Energia verde 14/11/2013

Meno incentivi alle energie rinnovabili nel futuro dell'Unione europea

Nelle nuove linee guida comunitarie due le direttrici lungo le quali vuole muoversi Bruxelles: riduzione degli incentivi al minimo indispensabile e calo dei costi tecnologici. L'Italia si adegua velocemente e col decreto Fare2 vuole ridurre i prezzi minimi garantiti di cui godono soprattutto impianti fotovoltaici e idroelettrici. La Commissione Ue però avverte: no a interventi retroattivi


L'Unione europea entra a gamba tesa sulle rinnovabili pubblicando, il 5 novembre scorso, le linee guida che pur essendo non legalmente vincolanti per gli stati membri diventeranno i cardini lungo i quali si muoverà Bruxelles.
Non è, tra l'altro neanche detto, che quanto contenuto nelle linee guida possa trasformarsi molto presto in azioni concrete, come sa la Spagna, che rischia una procedura di infrazione per aver tagliato gli incentivi in maniera retroattiva. Nel documento, la Ue sottolinea anche che eventuali modifiche ad un piano di incentivi non possono avere valore retroattivo, come invece è accaduto alcuni mesi fa proprio in Spagna, quando il Governo ha rivisto al ribasso le tariffe corrisposte ai produttori di energie rinnovabili, applicando il decreto agli impianti installati tra il 2009 e il 2011.
La scelta di prevedere degli incentivi a sostegno delle rinnovabili è di pertinenza esclusiva degli stati membri, ricorda la Commissione che tuttavia, con queste linee guida, la Ue anticipa la propria posizione su ciò che sarà ritenuto accettabile e su quanto, invece, sarà considerato non accettabile nel campo delle politiche energetiche europee. Gli interventi pubblici nel mercato nell'energia, per la Commissione, devono servire a conseguire gli obiettivi che ogni Stato membro si è dato, ma senza eccessivi effetti distorsivi del mercato.
Due le direttrici principali del documento: limitare gli incentivi alle rinnovabili al minimo indispensabile per renderle competitive e farli calare in parallelo al calo dei costi delle tecnologie.
Nello specifico la Commissione auspicherebbe la sostituzione delle tariffe feed-in, basate su un prezzo fisso dell'energia stabilito dallo Stato, con dei feed-in premium, in cui il prezzo dell'energia dipende sia dalle oscillazioni del mercato che da un premio fissato per decreto, e promuovono il ricorso a delle aste di energia che consentano di individuare, di volta in volta, l'azienda in grado di offrire le tariffe più convenienti.
L'Ue affronta, poi, una delle maggiori problematiche della gestione dell'energia rinnovabile, il fatto che debba essere garantita sempre, anche quando il sole non batte o il vento non soffia. Una questione importante e che costringe gli stati membri a un confronto serrato sul cosiddetto “capacity payment”, ovvero il meccanismo di remunerazione della capacità. Anche su questo aspetto interviene la Commissione, che elenca alcune linee guida su come sfruttare il potenziale offerto dal mercato:
- prima di prendere qualsiasi decisione inerente i meccanismi di remunerazione della capacità, i governi dovrebbero in primo luogo analizzare le cause per la generazione inadeguata.
- in secondo luogo dovrebbero capire se il malfunzionamento dipenda da alcuni elementi come prezzi regolamentati o alti sussidi per l'energia rinnovabile, e porvi rimedio
- i governi dovrebbero anche garantire ai produttori di energia elettrica rinnovabile di poter reagire ai segnali del mercato e di promuovere la flessibilità dal lato della domanda, ad esempio attraverso la promozione di tariffe diverse per i consumatori e di incentivi per l'utilizzodell'elettricità in momenti diversi dalle ore di punta.
- qualsiasi meccanismo di capacity payment deve essere pensato per rispondere non solo alle esigenze nazionali ma europee

Nel mentre l'Ue emanava queste linee guida, l'Italia pensa di rivedere in maniera sostanziale le tariffe per gli impianti rinnovabili al di sotto del megawatt di potenza.
Nel decreto Fare2, infatti, si stabilisce, per tutti gli impianti incentivati, l'abolizione dei prezzi minimi garantiti, che il GSE riserva, per i primi 2 milioni di kWh di produzione, agli impianti a rinnovabili di potenza inferiore al MW che usufruiscono del regime del ritiro dedicato.
Se un impianto fotovoltaico incentivato finora aveva la garanzia di vedersi remunerare l'energia dal GSE non meno di 80 euro/MWh, adesso si vedrà pagare la produzione in base al prezzo zonale orario. Da questa misura il ministero dello sviluppo economico si aspetta una riduzione degli oneri in bolletta di circa 170 milioni di euro l'anno.
Ma non si tratta della sola tegola che può cascare sui possessori di impianti rinnovabili. L'Autorità per l'energia ha chiesto, in un documento, di rivedere i prezzi minimi garantiti, anche per gli impianti non incentivati, in modo da coprire i costi effettivi legati all'esercizio, eliminando il livello di base previsto finora, 80,6 euro/MWh nel 2013. Il prezzo minimo garantito scenderebbe così da 80,6 a 37,8 euro/MWh per il FV, e a 43,2 euro/MWh per l'idroelettrico, mentre per le biomasse si passerebbe da 119 a 89,6 euro/MWh. Ai produttori viene comunque garantito, se maggiore del prezzo minimo, il prezzo zonale di Borsa.

Se la proposta Aeeg e la modifica contenuta nella bozza del Fare 2 si concretizzassero entrambe gli impianti incentivati non potrebbero più contare su nessun prezzo minimo garantito. A
godere dei prezzi minimi garantiti sono soprattutto impianti fotovoltaici (8,8 GWh di energia che pesano 52,6 milioni di euro sull'A3) e idroelettrici (circa 1,4 GWh, 36,6 milioni di euro in bolletta).

di R. T.

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