Energia verde 24/08/2017

In pochi decenni saranno le fonti rinnovabili a dare energia al pianeta

Secondo uno studoi della Stanford University ben 139 paesi, entro il 2050, si potranno definire 100% rinnovabili. Tra questi anche l'Italia che ha le potenzialità per sostenersi solo cone energia solare, idroelettrica e eolica


La Stanford University, nel suo rapporto “Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight (WWS) All-Sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World”, ha indicato che 139 paesi entro il 2050 potrebbero diventare 100% rinnovabili.

Lo studio ha analizzato produzione di energia elettrica, trasporti, riscaldamento/raffreddamento, industria, agricoltura, silvicoltura e pesca in 139 Paesi i cui dati sono pubblicati dall’International energy agency e che emettono collettivamente oltre il 99% di tutta la CO2 del mondo. Ne è venuto fuori che le potenze economiche mondiali che hanno anche una grossa popolazione, come Stati Uniti, Cina e Unione Europea, potranno passare più facilmente al 100% di energia rinnovabile. Invece, i posti dove la transizione sarà più difficile saranno i piccoli Paesi insulari, come la ricca Singapore, dove probabilmente si dovrà puntare quasi esclusivamente sul solare.

Tutti i 139 paesi industrializzati, tra i quali c'è anche l'Italia, hanno le risorse necessarie sul proprio territorio per sostenersi con l'energia idroelettrica, solare o eolica. Soltanto un paio di essi, i più piccoli ma con popolazione molto elevata, potrebbero aver bisogno di importare energia dai paesi vicini, ma gli altri sarebbero perfettamente autosufficienti.

In base alle stime prodotte dai ricercatori, il processo di transizione farebbe perdere 27,7 milioni di posti di lavoro, tuttavia se ne guadagnerebbero ben 52 milioni. Elevato anche il guadagno in termini di vite umane: la riduzione delle emissioni di carbonio, infatti, ogni anno abbatterebbe di 4-7 milioni il numero di morti legati all'inquinamento. Col passaggio all'energia pulita si riuscirebbe inoltre a contenere l'aumento delle temperature al di sotto di 1,5° centigradi rispetto alle medie preindustriali, un traguardo perfino più ambizioso di quello proposto negli Accordi sul clima di Parigi del 2015.

In una presentazione dello studio, Mark Dyson, del Rocky Mountain Institute, scrive: "Questo documento aiuta a far avanzare la discussione all’interno e tra le comunità scientifiche, politiche e degli affari su come immaginare e progettare un’economia decarbonizzata. Il crescente numero di lavori della comunità scientifica sui percorsi globali di transizione energetica low-carbon fornisce una robusta evidenza che una tale transizione può essere realizzata e una comprensione crescente delle specifiche leve che devono essere mosse per farlo".

 

di C. S.