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Unicredit e Mediobanca: il mondo del vino italiano è in ottima salute
Alla vigilia di Vinitaly due importanti istituti di credito escono con report che indicano che il settore vitivinicolo italiano cresce, fattura e conquista mercati internazionali. Solo l'1,2% delle imprese vitivinicole hanno un'affidabilità creditizia fragile, il 70% è solidissimo
05 aprile 2019 | T N
Secondo Unicredit e Mediobanca il settore prosegue nella propria dinamica di crescita e conferma, con risultati apprezzabili, il processo di riposizionamento su uno scacchiere mondiale in continua e rapida evoluzione.
In Italia il settore del vino conta circa 2 mila imprese industriali e fattura oltre 11 miliardi di euro, l’8% circa del fatturato nazionale del settore Food&Beverage. Le cooperative (cantine sociali e consorzi) valgono circa il 40% del fatturato settoriale e il 60% della produzione in volume. L’intero comparto denota una propensione all’export elevata, con un valore di 6,2 miliardi di euro generato sui mercati esteri. (il 54% del fatturato totale, in aumento rispetto al 51% del 2017). Su questo versante picchi di eccellenza si registrano nei segmenti dei vini Dop/Igp e degli spumanti, con una propensione all’export che si attesta, rispettivamente, al 58% e al 63%.
Nel 2018 le vendite mondiali di vino hanno superato i 30 miliardi di euro, in crescita dello 0,8% rispetto all’anno precedente e a dispetto della contrazione dei volumi globali (-6,7% a/a). Sul fronte delle importazioni si registra un grado di concentrazione relativamente moderato con i primi 10 paesi importatori in grado di intercettare solo 67% degli scambi globali. Gli Stati Uniti si confermano primo mercato mondiale ma buone dinamiche di crescita si registrano per mercati “maturi” come Belgio (+2,7%), Germania (+1,9%) e Paesi Bassi (+1,3%). Viceversa i paesi esportatori sono molto concentrati, tanto che i primi 3 paesi UE esportano il 60% dell’export mondiale.
In questo quadro l’Italia detiene una quota del 19,8% del totale export in valore, con 6,2 mld € di vendite sui mercati esteri. Dall’analisi emerge come nell’ultimo decennio le esportazioni italiane di vino abbiano puntato sempre più sulla qualità, come rivela la rapida crescita delle vendite in valore (+5,2% medio annuo nel periodo 2007/2018) rispetto ai volumi esportati, rimasti invece quasi invariati (+0,3% nello stesso periodo). Tale tendenza si è confermata anche nel 2018, con il valore dell’export in crescita del 3,3% sull’anno precedente nonostante il calo dei volumi (-7,8% a/a). Gli Usa rimangono il primo mercato di sbocco, seguiti da Germania e Regno Unito. Questi 3 mercati insieme assorbono più della metà (53,6%) dell’export italiano globale. Tra i mercati di destinazione che crescono di più rispetto al 2017 si segnalano la Francia (+10,1%), la Svezia (+7,5%) e i Paesi Bassi (+5,6%).
Guardando ai singoli Paesi, secondo un’elaborazione UniCredit su dati Nomisma Wine Monitor i mercati più interessanti per l’export di vino italiano nel 2020 saranno:
- per i vini fermi: la Cina, dove sono previste volumi di vendite in aumento dell’11,9%, il Canada (+6,5%) e e il Giappone (+4,2%)
- per gli spumanti: conferme per Canada, Usa e Cina, dove si dovrebbe registrare una crescita rispettivamente del 18,4%, del 14,6% e del 12,2%
Da segnalare le stime al ribasso per la Germania, partner commerciale storico in cui si dovrebbe assistere a una contrazione dei consumi, sia nel comparto dei vini fermi (-0,1%), che negli spumanti (-0,8%).
Ulteriori dati vengono forniti da Mediobanca che sottolinea il maggiore sviluppo nel fatturato lo registrano le cooperative (+9,2% sul 2017), trainate dal mercato interno (+13,6%).
Le spa e le srl sono in crescita del 6,7% (+7,0% all'estero), mentre gli spumanti e i "vini non spumanti" crescono del 7,1% e del 7,6%, i primi grazie all'export (+7,2%) e i secondi spinti dalle vendite domestiche (+10,8%). Per l'occupazione la crescita vede in testa le spa e srl (+6,1%) e gli spumanti (+5,8%) davanti ai "vini non spumanti" (+3,4%). Meno netto l'incremento della forza lavoro per le cooperative (+1,6%). Per gli investimenti a distinguersi sono i "vini non spumanti" (+30,4%), seguiti dagli spumanti (+10,8%). Per il 2019 l'82,6% degli intervistati prevede di non subire un calo delle vendite, il 10,5% crede in un aumento del fatturato in doppia cifra e il 17,4% si aspetta una flessione dei ricavi.
Performance economico-finanziaria
L’analisi UniCredit su un campione di 685 imprese produttrici di vino che hanno depositato il bilancio negli ultimi 5 anni conferma le buone performance del settore nel periodo 2013-2017, con una crescita del fatturato ad un tasso medio annuo del 3,9%. La classificazione delle imprese per fatturato segnala un andamento migliore delle imprese con fatturato superiore a 5 mln € rispetto a quelle con fatturato inferiore a tale soglia, confermando che in questo settore la dimensione conta favorendo un migliore posizionamento sul mercato, soprattutto grazie a reti di vendita più articolate e alla capacità di andare all'estero.
I margini del settore nel quinquennio sono aumentati ad un tasso medio annuo del 5,8% riflettendo il progressivo posizionamento delle imprese su una tipologia qualitativa migliore. Anche qui si rileva la migliore performance delle imprese con fatturato superiore a 5 mln €, mentre le piccole riflettono una sensibilità maggiore all'andamento della domanda.
Secondo Mediobanca i dati relativi all'affidabilità creditizia confermano la solidità delle imprese vitivinicole: nel 2017 il 70% delle ricade nella classe investment grade, il 28,6% in quella delle imprese intermedie e il residuo (1,2%) in quella delle fragili.
Cl
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