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L’IDENTITÀ GENETICA NELLA BOTTIGLIA? E’ LA VOLTA DEL VINO

Un nuovo metodo per identificare l’uvaggio. Derivata dalla ricerca sulle piante, la tecnica di fingerprinting, sperimentata dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Siena, mira ad accertare l’identità genetica dei vini. Svelare le “impronte digitali” di un vino, però, è un’operazione complicata

20 maggio 2006 | T N

Un nuovo metodo per scovare l’uvaggio “padre” che ha generato il nettare - ultima evoluzione del test del Dna già applicato con successo a tutto il germoplasma viticolo toscano, custodito in una banca dati completa per ciascuna cultivar -, verrà presentato a Siena domenica 21 maggio 2006 alle ore 10 presso il Dipartimento di Scienze ambientali dell’Università, in occasione della 40esima edizione de “Le Settimane del Vino” di Enoteca Italiana in programma dal 19 maggio al 5 giugno 2006.
Derivata dalla ricerca sulle piante, la tecnica di “fingerprinting” sperimentata dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Siena mira ad accertare l’identità genetica dei vini. “E’ un metodo in corso di perfezionamento, molto promettente”, spiega Rita Vignani, docente del corso di Scienze Biologiche e di un corso interfacoltà di Biotecnologia su piante transgeniche. “I nostri primi test del Dna sulla vite risalgono agli Anni ’90 - dice -, abbiamo cercato di trasporre questo expertise al tema della tracciabilità di prodotti alimentari, in particolare l’obiettivo è una tracciabilità molecolare che permetta di individuare un quid da aggiungere alla qualità dei vini”. E quindi una ulteriore garanzia su provenienza e origine del prodotto.
L’operazione avviene in laboratori di biologia molecolare e consiste nell’estrarre frazioni di Dna dai vini e di identificarne l’uvaggio.
Svelare le “impronte digitali” di un vino, però, è un’operazione complicata. “Dal punto di vista tecnico le difficoltà sono le stesse di quelle incontrate nell’analizzare un residuo fossile di 10mila anni fa, un Dna paleobotanico, quindi fortemente degradato”, precisa Rita Vignani.
Infatti il vino dal punto di vista biochimico si presenta come “una matrice complessa: la possibilità di giungere ad un’identificazione attendibile dipende molto dal tipo di vino e di vinificazione: ci sono Dna dei lieviti, Dna dei batteri della fermentazione malolattica, ecc.”.
In base all’esperienza dei laboratori senesi di Scienze Ambientali la ricerca delle “impronte digitali” di un vino inizia con l’estrazione degli acidi nucleici e richiede una serie di passaggi (centrifuga, sequenziatore di ultima generazione, ecc.), prima di giungere a conclusione. I dati rilevati vengono elaborati in video e poi sul web.
I risultati? Se ne potranno apprezzare importanza e prospettive nel fine settimana del 19-20 maggio a Siena.

Fonte: Tempestini, Freelance, Impress

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