Energia verde 29/08/2014

Finalmente varato il primo piano nazionale per le bioenergie

Il 5 agosto la Conferenza Stato Regioni ha approvato il piano di settore delle energie rinnovabili, documento preparato in due anni dal Ministero delle politiche agricole, altri ministeri, operatori del settore e sindacati


Mentre cresce in Italia e in Europa la necessità di produrre bioenergia, emerge sempre più forte la necessità di accompagnare questo processo in atto, in modo da evitare il rischio di possibili distorsioni che potrebbero influire negativamente su un comparto vitale e dalle grandi potenzialità, anche nella prospettiva della salvaguardia del territorio e della "decarbonizzazione" dell'economia.

Dopo una lunga elaborazione il primo piano di settore per le Bioenergie è diventato ufficialmente il riferimento nazionale per questa componente delle energie rinnovabili. "Questo piano - ha detto il sottosegretario alle politiche agricole Giuseppe Castiglione - rappresenta la volontà di guardare al futuro delle fonti rinnovabili e al ruolo che l'agricoltura deve giocare in tale settore innovativo. Il piano di settore, ampiamente condiviso con le regioni e' importante considerata l'urgenza da parte delle regioni stesse di inserire le azioni e gli obiettivi previsti nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale 2014-2020".

Il Tavolo di filiera delle bioenergie presso il Mipaaf aveva individuato una decina di temi specifici su cui si è ritenuto di dover stimolare il Governo per una decisa e tempestiva presa di posizione rispetto alla centralità del settore primario in tema di rinnovabili, efficienza energetica e chimica verde. La prima consiste nel "Favorire una corretta valorizzazione della risorsa biomassa". Questo può avvenire, non solo attraverso il ricorso a colture dedicate d'integrazione, ma anche agevolando quanto più possibile l'impiego di residui e sottoprodotti di origine agroforestale e agroindustriale ampiamente disponibili sul territorio nazionale. Purtroppo ancora oggi sussistono difficoltà interpretative della normativa vigente che non consente di tracciare, in modo definitivo, una netta linea di demarcazione tra sottoprodotti e rifiuti. Uno degli impegni più pressanti chiesti alle istituzioni è proprio di giungere rapidamente all'emanazione di norme chiare e armoniche a livello nazionale e locale. Da mesi è in analisi, presso il Ministero dell'Ambiente, un decreto sulla valorizzazione energetica dei sottoprodotti che favorirebbe tante imprese agricole oggi impossibilitate a realizzare investimenti in questa direzione. Inoltre, un importante segnale d'interesse verso l'impiego delle biomasse su scala industriale con attenzione alle questioni ambientali è stato dato dalla recente emanazione del decreto per lo sviluppo delle bioraffinerie, per opera dei Ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente. Tale decreto, pur affrontando per la prima volta i criteri di sostegno al settore, si concentra in modo particolare sulla produzione di biocarburanti di nuova generazione, trascurando però alcuni bioprodotti d'importanza rilevante come le bioplastiche, i biolubrificanti, i coloranti naturali, le fibre vegetali, i detergenti biologici, i biocosmetici, i fitofarmaci, ecc. La seconda area d'intervento evidenziata nel Piano è quella finalizzata a "Supportare con risorse economiche gli agricoltori per gli investimenti necessari nel settore delle Bioenergie, Chimica Verde ed Efficienza Energetica". In tale sfera, si chiede la creazione di un fondo di garanzia, supportato dalla Cassa Depositi e Prestiti, vista l'attuale difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese agricole interessate a realizzare investimenti. Altri aiuti verranno dal nuovo Programma di Sviluppo Rurale finanziando in particolare le azioni volte a sviluppare filiere produttive in ambito forestale e in aree marginali. Questo anche in considerazione del fatto che, entro l'anno, gli Stati Membri dovranno definire le pratiche equivalenti per rispettare la "clausola verde" della PAC che scatta nel 2015. A fianco delle tre pratiche agricole principali che caratterizzano il greening (diversificazione delle colture, mantenimento di prati e pascoli e creazione di aree ecologiche) il Regolamento prevede la possibilità per ciascun Paese di individuare delle pratiche a esso equivalenti in termini di benefici ambientali, queste potrebbero inquadrare particolari forme di attività agricole coordinate con la produzione energetica. Merita inoltre una seria riflessione, la questione del sistema d'incentivi attuali per la bioenergia in vista dell'approssimarsi della loro scadenza nel 2015. Al momento le maggiore criticità che devono essere superate riguardano,in sintesi, il limitato numero di impianti che possono accedere agli incentivi (fino ad un massimo complessivo di 160 MW/anno) e la breve durata del periodo dei meccanismi di riferimento (attualmente triennale). Un orizzonte così limitato, sia nel contingente, sia nel tempo (dopo il 2015 c'è completa incertezza), comporta l'impossibilità di pianificare un futuro per gli investimenti degli agricoltori nella produzione di energia elettrica da biomasse. Sarebbe dunque necessario fissare, in accordo con il MiSE, una maggiore capienza del contingente di potenza installabile annualmente (per esempio fino a 500 MW) e per un arco temporale di più ampio respiro (minimo quinquennale). L'ultimo aspetto chiave da considerare è quello relativo alla "Armonizzazione del sistema normativo". La difformità di normativa in materia di autorizzazione all'esercizio d'impianti nel settore agroenergetico tra le diverse regioni determina, infatti, un'oggettiva disparità di trattamento e un disorientamento tra gli operatori agricoli ma anche tra i cittadini. In talune regioni prevale un approccio rigido che costituisce una barriera per l'evoluzione e la crescita sostenibile del settore stesso. Il Mipaaf potrebbe impegnarsi nei confronti della Conferenza Unificata delle Regioni affinché si adottino criteri comuni nelle norme di riferimento per le procedure autorizzative.

Il Piano ha tracciato anche una serie di obiettivi prettamente agricoli, diretti a promuovere la ricerca di specie con destinazioni non alimentare capaci di elevate rese produttive e bassi costi, un obiettivo che può essere perseguito operando in più direzioni contemporaneamente.

In particolare, si ritiene necessario:
- migliorare il materiale vegetale utilizzabile come colture da biomassa, introducendo nuove specie o varietà ad elevata produttività;
- riprogrammare i cicli produttivi, ampliando le rotazioni in modo da includere colture da biomassa e eventualmente colture di secondo raccolto che contribuiscono a mantenere la copertura del suolo per tutto l’anno;
- semplificare la tecnica colturale, al fine di ridurre sia i costi sia l’impatto negativo sugli ecosistemi;
- migliorare la gestione delle risorse, privilegiando un ciclo della sostanza organica capace di assicurare la sostenibilità dell’intero processo produttivo;
- promuovere il recupero dei suoli marginali, utilizzando specie e tecniche colturali in grado di migliorarne la qualità e la produttività, incrementandone la fertilità e il contenuto di sostanza organica;
- localizzare con precisione le superfici coltivabili non più utilizzate, potenzialmente interessanti per l’introduzione di colture dedicate erbacee o arboree;
- analizzare il ciclo di vita delle diverse filiere nelle varie condizioni territoriali italiane e nelle principali tipologie di usi finali per determinare gli ambiti ottimali di sviluppo;
- promuovere la multifunzionalità del bosco anche attraverso la produzione per il mercato termico di biocombustibili solidi di qualità certificata come pellet, cippato, ecc.;
- attivare una campagna di informazione e formazione presso le amministrazioni locali, le imprese agricole e, più in generale, la popolazione nel suo complesso, con cui divulgare le opportunità di sviluppo delle filiere delle bioenergie, mitigare e prevenire i conflitti locali dovuti alla non conoscenza delle tecnologie usate.

di Marcello Ortenzi

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