Mondo Enoico

PICCOLE DOC CRESCONO. NOMI MENO CONOSCIUTI AVANZANO

Non hanno il potere evocativo di denominazioni storiche. Mancano di tradizioni di lungo corso. Sono poco note, oltre la cerchia degli addetti ai lavori. Eppure hanno grandi potenzialità e prospettive, se solo utilizzassero strumenti della comunicazione e dati scientifici certi ed inattaccabili

02 luglio 2005 | Alberto Grimelli

La domanda chiave, attorno a cui ruotano intere economie territoriali, è: come possiamo farci notare? Come affascinare e conquistare il consumatore?
Una domanda che poi si traduce in vendite, in fatturato, in benessere.
Anche il settore vitivinicolo che, da qualche anno, sta affrontando una grave crisi, si sta ponendo la domanda e in particolare quelle zone dove, a seguito del boom degli anni 1970 e 1980 sono fiorite delle denominazioni di origine controllata.
Alcune riposte sono giunte dal convegno dell’Associazione Città del Vino, tenutosi a Piombino (LI) qualche giorno fa.
Il “momento di riflessione” che coinvolge tutto il comparto si mostra maggiormente proprio sulle Doc minori, “non nel senso di minore qualità – ha ricordato Ferrini, Coordinatore regionale di Città del Vino – ma di minore diffusione e conoscenza del nome e di ciò che hanno da offrire.”
Dare visibilità e notorietà è possibile, anche se costoso, ma è fondamentale far passare i messaggi giusti. Non è più tempo, hanno concordato tutti i relatori, di poesia fine a sè stessa, di immagini evocative dietro le quali c’è il vuoto, di affermazioni banali e generiche magari fondate sul nulla.
Occorre fornire al consumatore e agli operatori del settore, siano ristoratori o enotecari, risposte certe e precise. Non va trascurata certo la forma ma è la sostanza che deve conquistare.
Ecco allora che il lavoro parte dal campo, o meglio dalle ricerche di zonazione, che secondo Attilio Scienza, sono uno strumento indispensabile sul fronte della qualità. Il manuale d’uso del territorio infatti permette tanto ai viticoltori quanto ai tecnici di compiere scelte consapevoli sia d’impianto sia nelle operazioni colturali annuali. Ma non solo , la zonazione può anche risultare utile ai consumatori evoluti, coloro che vogliono approfondire, che vogliono andare oltre il prodotto finito, che vogliono capire. Ristoratori, enotecari e sommelier potranno apprezzare la mole di informazione offerte dalle ricerche di zonazione che descrivono, negli elementi essenziali, anche le caratteristiche organolettiche di un vino legandole al terreno, microclima e vitigno che le ha generate.
Non ci sia basa più sul nulla ma su dati ed informazioni scientifiche raccolte da personale qualificato e specializzato nel corso di un triennio almeno e validate poi da ulteriori e più approfondite analisi.
Il messaggio è chiaro: non solo qualità del vino ma qualità dell’informazione, che secondo Ernesto Cernili non è sufficiente. “Se è necessario che ogni territorio abbia elementi di riconoscibilità, è anche vero che sono apprezzabili toni distintivi da produttore a produttore, da sottozona a sottozona. Per molto tempo, e ancora oggi, le tecniche di vinificazione sono state preponderanti. Era la mano dell’enologo e non l’influenza del terroir ad emergere. Si trattava di un incredibile paradosso, si creavano le Doc per differenziarsi e poi i vini risultavano simili, quasi uguali. Era la rincorsa all’omologazione. Si cercava di intuire le aspettative del consumatore e di assecondarle in barba al territorio e alle sue caratteristiche. Credo quindi che le piccole Doc possano crescere proprio facendo il contrario, personalizzando, sfruttando le proprie risorse naturali e tipiche.”
Lavoro in campo e in cantina per produrre vini differenti, caratteristici, dove vengano esaltate le specificità del terroir e quindi comunicazione a tappeto ma precisa e chiara, informando delle specificità e basandosi su dati certi e scientifici, romanzando solo un po’. Perchè se il vino è sogno, i soldi sono dannatamente reali.

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