L'arca olearia
Da consumatore chiedo indicazioni chiare sulle proprietà salutistiche dell'extra vergine
Nessuno mai mi ha proposto di comprare un olio perchè “fa bene alla salute”. L’olio “fa solo bene” mi viene continuamente ripetuto, ma allora perché non si classificano gli oli in base a quanto fanno bene?
16 maggio 2014 | Pietro Hausmann
Al supermercato davanti allo scaffale dell’olio rimango sempre basito perché mi chiedo su che basi un consumatore dovrebbe scegliere un olio extra vergine di oliva.
In base alla marca? Al prezzo? Alla bottiglia? All’etichetta? Ma uno chef di un ristorante stellato su che basi sceglie l’olio dei suoi piatti? Chiaramente la marca e il prezzo hanno un’influenza decisiva sulla scelta, ma cercando di approfondire il tema ho capito che il più delle volte si propone un olio legato alla terra circostante e quindi alla tradizione del luogo.
Tantissimi quindi sono gli strumenti in base ai quali si può scegliere un tipo di olio, ma nessuno mai mi ha proposto di comprare un olio perchè “fa bene alla salute”. L’olio “fa solo bene” mi viene continuamente ripetuto, ma allora perché non si classificano gli oli in base a quanto fanno bene?
Se vado al supermercato a comprare un olio, il parametro per determinare un olio di qualità è il valore dell'acidità:
sotto quanto previsto dai disciplinari, spesso sotto 0,3, risulta essere un olio Dop, entro lo 0,8 è classificato come olio extra vergine.
Elementare.
Attraverso il dialogo con consumatori, produttori e tecnici ho scoperto che questo parametro, usato attualmente come scala non ha un valore significativo.
Anzitutto può essere controllato mediante interventi chimici, quindi non è di per sé un parametro immodificabile. Nell'extra vergine d'oliva, a meno che non si parli di frodi, questo è impossibile, certo, ma le tecniche e tecnologie hanno permesso di ridurre significativamente il range delle acidità. Il famoso 0,3, tanto pubblicizzato, ormai è facilmente raggiungibile anche da oli commerciali standard o da basso prezzo. L'acidità, quindi, non è un valore per un consumatore mediamente informato.
Per questo avevo pensato ad una scala di valori diversa, che usasse come parametro un valore reale e più facilmente percepibile per il consumatore, simile a quello del vino (grado alcolico).
Questa scala di valori usa come parametro la quantità di biofenoli contenti un olio! Dai miei studi ho capito che un olio contenente una buona quantità di biofenoli fa più bene alla salute di uno che ne contiene di meno e quindi ho pensato ad una scala che classificasse gli oli in tre diverse categorie:
1- un olio con 100 mg/kg o meno è un olio mediocre che, se non fosse per il contenuto di acidi grassi insaturi, sarebbe paragonabile a un normale olio di semi,
2- con 250 mg/kg e oltre un olio è buono e utile alla salute
3- con 600 mg/kg e oltre è un olio da concorso, straordinario che fa benissimo alla salute, riduce l'invecchiamento cellulare e si conserva più a lungo.
Ponendo questa idea all’attenzione degli esperti sono venuto a sapere che i biofenoli si possono aggiungere artificialmente ma questo costerebbe una follia e sarebbe antieconomico.
Basterebbe quindi che il contenuto in biofenoli fosse obbligatoriamente riportato in etichetta di modo da poter permettere al consumatore di scegliere un prodotto piuttosto che un altro, oltre che preservarlo dalle frodi, visto che l'olio di semi non contiene biofenoli e gli oli di oliva rettificati ne contengono una quantità bassissima e quindi tutti gli oli miscelati con oli di semi o oli rettificati avranno una quantità di biofenoli estremamente bassa. Sarebbe un buon discrimine anche tra gli extra vergini d'oliva, differenziando l'olio commerciale, di bassa qualità, da quello eccellente.
Insomma, occorre un parametro leggibile e tipico per l'olio, come il grado alcolico lo è per il vino, per tornare a considerare l’olio un alimento e non solo un condimento.
So che rendere obbligatoria l'indicazione dei biofenoli porterebbe a una serie di problematiche tecniche. I biofenoli si ossidano col tempo e quindi un extra vergine a fine vita avrà certamente un contenuto inferiore rispetto a quando è stato messo in bottiglia. Un ostacolo che però non vedo come insormontabile. Basta che si sappia, e sia chiaramente specificato, che il contenuto indicato si riferisce all'atto dell'imbottigliamento. Troppo semplice?
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Accedi o RegistratiDonato Galeone
17 maggio 2014 ore 10:19Dott.Hausmann,
si dovrebbe scrivere in etichetta (carattere di qualche millimetro in più) che "l'Olio di Oliva è alimento e non solo condimento" da legare almeno al collo della bottiglia.
Ed a seguire, con la indicazione - certificata - delle "quantità di polifenoli e tocoferoli" contenuti in quel "monivarietale" all'atto dell'imbottiglamento, verificabile.
Questi parametri, nel 2006 e nel Lazio, al Concorso Ercole Olivario furono rilevati su circa 18.000 litri di olio stoccati in partita unica monovarietale dall'Agricola Peronti Lucia di Vallecorsa.
Quell'olio extravergine fu classificato "al primo posto per il più alto conenuto di polifenoli e tocoferoli".
Su queste eccellenze, ieri come oggi, prevalsero e contnuano a prevalere tradizionali parametri, pur essenziali, che caratterizzano gli oli extravergini: dai perossidi al range acidità fino ai vari livelli di fruttato, mirati più verso il gusto e non anche per i riflessi salutistici.
A livello informativo e nella cultura divulgativa dell'alimentazione, diciamocelo, siamo scarsi e non appare neppure incoraggiante nei 28 Paesi europei.
Perchè, questi essenzialissimi pararmetri nutrizionali di un olio alimentare di oliva sono, ad oggi, scarsamente approfonditi, riscontrati,
protocollati e, poi, "obbligatoriamente" indicati ai consumatori.
E' auspicabile che sia obbligato in etichetta, almeno, la indicazione che l'olio extravergine di oliva, contenuto in bottiglia è certificato anche con "oltre 250 mg/kg di biofenoli" ed è, quindi, olio buono e utile alla salute".
Così come leggiamo sul pacchetto di sigarette che il fumo non fa bene alla salute.
A conferma, dott. Haausmann, condivido dalla A alla Z el sue proposte.
Donato Galeone
Pier Sante (nino) Olivotto
17 maggio 2014 ore 08:23Caro Pietro concordo totalmente con il tuo articolo. La proposta gia esiste e si chiama AQ ( Alta Qualita). Il problema e' sempre il solito. Chi controlla il mercato dell' olio di quantita non vuole qualita' se questa erode i margini.
Dobbiamo comunque promuovere sul mercato la dimensione salutistica dell olio extra-vergine italiano. Ci sono studi in USA che promuovono olio italiano come il re incontrastato dei nutraceutici (super-food)
Enrico Finotti
17 maggio 2014 ore 13:06Gent. le Dott. Pietro Hausmann
Sono il dott. Enrico Finotti ricercatore presso il CRA-NUT (ex INRAN). Il problema che lei solleva non solo e’ reale, ma e’ anche di vecchia data.
A mio avviso nessuno ha intenzione di risolverlo, perche’ parlando di qualita’ e’ come parlare di filosofia, ognuno puo’ dire la sua, ma alla fine non si viene a capo di nulla.
Il problema e’ gia’ stato risolto dal 2007 non solo per l’olio di oliva ma per molti altri prodotti.
Con il mio gruppo siamo riusciti a “imbrigliare la qualita’”, ma eccetto alcuni ricercatori americani e ora anche alcuni tedeschi, nessuno italiano ci ha mai contattato.
Il nostro indice riesce a dare un unico ed inequivocabile valore al prodotto in esame, prendendo in considerazione tutti i parametri nutrizionali e legislativi, non solo i polifenoli o l’acidita’, ma anche la composizione in acidi grassi, la vit.E, la capacita’ antiossidante idrifila e lipofila e ovviamente l’indice dei perossidi. Volendo se ne possono aggiungere altri.
Non c’e’ bisogno di fare ulteriori analisi basta elaborare i dati delle analisi che comunemente si fanno in base al disciplinare adottato o alla normativa vigente.
Se desidera avere ulteriori dettagli puo’ consultare la bibliografia riportata oppure contattarmi alla mia e-mail; enrico.finotti@entecra.it
Distinti saluti
Dr. Enrico Finotti
Finotti E.; Bersani A.; Bersani E. (2007) Total qualità index for extra virgin olive oil. J. of Food Quality 30, 911-931.
Finotti E., Bersani E., Vivanti V., Friedman M. (2009) Application of a Functional Mathematical Index to the Evaluation of the Nutritional Quality of Potatoes. Global Science Book, Food 3, (Special Issue), pp. 30-36..
E. Finotti, E. Bersani, V. Vivanti, M. Friedman (2010) Application of a Functional Mathematical Index (FMI) to Composition of Potato Glycoalkaloids that Predicts Food Quality and Safety. La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, n.3, pp. 27-38.
E. Finotti, E. Bersani, and M. Friedman (2011) Application of a Functional Mathematical Index for Antibacterial and Anticarcinogenic Effects of Tea Catechins. J. Agric. Food Chem. 2011, 59, 864–869
E. Finotti, E. Bersani, V. Vivanti and M. Friedman (2011) Application of a functional mathematical quality index to asparagine, free sugar and phenolic acid content of 20 commercial potato varieties. Journal of Food Quality, 34, pp.74-79.
Finotti E., Bersani E., Bersani A.M., Vivanti V., Toti E. (2011) Variation of nutritional parameters in the olive oil during the ripening phase. La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, n.11, pp. 33-41.
Finotti E., Bersani A.M., Bersani E., Friedman M. (2011) La formazione dell’acrilamide nelle patate fritte e scelta delle cultivar piu’ idonee mediante indice matematico funzionale. La Rivista di Scienza dell’Alimentazione. Atti del Convegno FOSAN “Il processo di frittura: ricerca e innovazione”. Roma 4-5 Novembre.
Finotti E., Bersani E., Del Prete E., Friedman M. (2012) A functional mathematical index for predicting effects of food processing on eight sweet potato ( Ipomoea batatas) cultivars. J. of Food Composition and Analysis, 27, pp. 81-86.
Finotti E., Bersani A., Bersani E. and Del Prete E. (2013) Functional Mathematical index (FMI): An index generator for “Taming” quality applied to food and processes. In Processed Foods Quality, Safety Characteristics and Health implications. Ed. Chloe M. Gagne and Daniel B. Jones. Nova Publishers, New York, USA, Chapter 5, pp. 107-138.