Energia verde

La produzione di biometano e l'autosufficienza energetica per l'Italia

Un impianto a biogas condotto adeguatamente “genera” emissioni climalteranti prevalentemente negative al contrario di quanto accade con il gas naturale. Il nostro Paese potrebbe produrre entro il 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano

03 marzo 2017 | Marcello Ortenzi

Biogas successo italiano, evidenziato dai numeri usciti dalla terza edizione di Biogas Italy (24 febbraio scorsi), l’evento annuale organizzato dal Cib (Consorzio italiano biogas). Più di 1.500 impianti di biogas sono operativi in Italia, dei quali circa 1.200 in ambito agricolo, con una potenza elettrica installata di circa 1.200 MW, equivalente a una produzione di biometano pari a 2,4 miliardi di metri cubi l’anno, ciò significa che il nostro Paese potrebbe produrre entro il 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano (ovvero, più di tutto il gas naturale estratto in Italia nel 2015, pari a 6,9 miliardi di metri cubi di gas), in grado di soddisfare il 12-13% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale. Questa produzione avrebbe effetti positivi anche per il lavoro: la filiera del biogas-biometano ha un’intensità occupazionale pari a 6,7 addetti per MW installato, e ha già favorito la creazione di oltre 12 mila posti di lavoro stabili e specializzati. L’Italia è da tempo uno dei principali produttori di biogas in agricoltura, quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, ma i risultati più interessanti arrivano oggi sotto il profilo qualitativo. Ecofys, società internazionale leader nella consulenza energetica e climatica, in collaborazione con l’Università di Wageningen (Paesi Bassi) e con il CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, ha analizzato il modello e disciplinare di produzione promosso dal Cib, chiamato "Biogasfattobene". Tale modello è basato sull’uso prevalente di sottoprodotti e sui doppi raccolti, per non essere in competizione con le produzioni alimentari e foraggere e consente di produrre di più in modo sostenibile, contribuendo al contempo alla crescita delle energie rinnovabili. Gli esiti dello studio di Ecofys affermano che la produzione di biogas e biometano secondo il Biogasfattobene ha ricadute positive evidenziate non solo dall'aumento delle produzioni alimentari e foraggere ma anche dal miglioramento di livelli di biodiversità, qualità e nutrienti del suolo grazie all’uso del digestato. Infatti il modello italiano si basa sul criterio delle doppie colture: una coltura invernale denominata ‘di copertura’ è aggiunta a quella convenzionale del periodo estivo, senza necessità di irrigazione o fertilizzazione aggiuntiva, grazie alle condizioni di umidità favorevoli.

Oltretutto il biogas e il biometano ottenuto da un processo di upgrading del biogas, prodotti secondo il modello sopraindicato sono carbon negative, come emerge da un’analisi di ciclo di vita (LCA) condotta dal CIB con il supporto del CRPA su un campione di quattro impianti di digestione anaerobica. Lo studio ha fatto emergere che l’elettricità prodotta da biogas fatto bene “genera” emissioni climalteranti prevalentemente negative al contrario di quanto accade con il gas naturale (che in Ue produce 72 g CO2eq per MJ). Verificando l’impiego del biogas nell’autotrasporto si ottiene che il biometano presenta livelli di emissioni paragonabili all’elettrico ovvero 5 gC02eq/Km, il 97%  in meno di un analogo veicolo alimentato a benzina. Nei motori alimentati a metano e biometano sono inoltre praticamente assenti le missioni di PM10 e gli ossidi di azoto sono ridotti del 70%.

I processi che oggi sono operativi in Italia per la produzione di biogas e biometano e le applicazioni controllate e certificate nell'ambito dell'attività agricola non danno più adito alle critiche avvenute nel passato,certe volte strumentali, sugli effetti negativi per l'ambiente e le emissioni. Infatti, tutti gli impianti realizzati negli ultimi anni hanno applicato le migliori tecniche agronomiche e utilizzazione delle biomasse per massimizzare le produzioni e le rese in metano per ettaro, con un uso più razionale ed efficiente delle superfici e dei fattori produttivi, nel rispetto delle prescrizioni del D.lgs 152/2006, parte IV (testo unico ambientale).

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