Mondo Enoico

Contro il mal bianco continua la ricerca di fungicidi biologici

Lo zolfo è il principe dei presidi fitosanitari utilizzati ma può dare problemi in vinificazione, così l'agricoltura organica è alla continua ricerca di soluzioni alternative. Dalla Francia alcune proposte

19 marzo 2011 | Graziano Alderighi

Gli sfavorevoli andamenti stagionali di natura climatica dell’annata agraria 2009-2010 hanno reso necessari interventi diversificati di difesa della vite.
In totale sono stati effettuati 2,7 milioni di trattamenti, in media 12,3 trattamenti per ettaro di superficie trattata. Per effettuare tali interventi sono stati utilizzati 19,1 milioni di chilogrammi di prodotti fitosanitari e distribuiti, in media, 26,6 chilogrammi per ettaro di superficie trattata.
E' quanto emerge dai dati diffusi dall’Istat per l’annata agraria 2009-2010, sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari nella coltivazione della vite.

Da questo quadro emerge come la difesa della vite richieda cura ed attenzione e, soprattutto nel biologico, un numero di interventi spesso superiori anche se con prodotti meno tossici.

In questa occasione ci occuperemo dello zolfo che è il presidio sanitario storicamente più utilizzato per combattere l'oidio o mal bianco.
Al contrario dell'agricoltura convenzionale e di quella integrata, per la viticoltura organica, non esistono tuttavia fungicidi sistemici curativi.
Spesso, così, i viticoltori biologici fanno largo uso dello zolfo, senza però considerare sufficientemente le ripercussioni in fase di vinificazione, oltre ai rischi di fitotossicità nei confronti dei giovani tralci, soprattutto in coincidenza delle alte temperature estive.

Lo zolfo elementare, proveniente dai trattamenti contro l’oidio, può portare alla formazione di H2S (idrogeno soloforato o acido solfidrico) nel corso della fermentazione alcolica. Il meccanismo di questa formazione sarebbe principalmente di tipo chimico, ma esiste anche un intervento dei lieviti. L’idrogeno solforato si aggiunge alle altre possibili fonti di formazione di derivati solforati, particolarmente dannosi per il vino (odore di riduzione). La soglia di percezione dell’H2S è molto bassa (0,8 microgrammi/litro): questa soglia può essere raggiunta a partire da una concentrazione di zolfo nel mosto pari a 1 mg/L. L’idrogeno solforato può essere eliminato grazie alla sua volatilità, con arieggiamenti e travasi tempestivi e anche per precipitazione dei solfuri con il rame.

Proprio per i rischi che lo zolfo può comportare in vinificazione è da tempo che si sperimentano soluzioni alternative in viticoltura biologica.

Tra questi vi è l'utilizzo di Ampelomyces quisqualis, un fungo antagonista utilizzabile a partire dalla chiusura del grappolo. L’uso dell’Ampelomyces in post-vendemmia, inoltre, consente una parassitizzazione delle forme svernanti (cleistoteci) dell’oidio.

E' possibile sostituire completamente lo zolfo?
E' la base della ricerca condotta in Francia, dal 2008 al 2010, nell'area di Languedoc-Roussillon. Qui sono stati testati due diversi prodotti, già utilizzati per altre colture:
un prodotto a base di un estratto dell'arancia dolce
sieri lattiero-caseari


L'arancio dolce contiene alte dosi di monoterpene d-limonene, noto per abbattere i contenuti in grassi. Così, agisce sul tenore di materia grassa delle cellule esseri viventi (insetti, funghi), rendendoli più vulnerabili a essiccazione, causa di mortalità. Dato questo meccanismo d'azione, questo prodotto agisce esclusivamente per contatto.
Recenti lavori australiani hanno confermato l'effetto del siero di latte per la lotta contro l'oidio nei vigneti, sebbene non siano ancora state individuate molecole attive e le modalità di azione di questo prodotto. Sembra tuttavia che alcune proteine del latte, come la lattoferrina, abbiano proprietà preventive (inibizione germinazione delle spore) e i complessi lattoperossidasi e alcuni acidi grassi
completano l'efficacia del prodotto, con proprietà curative (distruzione di ife).

I base alle esperienze francesi, questi due prodotti non possono sostituire lo zolfo, in quanto sono in grado di controllare la patologia solo se la pressione patologica è bassa o moderata.
In particolare l'efficacia del siero di latte è modesta in fase di prefioritura, mentre sembra avere maggiore efficacia l'estratto di arancio. Proprio quest'ultimo può utilizzarsi nei primi due trattamenti, poi dovendosi integrare lo zolfo nei successivi per un buon controllo della patologia. E' stato evidenziato che l'aggiunta di estratto d'arancio, 0,6-0,8%, allo zolfo ne aumenta l'efficacia.
Viceversa, per quanto riguarda il siero di latte la sua efficacia è modestissima in fase di prefioritura, necessitandosi interventi con zolfo, ma è possibile poi alternare interventi con siero e con zolfo nelle fasi successive. A causa della scarsa adesività del siero di latte sulle foglie si consiglia di aggiungere un tensioattivo o adesivante, così da migliorare l'efficacia del trattamento.

Tra gli altri prodotti innovativi che presto verranno testati, i ricercatori francesi sonon fiduciosi di ottenere buoni risultati con calcinati di caolino e con l'olio dell'albero del tè, le cui performance in pieno campo vanno tuttavia validate in pieno campo per alcuni anni.

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