Energia verde 17/06/2016

Cibo ed energia non sono concorrenti, vivere insieme si può

Agricoltura food e non food sono compatibili. E' iniziato un confronto costruttivo tra Slow Food e Fiper a Pollenzo, per riconoscere le rispettive esigenze e forme di compatibilità a vantaggio degli agricoltori


Le filiere food e no-food sono a volte messe in contrapposizione, ritenendole alternative per l'agricoltura nazionale. Il convegno “Cibo- Energia: facciamo sinergia” recentemente organizzato in aprile a Pollenzo (provincia di Cuneo), presso la sede dell’Università delle scienze gastronomiche (Slow food), organizzato dalla FIPER (Federazione Italiana dei Produttori di Energia da fonti Rinnovabili) e con la presenza di Regione e Ministero Ambiente, ha fatto capire che nella realtà fra i due settori può esserci sinergia.

L’incontro tra i rappresentanti della filiera food e no-food ha rappresentato un momento importante di apertura, conoscenza reciproca e capacità di favorire e migliorare le produzioni di eccellenza agricola,favorendo la diversificazione e utilizzando la filiera energetica, riducendo così anche l’impatto ambientale in termini agricoli. E' stato ricordato che l’Italia è il terzo produttore mondiale di elettricità da biogas agricolo (dato GSE) e il secondo in Europa, dopo la Germania, con 1500 impianti distribuiti soprattutto nel centro-nord Italia. Dal dibattito è emerso che è possibile produrre energia da biogas agricolo e abbattere l'emissioni di carbonio senza ridurre la produzione di alimenti, se si usano le tecnologie adeguate e si concorda la realizzazione dell'impianto con gli agricoltori e i cittadini dei territori. Lo testimoniano, ad esempio, i dati piemontesi, in cui i 130 impianti a biogas agricolo (80MWe installati) impiegano superficie agricola corrispondente al 40% di quella definita per il set aside obbligatorio. In termini ambientali, si risparmiano 27.000 t/anno di concimi azotati di sintesi e circa 234.000 t/anno di CO2 e si incentiva l’incremento dell’efficienza delle rotazioni agricole per una valida coesistenza food/non food”. L'utilizzo dei concimi azotati di sintesi e dei carburanti fossili in agricoltura sono proprio gli elementi da controllare per evitare inquinamento dei terreni e delle acque, come testimoniato dalle indagini degli enti di ricerca nazionali e internazionali. Inoltre, un terzo delle emissioni globali di gas serra proviene dall’agricoltura, come testimoniato da un'indagine pubblicata dopo COP21 dalla rivista Global Change Biology, condotto dal CGIAR Research Program on Climate Change.

Un altro tema di scottante attualità, dibattuto anche a livello europeo, è l’impiego del digestato in agricoltura e il suo impatto in termini ambientali. FIPER, a seguito dei risultati del progetto di ricerca realizzato dall’Università Agraria di Milano co-finanziato da Regione Lombardia, ha avviato presso il Ministero delle Politiche Agricole la richiesta per il riconoscimento di Concime organico NP derivante dall’impiego del separato solido del digestato essiccato,risultante dal processo del biogas, miscelato a ceneri pesanti di combustione di biomasse legnose vergini da inserire quale fertilizzante organico. Le imprese agricole potrebbero così abbattere i costi di produzione, riducendo l’impiego di fertilizzanti chimici e aumentando la loro competitività nelle produzioni agricole tradizionali. Dato l’alto valore di nutrienti rinnovabili presenti nel fertilizzante, il suo impiego è particolarmente indicato per colture di pregio di tipo orticolo e frutticolo. Oggi poi è possibile produrre anche Biometano, che potrebbe rappresentare un biocombustibile nazionale prezioso per evitare l'importazione dei combustibili fossili.

In termini ambientali, il Biometano rappresenta l’evoluzione naturale degli impianti a biogas a fine periodo di incentivazione (15 anni), soprattutto nel settore dei trasporti dove l’Italia risulta ancora carente rispetto agli obiettivi 20-20-20. Secondo la FIPER, per ogni impianto con potenza elettrica installata di 999 kW elettrici, la produzione di biometano stimata è di circa 2 milioni di Sm3 (standard metro cubo) e il valore dell’investimento richiesto per il processo di purificazione del biometano è nell’ordine di 800 mila - 1,1 milione di euro per impianto. Infatti, si vanno completando le misure amministrative per rendere il settore completamente sviluppabile, come la recente apertura di inchiesta pubblica da parte del Comitato italiano gas, l’ente federato all’Uni che si occupa delle norme tecniche relative al gas, al fine di stabilire le indicazioni tecniche per l’immissione nelle reti di trasporto e distribuzione del Biometano ottenuto dalla purificazione di gas prodotti da fonti rinnovabili, garantendo le condizioni di sicurezza e continuità del servizio.

di Marcello Ortenzi

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