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IL VINO ITALIANO E’ DECISAMENTE TROPPO CARO PER I NOSTRI CONNAZIONALI E COSI’ SI GUARDA ALL’ESTERO. A SORPRESA, PERO’, SEMPRE MENO VERSO I MERCATI TRADIZIONALI. I CONSUMI CRESCONO NELL’EUROPA DELL’EST E IN ESTREMO ORIENTE

Le bottiglie top della nostra produzione sembrano destinate quasi esclusivamente ai mercati internazionali, mentre si assottiglia il cosiddetto “ceto medio del vino” e le fasce basse di mercato sono ora più permeabili che non in passato alle produzioni che arrivano dal Nuovo Mondo. Il super euro ci sta facendo divenire importatori di vino e sta frenando il nostro export

27 ottobre 2007 | T N

Che ci piaccia o no il vino made in Italy rischia di diventare troppo caro per gli italiani.
A spiegarlo sono gli andamenti economici globali e la differenza di potere di acquisto tra i consumatori dei diversi Paesi.
E’ l’effetto più pericoloso del Super-euro che, se potrebbe frenare in parte il nostro export, rischia di farci diventare importatori di vino.

I produttori di vino più accorti già intravedono questo scenario e corrono ai ripari. Alcuni – i gruppi più consistenti – cominciano a progettare una possibile delocalizzazione delle produzioni di base, gli altri puntano su una forte divaricazione della gamma: da una parte il vino destinato a solcare i mercati mondiali, dall’altro quello destinato al mercato interno.

Gli scenari dell’export ci dicono che il vino italiano tira. Ma è soprattutto il vino che rientra nel “made in Italy” quello che fa immagine, quello che è determinato da grandissimi vini, ad avere tassi sostenuti di crescita. Il caso Brunello ormai è noto a tutti: 1 bottiglia su 4 del vino di Montalcino è venduta negli Usa, quasi 2 su 4 vanno all’estero. Nel complesso dell’agroalimentare i cosiddetti magnifici dieci del “made in Italy” rappresentano il 59% delle nostre esportazioni.

Esportiamo alta qualità, importiamo beni di largo consumo e materie prime.
In sostanza significa che gli italiani hanno sempre meno soldi da spendere e che si orientano su prodotti di basso prezzo, tendendo a tagliare i beni non strettamente necessari. E’ in questa fase che concorrenti come gli australiani (il 75% del loro vino viene venduto all’estero), cileni (l’80% del loro vino è esportato) e spagnoli cercano di inserirsi per conquistare le fasce basse del nostro mercato domestico, giudicato finora impermeabile, visto che quasi 9 litri di vino su 10 consumati in Italia sono italiani. A vantaggio di australiani e cileni c’è ora anche il cambio. Per contro, il vino italiano di grande qualità continua ad ottenere straordinarie performances sui mercati internazionali. Il Super-euro può avere esiti negativi sul mercato statunitense e in generale sull’area dollaro.

Una fortuna allora che le "locomotive" del consumo oggi stanno tutte a Est.
La Russia è la nazione che nel periodo 2000-2006 ha segnato il più forte incremento al mondo di crescita, con un +20%, e ormai viaggia vicino ai 20 milioni di ettolitri, ma anche le altre nazioni dell’Est Europa stanno mettendo a segno notevoli performance. L’Ucraina ha tassi d’incremento di consumo vicini al 12% in cinque anni, la Romania sta poco sotto l’8%, e lo stesso vale per le repubbliche baltiche.
E poi la frontiera estremo-orientale. E’ vero che il mercato cinese in termini di consumo pro-capite è poco sopra i due litri, ma è anche vero che ha un tasso di crescita del 7%, preparandosi ad assorbire (ma anche a produrre) un oceano di vino. Egualmente in crescita sono i mercati di Filippine e Thailandia, dove incide in misura non trascurabile il turismo. In ripresa il consumo in Giappone, anche se la quota pro-capite rimane attorno ai 3 litri.

Nella vecchia Europa, invece, si sta ridisegnando drasticamente la mappa del consumo: se Italia, Francia, Spagna e Portogallo accusano flessioni di consumo, l’impennata maggiore si è avuta in Irlanda (tasso di crescita nel quinquennio attorno al 10%).
Nei Paesi del grande Nord, con Finlandia e Norvegia a fare da traino, buone performance di Svezia, Olanda e Belgio (con tassi di crescita attorno al 5% nel quinquennio).

Una prova di tutto questo si avrà al Salone del Vino, dove va in scena il quarto Workshop Internazionale. Le cantine presenteranno agli operatori commerciali che arrivano da Giappone, India, Russia, Taiwan, Olanda, Danimarca, Stati Uniti, Singapore, Corea del Sud, Cina, Malesia, Maldive, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Sud Africa e Svezia la loro produzione. Esattamente agli operatori di quei mercati che stanno disegnando la nuova geografia di Bacco.

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