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UNA CURA RADICALE PER IL SETTORE VITIVINICOLO. NIENTE PIU’ DISTILLAZIONE, NE’ ZUCCHERAGGIO. PREVISTA ANCHE UNA CURA DIMAGRANTE: QUATTROCENTOMILA GLI ETTARI VITATI DA ESTIRPARE

L’Unione europea produce troppo. Troppo vino non trova sbocchi di mercato e viene così trasformato in alcol industriale con un aggravio eccessivo per le casse europee. Promozione e liberalizzazione, ecco le ricette della commissaria Fischer Boel. Semplificare le norme sulle pratiche enologiche e l’etichettatura ed eliminare le quote di reimpianto vigneto. Una vera rivoluzione

24 giugno 2006 | Graziano Alderighi

“Il nostro settore vitivinicolo ha un enorme potenziale di sviluppo – ha dichiarato la Commissaria Mariann Fischer Boel, responsabile dell'Agricoltura e dello Sviluppo rurale - e dobbiamo darci da fare per sfruttarlo appieno. Nonostante il nostro retroterra storico e la qualità di moltissimi vini europei, il settore vitivinicolo deve affrontare gravi problemi. I consumi scendono e le esportazioni in provenienza dai paesi del Nuovo Mondo stanno invadendo il mercato. Il fatto è che in Europa stiamo producendo troppo vino per il quale non ci sono sbocchi di mercato e spendiamo troppi soldi per smaltire eccedenze, anziché rafforzare la qualità e la competitività. Norme troppo complesse frenano i produttori e confondono i consumatori. Lungi dal voler decurtare il bilancio del settore di un miliardo e duecento milioni di euro all’anno, ritengo semplicemente che questi soldi vadano spesi in maniera più intelligente. Abbiamo davanti a noi la grande opportunità di ridare al vino europeo il posto di eccellenza che merita: non sprechiamola!”.

Una proposta radicale, anzi rivoluzionaria
Gli obiettivi perseguiti sono aumentare la competitività dei produttori europei di vino, rafforzare la notorietà dei vini europei, riconquistare quote di mercato, ripristinare l’equilibrio tra offerta e domanda e semplificare le norme, salvaguardando nel contempo le migliori tradizioni della viticoltura europea e rafforzando il tessuto sociale ed ambientale delle zone rurali.
La Commissione, dopo aver preso in esame quattro scenari di riforma, si è schierata decisamente a favore di una riforma radicale, specifica per il settore del vino, da attuare secondo un piano in una sola tappa oppure in due tappe.

I principali punti della riforma
Riattivazione del regime di estirpazione di superfici vitate, abbinato a un premio di livello tale da invogliare i produttori non competitivi ad abbandonare la viticoltura. Il premio verrebbe ridotto annualmente, così da incitare i produttori a richiederlo fin dal primo anno. Lo scopo è espiantare 400.000 ettari in cinque anni, a fronte di aiuti per un importo massimo complessivo di 2,4 miliardi di euro. L’estirpazione sarà del tutto volontaria.

Il regime dei diritti di impianto sarebbe prorogato fino al 2013, data di scadenza definitiva. I produttori meno competitivi sarebbero incentivati a vendere i loro diritti, mentre quelli che restano dovrebbero diventare più competitivi nella misura in cui il costo dei diritti di impianto non sarebbe più tale da impedire l’espansione delle loro aziende. La comunicazione prende in esame anche una variante in una sola tappa della riforma, che richiederebbe adattamenti estremamente rapidi e impegnativi per il settore. Secondo questa formula, il regime di limitazione dei diritti di impianto scadrebbe il 1° agosto 2010 oppure sarebbe abolito immediatamente insieme all'attuale regime di estirpazione dei vigneti. Ogni ettaro di superficie estirpata a spese dell’agricoltore entrerebbe a far parte della superficie ammissibile al regime di pagamento unico.

Le superfici estirpate potrebbero beneficiare del pagamento unico per azienda, subordinatamente al rispetto di requisiti ambientali minimi.

Sarebbero abolite le misure di regolazione del mercato come l’aiuto per la distillazione dei sottoprodotti, l’aiuto per il magazzinaggio privato e l’aiuto per l’uso del mosto. La distillazione di crisi sarebbe abolita o sostituita da una sorta di rete di sicurezza alternativa, finanziata a partire dalla dotazione finanziaria nazionale. Tale dotazione nazionale verrebbe assegnata a tutti i paesi produttori per finanziare le misure che meglio si attagliano alle rispettive situazioni locali.

Parte dei fondi sarebbe trasferita al bilancio dello sviluppo rurale per finanziare misure specifiche per il settore vitivinicolo, come prepensionamenti dell’entità di 18.000 euro all’anno e programmi agroambientali.

Attuazione di una politica di qualità più semplice e trasparente, che istituisce due categorie di vino: i vini a indicazione geografica e i vini senza indicazione geografica.

Adozione di norme di etichettatura più semplici, a vantaggio dei consumatori, che aiuterebbero inoltre i produttori a rafforzare la propria posizione concorrenziale. Ad esempio, contrariamente al divieto oggi in vigore, potrebbe essere ammessa l’indicazione del vitigno e dell’annata anche per i vini senza indicazione geografica.

La competenza di approvare le nuove pratiche enologiche sarebbe affidata alla Commissione e sarebbero riconosciute le pratiche enologiche ammesse dall’OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino).

Divieto dello zuccheraggio per l’aumento del titolo alcolometrico del vino.

Le reazioni
“Obiettivo prioritario deve restare quello di mantenere le risorse al settore, evitando penalizzazioni per i produttori – secondo la Cia-Confederazione italiana agricoltori - Nel rilevare che si prospetta una discussione difficile e lunga sulla proposta dell’esecutivo di Bruxelles, la migliore soluzione potrà essere trovata in un “mix” di quelle presentate nelle quattro opzioni ventilate dalla Commissione e basata sulla ricerca della competitività, della innovazione, della semplificazione e della promozione del consumo dei prodotti europei. La preoccupazione maggiore riguarda la volontà della Commissione Ue di impegnare ingenti risorse (2,5 miliardi di euro pari ad un terzo del budget del settore) per le misure di estirpazione. Sarà, quindi, necessario che nella trattativa si cerchino di ottenere garanzie essenziali per la difesa della produzione italiana attraverso un’ampia flessibilità per la gestione degli eventuali plafond nazionali. Questo per impedire che nel nostro Paese siano penalizzate le aree territorialmente più sensibili o particolarmente vocate della viticoltura. In tal senso -ribadisce la Cia- sarà opportuno determinare un equilibrio a livello nazionale tra “estirpazione” e indirizzo della produzione verso il mercato. Per quanto riguarda le distillazioni di crisi, esse -afferma la Cia- dovrebbero rimanere solo quelle contraddistinte come “rete di sicurezza” e confermare la distillazione obbligatoria dei sottoprodotti.
Infine, per la Cia, bisognerà garantire adeguate misure e risorse finanziarie (eventualmente da gestire a livello nazionale) per la ristrutturazione dei vigneti.”

Confagricoltura esprime fortissima preoccupazione per i contenuti della “comunicazione” che la Commissione ha ufficializzato oggi sulle possibili opzioni per la prossima riforma dell’OCM Vino (“Towards a sustainable European Wine Sector”). L’orientamento della Commissione è per una riforma profonda del settore vitivinicolo europeo. Con l’intento di limitare il potenziale produttivo, attraverso un rafforzamento delle misure di estirpazione definitiva e l’eliminazione del sistema dei diritti di impianto, e di giungere ad una generale cancellazione delle misure di mercato, ovvero delle distillazioni volontarie, dei sottoprodotti e di crisi, e degli aiuti al magazzinaggio privato e di quelli ai mosti per l’arricchimento. Le soluzioni individuate da Bruxelles non tengono conto, a parere della Confagricoltura, della particolarità del settore vitivinicolo e della rilevanza economica e sociale che questa coltura riveste nel sistema produttivo comunitario, omologando le misure dell’OCM vino a quelle individuate per altri settori, che hanno sistemi produttivi differenti.
“Il potenziale viticolo europeo – spiega Confagricoltura - deve essere opportunamente gestito. La regolamentazione degli impianti è tuttora essenziale per l’equilibrio del sistema comunitario. La semplificazione preannunciata delle misure relative alle pratiche enologiche, alle indicazioni geografiche ed all’etichettatura non sostiene adeguatamente le politiche di qualità delle nostre produzioni. L’estirpazione definitiva non è uno strumento efficace: è stata già sperimentata in passato senza successo. E la perdita di superficie vitata va meglio valutata nel più ampio contesto internazionale, dove operano Paesi che continuano ad ampliare il loro potenziale.” Per questo Confagricoltura chiede una riflessione approfondita sugli strumenti e soprattutto sulle modalità di applicazione.

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