essere "giudici" del vino nei concorsi,nelle
commissioni di controllo delle doc e docg, nel Comitato Nazionale Vini presso il
Ministero Politiche Agricole, nei Comitati Regionali e locali che si occupano
delle questioni del vino e della sua qualità.

Per statuto non ci occupiamo di commercializzazione in alcuna fase (uve, vino sfuso, bottiglia, servizio al tavolo).
Desidero chiarire che "assaggiatore" e "sommelier" sono due figure ben
distinte.
L"assaggiatore Onav" è stato concepito per essere il "giudice" per i
concorsi e per tutte le occasioni in cui si cerca un giudizio "super-partes", interprofessionale.

Onav nacque nel 1951, voluta dalle Istituzioni che si occupavano del vino: Camere di Commercio, Scuole Enologiche, Istituti Sperimentali per l'Enologia, Ministero Agricoltura, Associazione Enotecnici Italiani, ecc.
Nello statuto, ancora oggi, è fatto divieto al socio Onav di utilizzare tale qualifica a scopi commerciali, pena la radiazione.

Il "sommelier" nacque in quel di Milano (ricordo che partecipai alle riunioni
dell'Associazione Enotecnici) per avere finalmente un "cameriere esperto nei
vini". Questo è il suo ruolo, ruolo che si è dimostrato utilissimo per
portare il vino al miglioramento della sua qualità. Egli "deve" conoscere
molto bene il vino che ha in cantina per servirlo nelle migliori condizioni
e con il migliore abbinamento.

Il sommelier deve saper assaggiare il vino non per stilarne una graduatoria, bensì per proporlo al cliente; non deve individuarne i difetti ma ricercare l'abbinamento più consono (tipo di vino, annata, produttore, stato di conservazione).

La concezione dell'Onav, e anche mia, è che ognuno deve mantenere il proprio ruolo.
Il viticoltore deve produrre le uve migliori per ottenere il vino che il commerciante cerca.
Questo, a sua volta, deve cercare il vino che meglio si adatta al suo mercato.
L'Enologo deve trasformare le uve e curare il vino affinchè giunga al consumatore nelle migliori condizioni possibili.
L'Assaggiatore Onav deve emettere giudizi oggettivi (mai personali) sullo
stato attuale del vino in esame attenendosi alle regole tecniche, legali e
commerciali del momento.
Non suggerisce cure (competenza dell'enologo), servizio (competenza del
sommelier), marketing (competenze dell'imprenditore). Può soltanto ipotizzare una possibile evoluzione nel tempo per aiutare il consumatore nella scelta.
Il sommelier deve conservare nel modo migliore il vino e proporlo al
consumatore in abbinamento ai piatti più consoni.

Per ciò che attiene alla Sua richiesta circa l'utilità di istituire un albo
dei sommeliers, Le rispondo che non ci riguarda minimamente, se non come
cittadini.
Ad ogni cittadino piacerebbe sicuramente essere tranquillo che chi si
propone con una mansione abbia i requisiti minimi per svolgerla.Quindi chi
si presenta come sommelier abbia un percorso certificato da un Ente (con
regole come può essere AIS, FISAR, ecc) e non sia improvvisato con " diplomi"
rilasciati dal "furbetto" di turno(che spesso usa affermazioni e titoli non
chiari).

Per ciò che attiene la regolamentazione del percorso formativo Le rispondo
che sono convinto che ciò debba essere la base di qualsiasi attività.
L'unico problema è come renderla ottimale con docenti che insegnino ed
allievi che apprendano.
Sono un ex insegnante e posso dirLe che non ho trovato un "metodo"sicuro di controllo se si esclude quello della richiesta di "licenziati"da parte del
mondo operativo.
Ero orgoglioso di avere gli allievi dei corsi , alla cui formazione
partecipavo anch'io,occupati ancora prima di essere diplomati. Mi occupavo
di tecnici agro-viti-enologici.

L'ipotesi del Senatore Gamba mi trova concorde tanto che da almeno venti
anni l'Onav svolge corsi destinati a laureandi,laureati,studenti
alberghieri,studenti agrari.
Nello scorso maggio abbiamo tenuto un convegno(autofinanziato) presso la
Scuola Agraria di Conegliano Veneto per sensibilizzare gli studenti al buon
uso del vino di qualità sia come tecnici che come consumatori.
Ci siamo spinti anche nelle scuole elementari e medie per insegnare la
cultura del vino: i vantaggi del buon uso e gli svantaggi dell'abuso o
dell'uso scorretto.
Un suggerimento che mi permetto di dare al Sen. Gamba e a tutti coloro che
volessero interessarsi del problema didattico è quello di renderlo
"facoltativo". Inserirlo in un percorso formativo porterebbe facilmente a
risultati "scarsi" vuoi per la presenza di scaldasedie vuoi per la scarsa
professionalità dei docenti che potrebbero essere "presi in carico"con
graduatorie ministeriali o locali.
L'esperienza me lo insegna. L'Onav dispone attualmente di circa trecento
"docenti interni". Ha istituito una serie di "valutazioni incrociate" che
permettono di selezionarli. Una ventina sono molto preparati,un centinaio
sono sufficientemente preparati. Le ricordo che i partecipanti pagano di
tasca loro le lezioni e quindi hanno il diritto, a fine corso,di avere ciò
che cercavano: la capacità di esprimere una valutazione corretta dei vini
della loro zona.

Vedrei come una soluzione ottimale una compartecipazione delle Istituzioni per abbattere i costi, ma vorrei che lo studente contribuisse economicamente almeno in parte (magari attraverso borse di studio, come abbiamo fatto lo scorso anno con l'Ist.Tecnico Agrario di Alba).
A fine corso un "bonus" certificato in modo autorevole, da inserire nei
curriculum.

Bruno Rivella


Fabio Piccoli

FABIO PICCOLI
Giornalista

Penso che l'idea di istituire un albo per i sommeliers sia soprattutto una scelta inutile, dalla scarsa efficacia. Ritengo invece molto più interessante l'inserimento di percorsi formativi specifici sia all'università, ma non solo nel corso di laurea di scienze delle preparazione alimentare, ma in tutte quelle facoltà che vedono gli alimenti e l'agroalimentare coinvolto a vari livelli - anche la facoltà di agraria, tanto per intenderci.

Sono totalmente d'accordo sull'inserimento anche di questi percorsi nelle scuole alberghiere, strumento straordinario di formazione sulla nostra eccellenza enogastronomica, se venissero finalmente valorizzati come veri e propri licei di gastronomia.
Ma forse questa è anche l'occasione per verificare se i percorsi formativi destinati alla creazione di sommelier sono adeguati alla realtà dei tempi. Per me non lo sono. Ci si basa ancora troppo su elementi di vecchi modelli di analisi sensoriale, tecnicismi fuori luogo, poca cura del linguaggio in relazione ai diversi tipi di target, scarsa attenzione agli elementi storico culturali del vino nonché agli aspetti emozionali.
Più che all'albo, pertanto, si deve pensare a quale sommelier vogliamo per il futuro. E' tempo di rivoluzioni vere non di palliativi normativi.

Fabio Piccoli


PAOLO CORBINI
Direttore di "Terre del vino", mensile organo ufficiale dell'associazione nazionale delle "Città del vino"

In questo comunicato è contenuta la posizione ufficiale dell'Associazione:

“Il provvedimento va sicuramente nella giusta direzione, intendendo offrire al settore vitivinicolo e della ristorazione, un ulteriore elemento di professionalità in grado di supportare gli aspetti informativi ed educativi che sono individuabili nell’ampia filiera dell’enogastronomia italiana”: è questa il giudizio positivo espresso oggi dalle Città del Vino - l’associazione dei Comuni a più alta vocazione vitivinicola d’Italia - in audizione in Commissione Agricoltura al Senato sul Disegno di Legge “Disciplina della professione di sommelier e delega al Governo per la regolamentazione della materia”. Per le Città del Vino, la proposta in discussione al Senato, dovrebbe essere estesa anche anche a tutti gli assaggiatori di prodotti tipici italiani, come nel caso dell’olio o dei formaggi, ma non solo, offrendo uno spettro ben più ampio alla figura del “degustatore professionale”, la cui esperienza può diventare un utile strumento di “certificazione” e a difesa dell’originalità e dell’alta qualità della produzione made in Italy.

“La figura del sommelier è importantissima - sottolinea il Presidente delle Città del Vino Valentino Valentini - in quanto, non solo è chiamato a selezionare vini per ristoranti ed alberghi, ma è sempre più un divulgatore nei confronti del consumatore, al quale deve saper offrire, insieme al vino, una buona capacità di comunicazione per informare ed educare ad un consumo consapevole, un’esigenza, oggi, più che mai necessaria, anche se il vino è il minor indiziato di fronte al problema dell’abuso di alcol. La necessità di specializzare questa professione - prosegue Valentini - deriva anche dalle recenti disposizioni dell’Ocm vino (Reg. 479/2008) che introducono ampie novità, non sempre positive, sulle denominazioni di origine e sull’etichettatura dei vini stessi. Per tanto una figura di sommelier che possa fornire un servizio sempre più adeguato e professionale, è quanto mai auspicabile nel mondo dell’enogastronomia, dove la ristorazione, ma anche le altre forme di commercializzazione e distribuzione, ricoprono un ruolo informativo ed educativo nei confronti dei gusti e delle tendenze dei consumatori”.

Ai vertici mondiali per qualità e quantità, l’Italia è ricca non solo di prodotti vitivinicoli (477 tra Doc, Docg e Igt, 40.000 aziende imbottigliatrici), ma anche gastronomici (116 Dop, 64 Igp, oltre ai Prodotti Tipici Tradizionali). Per questo, oggi, l’approfondimento e la conoscenza non riguardano più solo il vino: molti altri prodotti patrimonio della tradizione italiana sono al centro dell’interesse dei consumatori, che sempre più vogliono capire e saper scegliere. Dall’olio extra vergine di oliva ai formaggi, dai salumi al caffè, fino alla cioccolata e così via, sono diventati oggetto di degustazione, tanto da far nascere nel tempo nuove figure di esperti e assaggiatori professionali. Per questo, secondo le Città del Vino, la proposta in discussione al Senato, dovrebbe essere estesa alla figura del “degustatore professionale”, la cui esperienza può diventare ulteriore strumento di “certificazione” e di difesa dell’originalità e della qualità dei prodotti italiani.

Per le Città del Vino la creazione di un Albo ufficiale dei sommelier, costituisce un forte elemento di responsabilizzazione della categoria, che, negli ultimi vent’anni, ha svolto un ruolo importante, ma che ha bisogno di un ulteriore salto di qualità. Le nuove norme che regolamenteranno l’attività dei degustatori dovranno essere concordate anche a livello europeo, dove peraltro, per quanto riguarda il vino, la Ue ha già da tempo fatto proprie le regole dell’O.I.V. (Organisation Internazionale de la Vigne e du Vin), cui fanno riferimento tutte le commissioni di degustazione.

Per quanto riguarda i requisiti formativi per l’esercizio della professione di sommelier, a cui si fa riferimento nel Disegno di Legge, per le Città del Vino sarà opportuno aggiungere, tra gli enti abilitati alla formazione didattica e professionale, anche gli Istituti Tecnici Agrari a indirizzo enologico e le Scuole Enologiche - che in Italia sono ai vertici europei per qualità della didattica - affinché vi sia una più completa offerta formativa, che non può limitarsi solo agli Istituti Alberghieri.

Paolo Corbini


FRANCO ZILIANI
Giornalista

Un albo per i sommeliers? E' un'emerita stupidata. E l'ho scritto in un post sul mio blog "Vino al vino": link esterno

Franco Ziliani


STEFANO TESI
Giornalista

Sono in genere contrario al proliferare degli ordini e quello dei sommelier mi pare perfino ridicolo. Concordo comunque sul punto della formazione.

di T N