Bio e Natura

IN COLLINA E IN MONTAGNA SERVE INTRODURRE UN NUOVO MODELLO D’AGRICOLTURA: A COMPARTECIPAZIONE STATALE

Una proposta fuori dai consueti schemi quella dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali. “Fare agricoltura in collina e montagna sarà sempre un’attività in perdita – afferma Mercurio – lo Stato dovrebbe garantire un’integrazione al reddito che permetta alle famiglie che gestiscono queste aziende di vivere decorosamente”

22 settembre 2007 | A F

Il comparto agricolo è uno solo ma esistono diverse agricolture, che svolgono ruoli e funzioni diversi.
“Come a livello gestionale e tecnico-agronomico non è possibile un confronto diretto tra un’impresa di pianura e una di collina – afferma il Presidente Pantaleo Mercurio, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali – così, per realtà tanto diverse, non è possibile adottare identiche politiche e stesse tipologie di intervento. Le finalità di queste due tipologie di aziende sono infatti profondamente diverse, l’una votata prevalentemente alla produzione e al mercato, l’altra alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia del territorio.”
I Dottori Agronomi e Dottori Forestali sottolineano infatti che i costi di produzione dell’agricoltura marginale (collina e montagna) non consentiranno mai alle aziende site in tali zone disagiate di competere sui mercati nazionali e internazionali.
“E’ ora di prendere atto – sottolinea Mercurio – che la qualificazione e la formazione degli imprenditori, il marketing e la promozione e in generale tutti gli interventi di sostegno all’agricoltura finora sperimentati sono validi, se ben utilizzati, per le aziende che possono così raggiungere alti livelli di competitività, non certo per l’agricoltura marginale, i cui costi di produzione sono spesso difficilmente comprimibili. Il risultato è l’abbandono delle aree più difficili, quelle di collina e di montagna, laddove la presenza dell’uomo e la “manutenzione” del territorio sono più necessarie.”
I Dottori Agronomi e Dottori Forestali chiedono quindi che si faccia chiarezza, distinguendo tra misure di integrazione del reddito volte a finalità ambientali e provvedimenti mirati a migliorare la competitività d’impresa nelle aree più vocate e produttive.
“Fare agricoltura in collina e montagna sarà sempre un’attività in perdita – conclude Mercurio – perché il premio di prezzo che si dovrebbe pagare alle derrate alimentari che vi si producono è sproporzionato rispetto alle quotazioni di mercato, con l’ovvia conseguenza che queste aziende oggi hanno enormi difficoltà nella commercializzazione, anche se sostenute da imponenti operazioni di marketing finanziate dallo Stato o dalla Ue. Occorre pertanto rovesciare il paradigma, prendere atto che l’agricoltura marginale non sarà mai, in sé e per sé, remunerativa ma che svolge un insostituibile ruolo sociale e culturale. La tutela della biodoversità e delle tradizioni rurali, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio, il contrasto ai cambiamenti climatici, la difesa da dissesti idrogeologici sono tutti compiti che possono essere assegnati a questi agricoltori, imprenditori “sociali”. E’ ovvio, però, che con le loro sole forze, gravati di questi compiti, non riuscirebbero a sopravvivere, ecco perché la politica agraria dovrebbe intervenire in maniera strutturale e continuativa, lo Stato dovrebbe entrare in compartecipazione in queste imprese, garantendo un’integrazione al reddito che permetta alle famiglie che gestiscono queste aziende di vivere decorosamente, restando sul territorio e preservandolo dal degrado e dall’abbandono.”

Fonte: Conaf